Gli imballaggi sono ovunque: proteggono, conservano e facilitano il trasporto di prodotti, ma conseguentemente sono anche una delle principali fonti di rifiuti e inquinamento. Tra i grandi protagonisti al centro dei dibattiti sulle questioni ambientali emergono sempre più frequentemente le grandi multinazionali e il loro ruolo nella definizione di strategie aziendali a basso impatto ambientale. Nel corso degli ultimi anni, colossi come Amazon, McDonald’s, Coca-Cola e Unilever sono stati spesso criticati per il loro contributo all'inquinamento da polimeri sintetici. In questa puntata cercheremo di capire che azioni hanno iniziato a intraprendere per ridurre la loro impronta.
Nella sezione delle notizie parliamo dei disservizi di Nexi e Bancomat della scorsa settimana, dell’arrivo della patente e di altri documenti sullo smartphone con IT-Wallet e infine di alcune innovazioni di Amazon nel settore della logistica.
Brani
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Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host Davide Fasoli.
Oggi parleremo di packaging, di imballaggi, e di come molte società che si occupano anche di tecnologia si stiano attrezzando per ridurre il loro impatto sul pianeta.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina, su Spotify, Apple Podcasts, YouTube Music, oppure direttamente sul nostro sito.
Giovedì 28 e venerdì 29 novembre sono state due giornate molto difficili per il settore dei pagamenti digitali.
Per oltre 24 ore, infatti, diversi circuiti e servizi di pagamento, come Bancomat e Nexi, hanno smesso di funzionare, sia per quanto riguarda i pagamenti con POS, sia per quanto riguarda i prelievi.
Ma come si è arrivati a questa situazione? Sia Nexi che Bancomat si appoggiano allo stesso fornitore tecnologico, ossia la fintech Worldline, il cui datacenter di Milano si è disconnesso dalla rete internet nella mattina di giovedì 28 novembre, a causa di alcuni lavori nei pressi di Lugano che hanno tranciato il collegamento in fibra ottica.
E nonostante l'azienda abbia tempestivamente avvisato i suoi clienti comunicando di essere al lavoro su una soluzione, il completo ripristino dei servizi è arrivato solo nel pomeriggio di venerdì.
A questo punto ci si può interrogare su quanto sistemi così strategici come quelli dei pagamenti possano essere facilmente messi K.O. e di come probabilmente non siano stati effettuati i dovuti test per verificare la resilienza dell'infrastruttura.
Problemi che fortunatamente dovrebbero in futuro essere limitati per l'entrata in vigore il prossimo 17 gennaio di DORA, un regolamento dell'UE volto proprio a rendere più sicuro il settore finanziario, con controlli più rigidi e severi e imponendo una maggior trasparenza alle diverse aziende coinvolte.
Da mercoledì 4 dicembre 2024, IT-Wallet, il portafoglio digitale integrato nell'app IO, è disponibile per tutti i cittadini italiani maggiorenni, consentendo di aggiungere e utilizzare nel mondo fisico con valore legale tre documenti: patente di guida, tessera sanitaria e carta europea della disabilità.
L'inserimento avviene tramite un processo semplificato che interroga direttamente le banche dati degli enti pubblici, senza la necessità di caricare immagini o scansioni fisiche.
Questo consentirà al cittadino di poter lasciare a casa la versione fisica di questi tre documenti e poterli mostrare “virtualmente” anche a un qualsiasi pubblico ufficiale che li richiedesse.
Dopo una fase di test che ha coinvolto progressivamente fino a un milione di utenti, il servizio è ora accessibile a chiunque abbia installato l'app IO e vi acceda con SPID o carta d'identità elettronica, offrendo un assaggio di ciò che diventerà nel 2025, quando supporterà ulteriori documenti, tra cui la stessa carta d'identità, e permetterà l'accesso ai servizi online.
E nel 2026, integrandosi nel sistema europeo EUDI Wallet, al quale abbiamo dedicato una nostra puntata estiva.
Sebbene il lancio abbia inizialmente riscontrato problemi tecnici legati all'intesamento dei server, un aggiornamento dell'app ha rapidamente risolto le difficoltà, segnando così un passo avanti verso la digitalizzazione documentale su scala nazionale ed europea.
Amazon continua a investire nel settore della logistica per migliorare e rendere più efficienti gli ordini effettuati sulla propria piattaforma. Dopo aver esteso la consegna rapida in un giorno in altre città come Padova e Bologna, l'azienda ha deciso di introdurre una nuova opzione con finalità completamente opposta alla precedente, ovvero la possibilità di
ricevere i prodotti ordinati in un periodo più esteso rispetto alle rapide tempistiche garantite dal servizio Prime. Questa decisione è stata presa per far fronte anche all'aumento degli ordini sulla piattaforma derivanti sia dai saldi del Black Friday che all'imminente periodo natalizio. In ogni caso, per incentivare il consumatore ad optare per questa modalità,
Amazon garantirà uno sconto dell'1% sul prezzo finale del prodotto.
Restando nel settore dei trasporti, giusto questa settimana il colosso dell'e-commerce ha compiuto con successo anche il primo test per le consegne con droni in Abruzzo, in particolare nell'area di San Salvo. Per il primo volo di prova, supervisionato dall'ENAV, è stato utilizzato un drone proprietario, MK-30, in grado di trasportare carichi fino a 2,26 kg.
Amazon comunque non ha ancora fornito ulteriori dettagli sul test effettuato. Tuttavia questa notizia conferma ulteriormente la scelta dell'azienda di puntare nel miglioramento della logistica sia sul fronte dell'efficienza che dell'innovazione.
Il mondo si trova ad un punto di svolta critico. I cambiamenti climatici e l'inquinamento ambientale stanno causando danni irreversibili agli ecosistemi e alla qualità della vita delle generazioni presenti e future. Ogni anno milioni di tonnellate di rifiuti plastici invadono gli oceani, mentre nonostante le politiche ambientali imposte dall'Unione
europea e dai vari organi politici, le emissioni di gas serra continuano ad aumentare, aggravando il problema del riscaldamento globale e dell'inalzamento del livello degli oceani.
In questo contesto, perciò, emerge l'urgente necessità di ripensare le modalità con cui consumiamo e produciamo, con l'obiettivo di adottare soluzioni più sostenibili in ogni settore. E tra i molti fronti su quali è possibile intervenire, quello dei packaging, o degli imballaggi, rappresenta uno dei più critici ma allo stesso tempo anche tra i più
promettenti. Gli imballaggi, infatti, sono ovunque. Proteggono, conservano e facilitano il trasporto di prodotti, ma conseguentemente sono anche una delle principali fonti di rifiuti e inquinamento. Ridurre l'impatto ambientale del packaging è diventata dunque una priorità non solo per i governi e le organizzazioni ambientaliste, ma anche per le aziende che
desiderano rimanere competitive e rispondere alle crescenti aspettative dei consumatori.
Benché si stia cercando di ridurre l'utilizzo della plastica, molti imballaggi ancora oggi vengono realizzati con questo materiale, che rappresenta uno dei principali responsabili dell'inquinamento ambientale. Secondo un rapporto del World Economic Forum, ogni anno vengono prodotte circa 300 milioni di tonnellate di plastica, di cui una parte significativa
è destinata alle confezioni. Di queste solo il 9% viene riciclato, mentre il resto finisce in discarica, negli oceani o disperso nell'ambiente. L'uso di materiali non biodegradabili contribuisce non solo all'inquinamento visibile, ma anche a fenomeni meno evidenti come la microplasticazione, ovvero la frammentazione dei materiali sintetici in particelle microscopiche, che entrano nella
catena alimentare minacciando la salute umana e degli animali. Oltre alla plastica però esistono anche altri materiali come il polistirene espanso e gli imballaggi multistrato che analogamente risultano difficili da riciclare e comportano un enorme dispendio energetico per la loro produzione. Tra i grandi protagonisti al centro dei dibattiti sulle questioni ambientali emergono
sempre più frequentemente le grandi multinazionali e il loro impatto nella gestione di strategie aziendali a basso impatto ambientale. Nel corso degli ultimi anni colossi come Amazon, McDonald's, Coca-Cola e Unilever sono stati spesso criticati per il loro contributo all'inquinamento da polimeri sintetici, ma negli ultimi anni hanno iniziato a intraprendere azioni concrete per
ridurre la loro impronta. Amazon, ad esempio, che è una tra le aziende che contribuisce maggiormente alla produzione di imballaggi, dal 2015 ha iniziato ad adottare soluzioni per rendere più sostenibili le spedizioni dei propri prodotti, intervenendo sia sulla forma che sulla tipologia del materiale dell'involucro protettivo. Questo percorso ha portato l'azienda a sostituire,
a partire dal 2021, le confezioni in plastica con buste di carta e cartone riciclabili per gli ordini effettuati dai suoi centri di distribuzione in Italia, come quello di Torrazza-Piemonte che abbiamo visitato e nel quale abbiamo realizzato la puntata del 22 aprile 2023. Questo sistema ha permesso ad Amazon non solo di ridurre il consumo di plastica e il relativo percorso di smaltimento,
ma anche di alleggerire notevolmente il peso e il volume delle spedizioni, arrivando a risparmiare notevoli quantità di carburante. Questo traguardo è stato raggiunto anche grazie all'adozione di confezioni in grado di adattarsi, a seconda della necessità, alla forma del prodotto acquistato dall'utente, arrivando così ad utilizzare meno materiali.
Con l'apertura nel 2021 dell'Innovation Lab a Vercelli, l'Italia ha iniziato ad acquisire un ruolo centrale nella ricerca tecnologica di soluzioni all'avanguardia come Amazon Robotics, per l'automazione dei processi industriali, ma anche per individuare nuove tecniche per il miglioramento del packaging. Quando possibile, invece, si punta persino a spedire il pacco senza
imballaggio, applicando semplicemente un'etichetta identificativa sulla confezione originale del prodotto. Per questo scopo, nell'Innovation Lab, sono stati realizzati dei robot innovativi che automatizzano l'applicazione delle etichette identificative. Mentre per quei prodotti per cui non è necessario un involucro protettivo, si è sviluppato un robot in grado di creare
buste di carta su misura che scansiona gli articoli e calcola la giusta quantità di carta necessaria per un imballaggio rapido e accurato. Questa serie di accorgimenti ha portato Amazon a coprire oltre il 50% delle spedizioni, utilizzando packaging ridotti e riciclati e arrivando a gestire dal 2019 più di un miliardo di consegne senza alcuna copertura
aggiuntiva. Un'azienda che non abbiamo citato prima, tanto all'avanguardia nel settore tecnologico quanto nelle politiche ambientali, è Apple. Il colosso di Cupertino si è infatti impegnato pubblicamente a diventare “carbon neutral” entro il 2030, un obiettivo ambizioso che mira a coprire l'intera catena del valore, partendo dalla produzione, passando alla distribuzione e
arrivando sino all'uso finale da parte dei consumatori. Una delle strategie di Apple per raggiungere il traguardo del 2030 è stata la riduzione delle dimensioni delle confezioni dei suoi dispositivi come iPhone. Scatole più compatte permettono infatti di ottimizzare il trasporto dei prodotti, riducendo il numero di viaggi necessari per la distribuzione e
abbassando significativamente le emissioni di carbonio. Naturalmente, per comprimere le dimensioni delle confezioni, Apple ha dovuto rimuovere i caricatori e le cuffie, ma anche su questo fronte si è agito per ridurre il numero di rifiuti elettronici, commerciandoli separatamente dalle scatole degli iPhone. In questo modo chi è già in possesso di un caricatore e di
un paio di cuffie acquistati con un precedente smartphone non si ritroverà con l'acquisto del nuovo modello con altri dispositivi di ricarica non necessari. Questa scelta è stata inizialmente oggetto di numerose critiche, poiché è stata interpretata come un modo per far risparmiare soldi all'azienda. Tuttavia, secondo le stime di Apple, questa nuova politica ha contribuito
alla riduzione di circa 2 milioni di tonnellate di CO2 e ha spinto parallelamente altre aziende del settore come Google e Samsung a seguire l'esempio, generando un impatto positivo sull'intera filiera. Va inoltre aggiunto che la scelta di Apple di rimuovere caricabatterie e cuffie non deriva unicamente da imposizioni interne, ma rappresenta anche una conseguenza dell'adeguamento
alla direttiva europea del caricatore unico, che mirava a standardizzare entro il 2024 l'uso della porta USB-C per dispositivi elettronici come smartphone, tablet, fotocamere e cuffie venduti nell'Unione Europea. Ed Apple infatti, tradizionalmente restia a conformarsi agli standard esterni, ha dovuto anticipare questa transizione con gli iPhone 15 Pro usciti lo
scorso anno e poi quest'anno con l'intera line-up di iPhone 16, in questo modo abbandonando definitivamente il suo storico connettore Lightning e segnando un'importante svolta nella sua linea di prodotti. Questo cambiamento perciò non ha solo allineato Apple agli standard europei, ma ha offerto anche vantaggi pratici per i consumatori con una maggiore interoperabilità
con dispositivi di altre marche e l'uso di un unico caricatore per più strumenti tecnologici.
Allo stesso tempo però, quello che potrebbe essere individuato come un vantaggio per l'utente finale, in realtà può essere interpretato anche nell'ennesima occasione di guadagno per le big tech. Perché se da una parte è vero che lo standard USB-C ci consente di utilizzare un solo caricatore per più dispositivi, dall'altra chi vuole acquistare uno smartphone oggi dovrà
farlo sborsando la stessa quantità di soldi, se non di più, rispetto all'acquisto di un telefono di qualche anno fa, che però aveva al suo interno sia caricatore che cuffie con filo.
In poche parole, chi non possiede già un caricatore compatibile o desidera accessori originali Apple, sarà costretto ad acquistarli separatamente, garantendo in questo modo ulteriori profitti per l'azienda. In ogni caso, sorvolando su questo sottile equilibrio tra reali motivazioni ambientali e commerciali, è giusto evidenziare anche l'impegno e le scelte virtuose di paesi
europei come la Francia, la quale ha deciso di approcciare alla gestione degli imballaggi come quanto fatto da Amazon, ovvero non usarli. Questo aspetto si riferisce all'eliminazione delle confezioni di plastica monouso, derivante dal recepimento della direttiva europea “Single Use Plastic”, che obbligherà tutti i paesi a raggiungere una soglia del 90% di bottiglie
in plastica riciclate entro il 2029. In poche parole, stiamo parlando della stessa direttiva che ha portato ormai la quasi totalità delle bottiglie mono uso ad avere il tappo attaccato al contenitore, per evitare la dispersione di questi ultimi nell'ambiente. La Francia, in questo senso, ha deciso di intervenire sulla completa abolizione degli imballaggi
mono uso in plastica entro il 2040. E per raggiungere questo obiettivo, il paese ha stabilito una vera e propria roadmap, iniziata nel 2020 con il divieto della vendita di stoviglie mono uso come bicchieri, piatti o tazze, per proseguire poi nel 2021 con l'interdizione di posate usa e getta, cannucce e coperchi. Dall'1 gennaio 2022 si è poi passati ai
sacchetti per tè e tisane, mentre dallo scorso anno è stato introdotto il divieto di utilizzo di stoviglie usa e getta in ristoranti e fast food come McDonald's. E per quanto riguarda l'Italia, invece? Nel nostro paese la direttiva è stata recepita dopo un iter complicato, con il decreto legislativo 196 dell'8 novembre 2021, entrato poi in vigore il 14 gennaio
successivo. Tuttavia, per una serie di interpretazioni e deroge, il nostro paese probabilmente verrà sottoposto a una procedura di infrazione da parte della Commissione europea per la modalità con cui è stata recepita la direttiva. Essa, infatti, ha come obiettivo quello di ridurre l'utilizzo della plastica a partire dagli articoli monouso. Tuttavia l'Italia ha scelto
di applicare queste restrizioni alla sola plastica di origine fossile, escludendo dunque i prodotti realizzati in materiale biodegradabile e compostabile con percentuali di materia prima rinnovabile superiore al 60%. Il problema è che il principio sul quale si fonda questa direttiva dà la priorità alla riduzione e al riuso, non invece alla sostituzione di
un prodotto con un altro. Tant'è che per l'Unione europea le plastiche biodegradabili e compostabili non sono escluse dalla definizione di plastica al paragrafo 1 dell'articolo 3 della direttiva.
In qualsiasi caso, la lotta ai cambiamenti climatici e all'inquinamento ambientale richiede un ripensamento radicale del modo in cui le grandi multinazionali producono, distribuiscono e confezionano i loro prodotti. Amazon, Apple e molte altre aziende stanno dimostrando come le sfide climatiche ed ecologiche possano diventare opportunità per innovare e ridefinire
le loro strategie commerciali. Amazon ha intrapreso un percorso orientato all'eliminazione totale degli imballaggi superflui, promettendo soluzioni che riducono i rifiuti alla fonte. Mentre Apple ha adottato una strategia diversa, ma altrettanto significativa, diminuendo le dimensioni delle confezioni e rimuovendo accessori come caricatori e cuffie. Questi esempi si inseriscono poi in un
quadro normativo globale che vede iniziative come la direttiva che abbiamo citato dell'Unione Europea, accelerare il processo di transizione verso un'economia più sostenibile. Vietando molti articoli in plastica monouso, l'UE sta infatti guidando il cambiamento con un approccio normativo ambizioso ma necessario. Perché quello degli imballaggi non è semplicemente un
tema logistico o estetico, bensì una questione che tocca il fulcro delle sfide climatiche globali.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia, io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
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