La robotica è un settore in cui innovazione e complessità si intrecciano continuamente, dando vita a soluzioni che solo pochi anni fa sembravano pura fantascienza. Boston Dynamics è da molto tempo sinonimo di avanguardia in questo campo, grazie allo sviluppo di robot capaci di muoversi, interagire e adattarsi al mondo esterno in modi sempre più sofisticati. Ma quali sono le sfide dietro la creazione di robot come Spot, Atlas e Stretch? E come si garantisce la sicurezza in un mondo in cui l’intelligenza artificiale viene integrata nei robot? Per scoprirne di più abbiamo invitato Federico Vicentini, Head of Product Safety di Boston Dynamics.
Nella sezione delle notizie parliamo dei migliori prodotti del CES 2025, che si è tenuto negli scorsi giorni a Las Vegas e infine di Meta che rinuncia al programma di fact-checking sulla sua piattaforma.
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Boston Dynamics porta la mobilità su gambe ad un altro livello.
Il fondatore la chiama "Intelligenza Atletica".
La capacità di destreggiarsi in ambienti poco o per niente regolari apre quindi una miriade di possibilità.
Si può andare dove non è consentito andare, per esempio con robot mobili su ruote.
Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host Davide Fasoli.
Oggi parleremo con Boston Dynamics di robot umanoidi, o meglio di robot bipedi e quadrupedi, con l'obiettivo di capire quanto è complesso realizzare robot così articolati, ma al tempo stesso come questa complessità offre una straordinaria adattabilità in ambienti non progettati per i robot.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina su Spotify, Apple Podcasts, YouTube Music, oppure direttamente sul nostro sito.
Durante questa settimana si è tenuta a Las Vegas l'edizione 2025 del CES, uno degli eventi principali per quanto riguarda l'elettronica di consumo e che, come ogni anno, ha rappresentato una fotografia su ciò che le aziende e le start-up hanno in serbo per i prossimi mesi.
Una delle presentazioni più attese è stata sicuramente quella di NVIDIA, con le nuove GPU RTX Serie 50, caratterizzate per un livello di prestazioni pressoché doppio rispetto alla precedente generazione, ma con un'attenzione maggiore ai consumi e, chiaramente, con una presenza più importante di funzionalità legate all'intelligenza artificiale.
Rimanendo in tema di chip, Qualcomm ha presentato il processore Snapdragon X, con l'obiettivo di portare l'architettura ARM, al momento utilizzata principalmente da smartphone e dai nuovi Mac, su PC Windows.
Sempre al lato PC, tra i prodotti più interessanti, spicca il Lenovo ThinkBook in una versione con schermo arrotolabile, in grado di estendersi e passare da 14 a 16,7 pollici.
Lato gaming, invece, oltre a sedie e più potenti PC, Nintendo ha svelato un modello stampato in 3D della prossima Switch 2, attesa per aprile.
Per quanto riguarda le auto, i concept più interessanti vengono da Aptera, che ha realizzato un'auto elettrica alimentata a pannelli fotovoltaici, e da Donut Lab, che ha realizzato un motore elettrico integrato all'interno dei cerchi dell'auto.
Si passa poi al mondo degli indossabili, con diversi occhiali e anelli smart, e "Omi", un piccolo accessorio da mettere sulla tempia, che fa da assistente virtuale, ovviamente anche questo basato su IA.
I dati biometrici raccolti poi potranno essere visualizzati sullo specchio Withings Omnia, la cui uscita è prevista per il 2026.
Presenti anche nuovi modelli di TV, sia LG che Samsung, con interessanti concept di utilizzo degli schermi trasparenti presentati lo scorso anno, utili in ambienti di design o nei musei.
Non mancano poi tecnologie destinate a persone con disabilità, segno che le aziende sono sempre più sensibili a queste tematiche, come il WeWalk Smart Cane 2, un bastone che sfrutta l'IA per riconoscere oggetti e pericoli.
Infine, tra le tantissime altre novità e prodotti, tra i vari robot presentati spicca "RoboTurtle", una tartaruga robotica in grado di muoversi sia in acqua che su terraferma.
Progettata sia per l'esplorazione marina che per scopi di ricerca, di monitoraggio ambientale o per supportare gli interventi nel caso di situazioni emergenziali.
Il fondatore di Meta, Mark Zuckerberg, ha annunciato tramite un video di 5 minuti sui suoi profili social che il programma interno di fact-checking per la verifica dei contenuti pubblicati sulle piattaforme volgerà al termine nelle prossime settimane.
Questo cambio di strategia è sinonimo del cambiamento delle priorità aziendali di Meta in vista dell'entrata in carica del nuovo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, particolarmente favorevole a una completa libertà di espressione sui social network.
Il nuovo approccio di Meta seguirà dunque quello già intrapreso da X, ovvero lasciare uno spazio dedicato sotto ad ogni post in modo tale che gli utenti possano comunque rettificarlo attraverso delle note ben visibili.
Secondo Zuckerberg, la sospensione del programma di fact-checking deriva anche dall'eccessivo numero di errori e censure commessi nell'ultimo periodo, causate da bias e pregiudizi politici.
Sta di fatto che la decisione è arrivata qualche giorno prima dell'insediamento alla Casa Bianca del nuovo Presidente, che fino a qualche mese fa, proprio per la presenza di questi strumenti di moderazione, aveva definito i social network, compresi Instagram e Facebook, un nemico pubblico e dei censuratori delle voci conservatrici.
La robotica è un settore in cui innovazione e complessità si intrecciano continuamente, dando vita a soluzioni che solo pochi anni fa sembravano pura fantascienza. Boston Dynamics è da molto tempo sinonimo di avanguardia in questo campo, grazie allo sviluppo di robot capaci di muoversi, interagire e adattarsi al mondo esterno in modi sempre più sofisticati.
Ma quali sono le sfide dietro la creazione di robot come Spot, Atlas e Stretch? E come si garantisce la sicurezza in un mondo in cui l'intelligenza artificiale viene integrata nei robot? Per scoprirne di più è con noi Federico Vicentini, Head of Product Safety di Boston Dynamics. Benvenuto Federico.
Buongiorno a tutti e grazie dell'invito.
Per iniziare, ci racconti brevemente la storia di Boston Dynamics e come vi posizionate oggi nel panorama della robotica?
Boston Dynamics viene fondata nel '92 come spin-off dell'MIT da Marc Raibert.
Marc Raibert è uno dei maggiori robotici della sua generazione.
Diventa poi una delle società di robotica più famose del mondo.
Nei dipartimenti di ingegneria e robotica tutti conoscono Boston Dynamics e i suoi robot con le gambe, specialmente grazie al suo robot più riconoscibile, Atlas, che per anni è una internet superstar.
Ogni video diventa più virale del precedente.
Molte persone tra l'altro pensano che i nostri video siano CGI, ma vi assicuro che i robot sono molto reali e girare per i laboratori è sempre straordinariamente interessante.
Vi invito a vedere i video dei "Dietro le Quinte", che tipicamente pubblichiamo, dove si vede tutto quello che serve per ottenere quegli straordinari risultati, inclusi i fallimenti, che sono sempre alla base del progresso e della conoscenza.
Boston Dynamics porta la mobilità su gambe ad un altro livello fondamentalmente.
Il fondatore la chiama "Intelligenza Atletica", come molti altri.
La capacità di destreggiarsi in ambienti poco o per niente regolari apre quindi una miriade di possibilità.
Si può andare dove non è consentito andare, per esempio, con robot mobili su ruote.
Oggi Boston Dynamics rimane leader e punto di riferimento globale per i robot mobili su gambe, con la maggiore presenza commerciale per questo tipo di macchine.
È un fattore molto importante ed è sicuramente leader globale.
Molto interessante, hai citato anche i video che avete pubblicato negli anni e la loro viralità, il grande successo che hanno avuto, che di fatto ha permesso anche magari a coloro che erano meno appassionati di tecnologia, che quindi potrebbero non conoscere direttamente Boston Dynamics, di essersi imbattuti ecco in questi video caricati ad esempio su YouTube.
E a proposito di questo, oggi forse siamo un po' più abituati a vedere robot compiere attività, però anche solo qualche anno fa, citando appunto il caso di Atlas, era veramente incredibile vedere un robot di quelle dimensioni compiere delle attività con una facilità come ad esempio correre, saltare, lanciare oggetti, ballare.
E quindi ci racconti ad oggi quali sono i principali robot che sviluppate e sono tutti robot con delle gambe oppure ci sono anche robot di altre tipologie?
No, non abbiamo solo robot con le gambe e il risultato dei robot che sono prodotti e commercializzati ad oggi sono il risultato di tutta quell'attività di cui i video sono testimonianza, come dietro le quinte.
Oggi ne facciamo, se volete, molti meno perché siamo concentrati a farli lavorare di più, diventati un po' più seriosi.
Nel 2020 Boston Dynamics comincia infatti ad offrire il suo primo robot per la vendita per l'appunto "Spot" che è il quadrupede, che è una robot a quattro gambe - molto agile - che risolve molte delle sfide di mobilità in ambienti complicati. Stiamo parlando di tubi, scale, scalette, strettoie, buche, rottami e non da ultimi anche posti pieni di radiazioni contaminanti.
Parlando sempre di mobilità poi nel 2022 parte anche la commercializzazione di "Stretch" che è specificamente dedicato alla logistica. In questo caso non ha le gambe ma ha una base mobile su ruote.
È un manipolatore mobile e significa che ha un braccio - che è molto potente tra l'altro - montato su una base mobile in ogni direzione. Il controllo è coordinato e questo consente di spostare oggetti abbastanza pesanti in ambienti ristretti.
L'applicazione principale è lo scarico automatico di scatole dai rimorchi, immettendole nei sistemi di trasporto dei magazzini.
In questo caso abbiamo superfici piane in cui l'utilizzo di ruote permette di muoversi in ogni direzione.
Grandi operatori della logistica e grandi marchi di abbigliamento, calzature, retail, spostano volumi impressionanti di merce ogni anno, ogni giorno e utilizzano questi nostri robot.
Lavorare tutto il giorno dentro un rimorchio profondo 12 metri a 40-50 gradi non è gradevole per nessuno. Il robot è dedicato a questo per l'appunto.
E poi c'è "Atlas", la star più storica, che è proposto e comincerà ad essere anch'esso commercializzato nel futuro come parte di lavorazione in assemblaggi o nell'industria dell'auto.
Che poi immagino questi robot abbiano subito diverse evoluzioni nel tempo ci siano state diverse generazioni se penso appunto al caso di Atlas che grazie al progresso tecnologico, l'innovazione, le ricerche che avete condotto ha fatto sì che l'attuale generazione di Atlas sia estremamente più compatta soprattutto
grazie alla miniaturizzazione tecnologica.
Atlas ha avuto una storia, una variazione nelle sue dimensioni, partendo storicamente da un fattore di forma di una persona umana abbastanza alta, fino a ridursi un po' in altezza.
Ad oggi - la nuova versione elettrica - è abbastanza alta, è circa un metro e ottanta, molto potente e diventa un robot comparabile con persone umane.
Quello che caratterizza Atlas in questo caso è la densità di potenza che ha nel suo fattore di forma, che non è comune in nessun altro robot umanoide e che è la proprietà principale per essere così esplosivo, così efficace e così atletico se vogliamo.
Certo, e in tutto questo quindi l'obiettivo, come dicevi, è quello di creare dei robot che sono in grado di entrare e di compiere azioni o attività di controllo in contesti che normalmente sono accessibili all'uomo ma che potrebbero non esserlo ad un robot con delle ruote, giusto?
Ci sono entrambi gli aspetti, infatti.
Da una parte ambienti disegnati per gli umani in cui non necessariamente si prepara il pavimento, il layout o quello che si mette nell'ambiente per la presenza di robot e quindi bisogna condividere in qualche modo lo spazio che gli umani normalmente occupano.
Allo stesso tempo ci sono anche ambienti dove gli umani sono costretti ad andare ma che non sono veramente gradevoli oppure sono veramente pericolosi.
Ed ecco che a quel punto un robot con le gambe, capace di superare ostacoli, terreni non favorevoli, accidentati o intrinsecamente pericolosi, diventa molto adeguato.
Sto pensando a delle condizioni industriali in cui inciampare, strettoie, sono molto comuni e gli operatori umani volentieri non agiscono in quegli ambienti ma operano da remoto.
Perfetto e ci fai quindi degli esempi più specifici su Spot, che in questo senso è veramente molto particolare molto originale come forma e ha questa caratteristica di avere delle gambe, anzi delle delle zampe 4 visto che è un quadrupede, con una forma che richiama quella di un cane ecco e che gli
permette di fare tutta una serie di attività appunto come dicevi pericolose che per un robot normale con le ruote non sarebbero possibili.
Ci racconti quindi quali sono dei tipici utilizzi che già effettuate con questo robot, dato che è in vendita e venduto e commercializzato. Ci sono delle società che lo utilizzano per fare attività diverse non solo società ma anche penso a istituzioni pubbliche.
Spot porta in giro dei sensori per acquisire informazioni visive, termiche, acustiche e migliorare quindi l'azione preventiva.
Per l'appunto, li porta in luoghi non facilmente accessibili.
Per esempio, negli impianti di Anheuser-Busch, che è un leader mondiale nel beverage, Spot oggi rileva più di 1300 punti di ispezione su 23 chilometri di terreno in un birrificio.
Significa determinare un giro di missione molto lungo, in punti dove non facilmente si va a leggere una valvola, un sensore, un elemento di identificazione.
Questo lo fa molto facilmente il robot.
Quindi da una parte è molto facile capire l'efficacia della manutenzione preventiva.
Il punto per un robot come Spot è accedere a quella parte degli impianti non adatti alle persone.
Un altro esempio di questo è in alcune installazioni di Chevron, che è un gigante nel settore petrolchimico, Spot entra nelle sottostazioni elettriche ad alto voltaggio, dove gli umani possono entrare con attrezzature e procedure molto costose, sottoponendosi a degli elevati pericoli.
Il robot non è sottoposto agli stessi pericoli dell'operatore umano. Oppure ci sono degli operatori nell'ambito energetico, il principale operatore nell'Ontario, in Canada, qui vicino, usa Spot per ispezioni in aree non normalmente accessibili alle persone, perché ci sono tubi, ostacoli, bassi cunicoli e non da ultimo possibili radiazioni.
Generalmente questi sono impianti nucleari. Spot evita le persone di essere esposte a queste micro radiazioni per un tempo prolungato durante ispezioni di routine. Immaginate solo il vantaggio di non avere le persone esposte in primo luogo a questo. Da punto di vista della salute, assicurativo è un beneficio straordinario.
Questo, infatti, è l'aspetto di sicurezza primaria, cioè, sottrarre le persone ai pericoli e questo è anche molto evidente nei casi di pubblica sicurezza o tutte le applicazioni "CBRN".
CBRN significa minacce chimiche, biologiche, radioattive eccetera.
Un caso molto famoso qui nello Stato del Massachusetts, dove siamo noi, è stata la risoluzione di una situazione di stallo in cui un sospetto armato era barricato in casa con ostaggio e quindi la polizia dello stato ha usato Spot per portare sensori e presenza all'interno con le proprie telecamere, avere una visione della situazione e gestire da remoto.
Il caso si è risolto senza vittime, a parte Spot che ha ricevuto alcuni colpi ed è ritornato a casa ferito, ma il beneficio sia per la parte armata sia per le forze di sicurezza è stato nettamente migliore.
Mi permetto anch'io di citare degli esempi perché sono innumerevoli.
Il primo in Italia a Pompei e in questo caso avevamo coperto anche noi la notizia e cioè l'utilizzo di Spot a Pompei per fare attività di ispezione dei luoghi e penso che il caso di Pompei sia proprio azzeccato perché sicuramente muoversi con delle gambe è più facile che utilizzare delle ruote. E il secondo esempio invece è nell'ambito della sorveglianza,
in questo caso gli US Secret Service, coloro che si occupano di proteggere il Presidente degli Stati Uniti, utilizzano Spot come supporto di sorveglianza nei presidi e con gli spazi che devono proteggere.
Quindi sono campi veramente tanto diversi, molto variegati e che fanno capire, secondo me, anche qual è l'impatto che può avere Spot per garantire in contesti diversi la sicurezza delle persone, quindi mettere appunto le persone al primo posto.
Vorrei citare il fatto che a questo proposito Boston Dynamics si è proposta come leader di un'iniziativa di anti-armamento dei robot, di utilizzo dei robot unicamente per scopi civili e ha guidato un'iniziativa a cui molte altre società hanno aderito per un appello all'uso consapevole dei robot senza avere applicazioni offensive e questo è molto
importante, abbiamo un'azione legislativa di supporto alla creazione di legislazione in questo senso.
Ed è un aspetto a cui teniamo molto, un aspetto etico, un aspetto di policy a cui teniamo molto come società.
Ecco bene, hai fatto bene a citare questo aspetto... mi fa piacere che l'hai citato perché effettivamente uno potrebbe pensare che un utilizzo anche nell'ambito delle forze dell'ordine possa essere proprio appunto quello. Però in realtà come anche l'esempio che ho appena fatto si tratta di attività di sorveglianza,
quindi questi robot possono essere utilizzati in quei contesti.
Facendo invece adesso un approfondimento su proprio quella che è la sfida di far camminare questi robot, ci racconti quali sono le sfide proprio nel nello sviluppo di questi robot, per renderli quindi versatili come abbiamo detto finora, autonomi e che riescano a muoversi in questo modo, come appunto il caso di Spot e di Atlas.
I nostri robot si mantengono in equilibrio grazie a un controllo continuo.
Se succede un malfunzionamento o un blackout il robot cade, come viene del resto per gli esseri umani.
Normalmente noi non ci rendiamo conto che camminare equivale a mettere insieme una grande quantità di movimenti coordinati, il nostro cervello lo fa normalmente.
Basta molto poco per perdere l'equilibrio o inciampare.
Ebbene, ogni errore o soprattutto ogni piccola variazione dell'ambiente circostante, a partire dal pavimento dove noi e i robot mettono piede, possono rivelarsi fatali.
Questo significa che ogni piccola variazione diventa estremamente pericolosa? No, dipende da dove succede e dagli effetti generati.
Tipicamente i robot si risollevano. Potrebbe succedere che l'effetto della caduta può generare elementi non desiderati. Un'altra grande sfida per i robot mobili in questo senso è vedere oltre gli ostacoli, non solo vedere l'ostacolo stesso, ma anche capire cosa c'è dietro un ostacolo.
Al contrario dei robot normali che sono avvitati per terra in uno spazio predefinito, ogni angolo può letteralmente nascondere qualcosa dietro, quindi la sfida in questo caso è anticipare il più possibile queste situazioni.
Riconoscerle non è per niente facile ed è un problema tridimensionale.
Ad oggi la percezione del mondo esterno è abbondantemente un problema di AI.
Sì, e in questo senso fra l'altro, cosa permette ai vostri robot di rimanere in piedi? C'è un sistema di intelligenza artificiale che permette di bilanciarli? Ovviamente immagino fra l'altro che per fare questa attività, cioè per stare fermo, comunque i robot necessiti di energia, ecco, quindi c'è un consumo energetico anche per solo stare in piedi.
Può essere il controllo stabilito sia in forma chiusa, come si suol dire, e qui ci sono anni ed esperienza... la ricetta segreta della mobilità, della locomozione, dell'equilibrio in cui tra l'altro Boston Dynamics ha fatto la storia di questo settore.
E anche alcuni elementi che possono essere demandati a dei modelli di AI che vengono addestrati per questo scopo.
Si possono trovare degli ibridi in tutte le combinazioni.
Il fatto di avere il consumo di potenza, in ogni caso, è sempre necessario, mantenere l'equilibrio richiede sempre un controllo attivo in ogni momento.
Certo, e poi l'altra cosa a cui pensavo è... c'è questo paradosso, il "paradosso di Moravec", credo si chiami, che appunto articola un principio secondo il quale per noi delle attività che sono abbastanza banali, come camminare, per un robot in realtà sono estremamente difficili e viceversa, attività che per noi sono quasi impossibili
o per la maggior parte di noi, come una capriola sul posto, ecco, in volo, Atlas riesce invece a farla tranquillamente senza nessun tipo di problema, quindi c'è anche un po' questa percezione da parte, diciamo così, delle persone, che hanno forse una percezione diversa di quella che è la realtà delle difficoltà che dovete affrontare per sviluppare robot di questo tipo, giusto?
Assolutamente, è molto istruttivo vedere i dati che il robot vede.
Noi pensiamo che i robot vedano come noi vediamo, se noi andiamo a vedere invece le registrazioni, i log, il rendering delle informazioni, dei segnali che arrivano al robot, una persona si rende conto di quanto sia quasi miracoloso il fatto che il robot riesca a mettere piede, letteralmente in un luogo fatto di punti sparsi quasi casualmente
nello spazio circostante.
Ha un che di miracoloso ogni passo che viene effettuato.
Qualora il movimento diventi più complesso, e qui l'esperienza e la qualità di una macchina la fa da padrone, rende movimenti complessi come le capriole o un movimento di destrezza sempre più raffinato e sempre più consolidato.
Il grande vantaggio che hanno le persone umane - o tutti gli elementi biologici - è nella naturale elasticità dei nostri arti e dei nostri attuatori.
Il segreto per i robot, umanoidi in particolare, ma anche i quadrupedi, è nel rendere questa elasticità e questa cedevolezza rispetto all'ambiente molto efficaci e soprattutto molto veloci.
Il nostro sistema di controllo, il nostro cervello, è molto efficace e molto veloce, ci stiamo avvicinando sempre di più ad avere prestazioni che rendano i robot in grado di affrontare situazioni impreviste o con grande efficacia in una scala temporale sempre più piccola.
E questo è il segreto per reagire in tempo o avere qualità di camminata e "locomotion" in generale, reazione all'ambiente, molto molto elevate.
Ok in riferimento poi alle attività che i vostri robot sono chiamati a fare in contesti reali, quindi di carattere commerciale, penso appunto all'interno di un'industria, quanto è il vostro apporto dal punto di vista software in ciò che poi il robot... un robot come Spot fa all'interno di questo ambiente e
quanto invece è l'apporto da parte di chi acquista il robot e quindi lo programma a sua volta, costruisce uno strato software sopra il vostro, per diciamo così fargli fare dei compiti specifici all'interno della sua realtà?
Il software di base per la mobilità e tutte le applicazioni che riguardano navigazione e supporto, lo sviluppo chiaramente Boston Dynamics, anche il supporto per tutta la parte di sensori e sistemi che vengono montati sopra. Noi cerchiamo di offrire agli utilizzatori e ai nostri clienti un'esperienza di utilizzo molto facile, perché quello che i clienti
commerciali sono interessati ad avere è facilità d'uso, immediato e chiaro ritorno e efficacia nell'applicazione. Sotto il cofano del motore è molto meno interessante, si dà quasi per scontato, quindi tutta la parte che supporta l'utilizzo pratico e finale è quella che non viene normalmente vista dai clienti e che sviluppiamo noi. Quello che può essere
"customizzato" è l'interpretazione dei dati che derivano dai sensori portati in giro dalla piattaforma mobile, da Spot in questo caso, che sono tipici dell'industria di riferimento.
Quindi noi offriamo in parte analisi di questo tipo di dati, supporto alle applicazioni dove si crea valore, ma la mobilità e la parte di destrezza è sicuramente gestita tutta internamente.
E come si può controllare i Spot? Cioè immagino che ci siano diverse modalità dove la più basilare, quella base, è l'utilizzo di un vero e proprio controller con il quale posso far muovere Spot nello spazio.
Ci sono varie modalità di controllo dei nostri robot mobili, Spot in particolare.
Alcune, le più interessanti, forse, nella pratica di tutti i giorni, sono quelle che offrono il controllo remoto.
Noi abbiamo anche una piattaforma di gestione remota del singolo robot o delle flotte, che permettono di raccogliere dati, vedere il robot in tempo reale, aggregare risultati, quindi dal lato dell'applicazione.
E' quello che, alla fine, interessa all'utente finale per le attività per cui questi robot sono creati.
L'utilizzo di un controller manuale è quasi ridotto solamente alle fasi di istruzione di una missione, dove si crea al primo giorno cosa il robot deve fare, ma normalmente l'utilizzo da remoto o in modalità autonoma rappresenta la maggior parte dell'applicazione.
Abbiamo fatto moltissimi sforzi e progressi nell'offrire una piattaforma di interpretazione globale e molto usabile di tutto il flusso di dati concentrata sulle applicazioni, creazione di mappe, navigazione di mappe, visione dei dati di business intelligence e quant'altro.
Sì, quindi col controllo posso dire a Spot quello che è il percorso da fare per andare magari a controllare un sensore, una valvola, quindi un elemento specifico nello spazio e poi da quel momento in poi Spot esegue, diciamo così, in modo ripetitivo questa missione che gli viene data e poi torna quando ha terminato la missione nella sua base di ricarica.
Certamente, normalmente il robot anticipa tutto questo e manda un messaggio quando rileva il fatto che c'è qualcosa di anomalo e quindi allerta in anticipo, utilizzando le proprie metriche, e quindi non solo sollecita, ma anche genera reazioni automatiche, non necessariamente costringendo un operatore a identificare i problemi.
Ovviamente la piattaforma ha un grande valore nel generare questo in modo automatico.
Ecco e quindi chi acquista Spot per fare attività di questo tipo - tornando alla questione della stabilità delle gambe che facevamo prima in merito appunto ai vostri robot - lo fa... acquista un vostro robot perché sono molto stabili, molto affidabili e quindi nel caso in cui dovessero scivolare, mettere un piede in
un posto nel posto sbagliato comunque nella maggior parte dei casi sono in grado di risollevarsi da soli, quindi garantiscono una vera autonomia a chi li utilizza.
Sì è vero, questo è un aspetto interessante, se noi pensiamo che delle ispezioni possono andare anche molto lontano, impianti di produzione dell'energia o grandi impianti di processo sono molto estesi, quindi sarebbe impensabile che il soccorso al robot dovesse essere fatto manualmente se non in circostanze molto eccezionali.
Il robot deve essere capace di cavarsela da solo.
Certo, si deve essere affidabile e siete forse in questo i più bravi in assoluto nel realizzare robot di questo tipo.
Con un migliaio di robot in campo abbiamo accumulato una buona esperienza e conoscenza di quello che può succedere nel mondo vero.
Abbiamo forse la maggior conoscenza degli ambienti reali, industriali, rispetto ad altri operatori dove la parte sperimentale di laboratorio non è più sufficiente, dobbiamo conoscere gli ambienti perché i buoni funzionamenti o le criticità legate all'ambiente sono fondamentali.
Stare in piedi, non cadere e in generale gestire la sicurezza del robot dipende tantissimo dall'ambiente circostante dove tutto quello che non viene anticipato, come posa delle gambe o posizionamento del corpo, in gran parte dipende dall'ambiente circostante e quindi più si conosce quest'ambiente e maggiori sono le probabilità di conoscere anche quegli
elementi di malfunzionamento riguardo i quali sia creare delle forme di validazione, di verifica, di testing e di anticipazione delle possibili problematiche.
Sì, il mondo reale rappresenta delle sfide che in laboratorio non è detto che possano emergere, quindi sicuramente avere robot in contesti reali e avere di conseguenza dei dati che provengono dai dati reali, ecco, concreti, di applicazioni pratiche, può aiutare.
E in questo senso, a proposito di mondo reale, dato che questi robot sono chiamati a interagire con l'uomo, a differenza ad esempio di un braccio robotico che lavora in un contesto protetto, magari all'interno di una gabbia o comunque di una recinzione, quali sono le sfide per validare gli algoritmi di intelligenza artificiale che poi permettono al robot di muoversi in un contesto reale?
Per quelli che poi sono appunto i sistemi critici e quindi quando un robot, una macchina, in questo caso il robot, può provocare delle conseguenze rischiose per la salute dell'uomo, ecco.
Semplificando molto ci sono due aspetti fondamentali del problema, i dati e le decisioni che un robot può prendere. È abbastanza simile a quanto succede per i veicoli autonomi che sono un ambito molto vicino da questo punto di vista.
Per quanto riguarda i dati, i modelli AI sono in gran parte dedicati al riconoscimento dello spazio intorno al robot, quindi un robot utilizza questi dati per addestrare i modelli, per vedere oggetti, ostacoli, persone eccetera.
Per i robot mobili, in aggiunta, i modelli di AI possono anche governare il controllo della macchina, ovvero come cammina, come si muove, come mantiene l'equilibrio.
Esistono moltissimi fattori che possono determinare un malfunzionamento sia della percezione che del movimento perché il dato non ha reso possibile identificare o addestrare in modo del tutto completo l'algoritmo che poi viene eseguito in tempo reale.
Per quanto riguarda le decisioni, l'altro aspetto, in applicazioni industriali concrete sono ancora abbastanza limitati, se vogliamo, gli elementi di scelta che possono essere affidati a un sistema di AI.
La pericolosità in questo caso è legata al comportamento locale, dove vado a sbattere sull'elemento A o l'elemento B, piuttosto che più tattico, vado a destra o a sinistra? Il secondo elemento è meno immediato come problema industriale.
Se pensiamo alla sicurezza come reazione immediata in tempo reale, è più importante anticipare la situazione e avere delle strategie di reazione prevalidate per quando i robot si muovono molto velocemente.
In questo caso AI e tutti i modelli offrono vantaggi, ciò nonostante hanno delle intrinseche difficoltà di interpretazione.
Perché allora l'Unione Europea lo considera potenzialmente pericoloso come elemento nelle macchine?
In questo caso stai facendo riferimento al nuovo regolamento macchine, il recente regolamento macchine dell'Unione europea.
Esattamente. L'Unione europea ha aggiornato il pluridecennale regolamento direttiva sul macchinario aggiungendo come elementi di pericolosità tutto quello che viene generato con elementi di addestramento di Machine Learning sul robot ai fini della sicurezza e quindi per definizione elementi di Machine Learning usati in sicurezza sono considerati molto
pericolosi e di fatto necessitano di una revisione da parte di terze parti.
Questo tra l'altro determina un aggravio nelle procedure, ma non necessariamente un miglioramento nella qualità del livello che viene generato, che è sempre responsabilità del produttore delle macchine. Il fatto che sia considerato potenzialmente pericoloso risiede principalmente nella incompletezza e mancanza di osservabilità legato alle combinazioni di
dato e interpretazione del dato in tempo reale che possono finire per creare dei passi falsi in questo caso delle macchine che camminano.
Ma in tutte le macchine.
L'elemento probabilistico è presente in tutta la sicurezza del macchinario e dei guasti.
Quello che diventa più complicato nell'utilizzo dell'AI in questo settore è analizzare e validare dati e modelli che hanno un elemento di mancanza di osservabilità diretta, quindi di incertezza maggiore. Quali sono le soluzioni allora? Le soluzioni sono elencare il più possibile le condizioni di malfunzionamento, avere
un effetto analitico più robusto, in modo che siano sempre minori gli aspetti non prevedibili e secondo, determinare un tasso di successo adeguato rispetto a questi problemi.
Quindi da una parte rinforzare gli elementi di analisi, dall'altra determinare quanto efficacemente tutti questi elementi di analisi sono riscontrabili, riscontrati e in qualche modo provati.
Il problema è che ad oggi non ci sono regole precise per definire quanto è infatti adeguato questo elemento di ottenimento del successo rispetto a questi problemi.
La validazione dei modelli contro i malfunzionamenti può solo in parte utilizzare tecniche convenzionali che esistono da decenni.
E di fatto non esistono quantità o soglie predeterminate in grado di quantificare adeguatamente il successo in un algoritmo.
Quanto è buono un algoritmo, quanto è giusto, non è ancora allo stato dell'arte o consolidato in un unico framework condiviso. Sono in corso delle iniziative molto precise, sia in ambito normativo che in ambito di regolamentazione, per stabilire regole o istruzioni standard per come valutare le prestazioni e analizzare in modo efficace la maggior parte dei problemi noti.
Quindi da una parte bisogna elencarli, bisogna conoscerli, dall'altra parte bisogna stabilire delle regole che valgano un po' per tutti per quello che è di fatto la soglia di adeguatezza, di accettabilità.
Quanto bene funziona? Nel settore infatti dobbiamo essere abbastanza creativi perché le metriche utilizzate normalmente non sono più adeguate, proprio per quella maggiore componente di incertezza che c'è intrinsecamente in ogni elemento maggiormente probabilistico come AI.
E la validazione dei modelli che citato adesso non potrebbe trarre beneficio da un'intelligenza artificiale spiegabile quindi un'intelligenza artificiale che non funziona come quella attuale quindi attraverso queste "black box" quindi scatole nere in cui non è possibile sapere con precisione qual è stato o
qual è il "ragionamento" tra virgolette dell'intelligenza artificiale nel prendere una determinata decisione ma permettendo quindi di validare più facilmente i modelli?
È possibile, ma non è sicuramente ottenibile in tempi e in modalità, probabilmente all'altezza dell'aspettativa, di una totale osservabilità. E questo è un problema in cui la comunità scientifica sta lavorando da decenni, esistono ovviamente sforzi e lavori molto vasti. In maniera molto pragmatica per quello che riguarda le macchine
dobbiamo trovare come comunità industriale e scientifica un punto di consolidamento, un punto di accordo su cosa rappresenti un elemento accettabile e adeguato. Ogni quanto può essere corretto, accettabile uno sbaglio, così come avviene per le persone umane. Ogni quanto possiamo sbagliare. La stessa cosa avviene
a prescindere dal fatto che una scatola nera sia totalmente osservabile o meno, dobbiamo cercare di ridurre quell'incertezza il più possibile e questo è lo sforzo che la comunità sta facendo offrendo strumenti analitici e dall'altro dobbiamo stabilire dove fermarci con questa analisi, perché in teoria non si ferma mai, si deve trovare un punto di adeguato soddisfacimento
del termine di rischio.
Assolutamente sì. Va bene allora grazie mille Federico per averci raccontato chi è Boston Dynamics, del elevatissimo livello di innovazione che avete portato negli anni nel mondo della robotica e anche di quest'ultima riflessione finale che è sicuramente un tema che si pone anche al di là del mondo della robotica e quindi sicuramente ci ha dato uno spunto da
approfondire nei prossimi mesi.
Alla prossima.
Grazie a voi.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia, io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
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