
Il cervello è l’organo più complesso del corpo umano, che nonostante tutti i progressi tecnologici cela ancora numerosi misteri tutti da scoprire. Un organo composto da circa 85 miliardi di cellule interconnesse, in grado di generare pensieri, controllare il movimento del corpo, gestire ricordi, elaborare informazioni e tanto altro. Ma cosa c'entra il cervello con la tecnologia? In questa puntata vogliamo concentrarci su come la tecnologia e lo sviluppo di nuovi sistemi ci stiano aiutando a capire meglio come funzioniamo e sfruttare queste informazioni per aprire un universo di nuove possibilità e nuovi modi per interagire con il mondo, da protesi sempre più sofisticate in grado di essere controllate direttamente dal cervello, alla capacità di controllare la propria casa o i propri dispositivi con il pensiero.
Nella sezione delle notizie parliamo degli enormi progressi dell’IA nell’ultimo anno, tra cui Sora di OpenAI, dei blocchi ingiustificati di siti web avvenuti tramite Piracy Shield e infine di una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che dichiara che le backdoor rappresentano una minaccia per i Diritti Umani.




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Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi vedremo come procede lo studio del nostro cervello e come la tecnologia potrà aiutarci a curare malattie degenerative o far riacquisire abilità ad oggi irrecuperabili.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast oppure direttamente sul nostro sito.
Novembre del 2022 verrà probabilmente ricordato come il mese in cui ha veramente avuto inizio la rivoluzione nel mondo dell'intelligenza artificiale, con la presentazione di ChatGPT.
Nell'ultimo anno, infatti, in questa tecnologia sono stati investiti diversi miliardi di euro, per realizzare modelli sempre più grandi, potenti ed efficienti.
In ambito immagini, sono stati presentati MidJourney 5 e 6, Dall-E 2 e Adobe Firefly, recentemente anche Stable Cascade di Stability AI, che promette un'ancora maggiore ottimizzazione.
In ambito testuale, invece, abbiamo visto ovviamente ChatGPT nella versione 3, poi 3.5 e infine 4, la più potente al momento.
Anche Google non si è fatta attendere con Google Bard, Google Gemini e Gemini Ultra, da poco disponibili al pubblico.
E, fortunatamente, i riflettori che ha attirato su di sé questa tecnologia hanno portato anche a investimenti e pubblicazione di IA anche open source, come Lama2 di Meta, che hanno permesso uno sviluppo esponenziale nel mondo dell'intelligenza artificiali generative o di progetti pubblici, privati e prodotti correlati.
Abbiamo visto immagini e testi, dunque, ma per i video? Nel corso di questo ultimo anno ci sono state alcune aziende che hanno proposto delle IA in grado di generare video a partire da un prompt, come Gen-2 di Runway, con risultati abbastanza buoni.
E giovedì OpenAI ha segnato un altro piccolo punto di svolta in questo campo, con la presentazione di Sora.
Sora, infatti, dalle prime immagini sembra essere attualmente il più potente modello per generare video, in alta qualità e molto dettagliati, a partire da una breve descrizione.
Mai come ora questa tecnologia sta progredendo così tanto, e OpenAI si è detta disponibile a lavorare con enti, artisti ed educatori per sviluppare la sua IA in modo quanto più etico e sicuro possibile, soprattutto visti i preoccupanti scenari che si possono aprire con tecnologie così potenti.
Da qualche settimana è entrata in funzione la piattaforma antipirateria Piracy Shield, ovvero uno strumento fortemente voluto dalla Lega Calcio per contrastare in maniera rapida ed efficace le trasmissioni illegali di eventi sportivi live, agendo tramite un blocco degli indirizzi IP in questione.
Il problema però è che, nonostante le corrette segnalazioni, Piracy Shield sta bloccando anche siti streaming pienamente legali, e che dunque non hanno nulla a che fare con il famoso pezzotto.
Ad esempio nei giorni scorsi, anche se non erano in programma eventi sportivi, qualcuno ha deciso di aprire su Piracy Shield diversi ticket per bloccare alcune piattaforme distribuite da una nota Content Delivery Network, partner di CloudFlare, le quali risultano ora irraggiungibili dall'Italia.
Incidenti come questo o persino più estesi, potrebbero capitare nuovamente in futuro, e questo perché con Piracy Shield non c'è alcun controllo sulle segnalazioni fatte dai detentori dei diritti d'autore.
Perciò dopo due settimane di operatività forse è già arrivato il momento di rivalutare il funzionamento della piattaforma, che dovrebbe contrastare la pirateria e non dei servizi del tutto legali.
Una sentenza storica della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sollevato un dibattito cruciale riguardo la proposta di introdurre “backdoor” nei sistemi di messaggistica e di posta elettronica.
La Corte ha stabilito che indebolire la critografia end-to-end costituisce una minaccia significativa ai diritti umani, soprattutto alla privacy e alla sicurezza delle comunicazioni.
Il caso ha avuto origine da una richiesta dei servizi segreti russi a Telegram di accedere alle chat protette degli utenti nel 2017.
Telegram si è opposta sostenendo che tale azione avrebbe compromesso la sicurezza di tutti gli utenti, non solo quelli coinvolti in attività illegali.
La Corte ha concordato, evidenziando che l'introduzione di backdoor renderebbe tecnicamente possibile una sorveglianza generalizzata e indiscriminata delle comunicazioni elettroniche personali.
Questa decisione ribadisce l'importanza della critografia end-to-end come fondamento della privacy e della sicurezza online, respingendo l'idea che agevolare le indagini delle forze dell'ordine possa giustificare l'indebolimento di tali misure di sicurezza.
Pensiamo di sapere tutto su come funziona il nostro corpo? Nel corso dei secoli, la scienza e la medicina, moderna e non, hanno fatto passi da gigante per quanto riguarda la comprensione di quella macchina straordinariamente complessa che è l'essere umano.
Capire come funzionano e il ruolo che hanno i vari organi, i muscoli, gli ormoni prodotti dall'organismo permette e permetterà infatti di vivere meglio e più a lungo, eliminare per sempre malattie, disturbi o disabilità, o estendere le capacità e le potenzialità del corpo umano, ad esempio grazie ai trapianti o agli organi artificiali.
Tema che, tra l'altro, abbiamo trattato e approfondito nella puntata “Frankenstein ai nostri giorni, si può fare?” Nella puntata di oggi, però, vogliamo concentrarci su un organo in particolare, probabilmente il più complesso del corpo umano e animale, e che nonostante tutti i progressi tecnologici cela ancora a numerosi misteri, tutti da scoprire, un organo composto da circa 85 miliardi di cellule, tra loro interconnesse da migliaia di collegamenti in grado di generare pensieri, controllare il movimento del corpo, gestire ricordi, elaborare informazioni e veramente tanto altro.
Stiamo ovviamente parlando del cervello, il luogo dove risiede la nostra coscienza.
Ma cosa c'entra il cervello con la tecnologia? Innanzitutto, scomodando un tema molto di moda in questo periodo, l'intelligenza artificiale, o meglio le reti neurali che la compongono, hanno una struttura palesemente ispirata al cervello naturale, con dei neuroni artificiali tra loro interconnessi per generare delle risposte.
E se riuscissimo veramente a comprendere come funziona questo organo, come sono strutturate le varie aree, le loro funzioni, come sono connessi tra loro i neuroni, potremmo probabilmente sviluppare intelligenze artificiali ancora più complesse, simili in tutto e per tutto all'uomo, e magari addirittura in grado di formulare pensieri propri e sviluppare una propria consapevolezza, per quanto per certi versi un traguardo del genere possa essere spaventoso e pericoloso.
Tuttavia, in questa puntata vogliamo concentrarci non tanto sull'intelligenza artificiale, che abbiamo già approfondito diverse volte, ma invece su come la tecnologia e lo sviluppo di nuovi sistemi ci stia aiutando a capire meglio come funzionano e sfruttare queste informazioni per aprire un universo di nuove possibilità e nuovi modi per interagire con il mondo, da protesi sempre più sofisticate in grado di essere controllate direttamente dal cervello alla capacità di controllare la propria casa e i propri dispositivi con il pensiero.
Il primo grande punto di svolta nella comprensione del nostro corpo e soprattutto del nostro cervello avviene nel 1894, con l'invenzione o, per meglio dire, la scoperta dei Raggi X da parte di Wilhelm Conrad Röntgen.
Grazie alle radiografie, infatti, è possibile vedere nel corpo umano in modo non invasivo e capire subito come sono disposte le varie parti del corpo.
Tuttavia, i raggi X mostrano solamente fratture ossee o lesioni, ma non funzionano ad esempio per gli organi interni.
Entra quindi in gioco nel 1906 un'altra tappa fondamentale, ossia l'utilizzo di agenti di contrasto, che hanno così permesso di visualizzare organi che prima risultavano invisibili e, addirittura, il sistema nervoso che percorre tutto il nostro corpo.
Per quanto riguarda la comprensione del nostro cervello, però, la vera svolta probabilmente arriva nel 1971, quando Paul Lauterbur, presenta le prime immagini generate utilizzando l'imaging a risonanza magnetica.
Questa nuova tecnologia, infatti, permette di visualizzare tridimensionalmente - a sezioni - l'intero organo, come appunto il cervello, senza doverlo sezionare fisicamente.
E da qui in poi si sono sviluppate tecniche sempre più avanzate, anche combinate tra loro, per guardare in tempo reale l'attività cerebrale e risolverne i misteri in quello che viene chiamato “neuroimaging funzionale”.
Il neuroimaging funzionale, infatti, combina l'utilizzo della risonanza magnetica funzionale, dell'elettroencefalogramma, della tomografia ad emissione di positroni e altre tecnologie di diagnostica e di imaging per vedere come si comporta il cervello, le aree che si attivano o i segnali elettrici che vengono generati a seconda degli input, ossia di diversi stimoli come l'ascolto di una canzone, il movimento di una parte del corpo, mentre guardiamo delle immagini o parliamo.
Per fare un paragone nel campo dell'informatica, questa tra virgolette “tecnica”, si chiama “Ingegneria Inversa” e permette di capire come funziona un programma, ad esempio andando a leggere i dati sulla memoria del computer o cercando di decifrarne il codice binario.
Tecnica utilizzata spesso, ad esempio, quando si parla di porting, ossia quando si cerca di ricreare un gioco o un programma, che è disponibile solo per un certo sistema operativo, ad esempio macOS, per renderlo utilizzabile anche su altri sistemi come Windows o Linux.
Ma a cosa serve tutto questo? Oltre a comprendere meglio il funzionamento di un organo così complesso come il cervello umano e di conseguenza anche quello di altri animali, per capire anche come si formano e come possono essere curate diverse malattie neurologiche, gli studi derivanti dal neuroimaging hanno portato alla definizione e allo sviluppo delle cosiddette Brain Computer Interface, o BCI, conosciute anche come interfacce neurali.
Le BCI sono dei dispositivi - più o meno grandi - in grado di catturare i segnali debolissimi elettrici del cervello, come un elettroencefalogramma, amplificarli, rimuovere eventuale rumore di fondo e infine tradurre il segnale in un'azione da compiere.
Di fatto le interfacce neurali riescono - o perlomeno questo è l'obiettivo che si vuole raggiungere - a tra virgolette “leggere il pensiero” delle persone a cui vengono impiantate.
La definizione è volutamente molto generica perché non esiste un solo tipo di interfaccia neurale, ma al contrario possono essercene di diverse tipologie in base all'obiettivo che si vuole raggiungere.
Si parla spesso, ed è anche citato nella descrizione del nostro podcast, di rapporto uomo-macchina, di interfacce utente, di come in futuro l'interazione tra noi e computer cambierà con le nuove tecnologie.
Ecco, sulla carta le BCI hanno la potenzialità per diventare il culmine di questo continuo progresso e avvicinamento tra le due realtà, quella virtuale, digitale, e quella naturale, analogica.
Grazie alle Brain Computer Interface, infatti, la distanza che divide l'uomo dalla macchina sarà pressoché inesistente, in quanto basterà il semplice pensiero, ad esempio per controllare la propria casa, inviare un messaggio o lavorare.
In futuro, magari, sarà possibile anche riuscire a dare una forma ai propri pensieri, o registrare i propri sogni aprendo la strada nuove forme d'arte.
E in questo l'altro tipo di intelligenza, quella artificiale, potrà essere fondamentale per accelerare lo sviluppo di queste tecnologie.
Ma per ora questi traguardi sono ancora molto distanti dall'essere raggiunti per non parlare degli scenari - per certi versi molto spaventosi - che aprirebbero, soprattutto in tema di privacy.
Al momento, invece, il mondo della ricerca, in campo bioingegneristico, si sta concentrando su altri scenari, se vogliamo più nobili.
Grazie alle interfacce neurali, infatti, si sta cercando di creare dispositivi in grado di restituire a persone con disabilità le funzionalità perse.
Pensiamo ad esempio ad una persona che ha perso l'uso delle gambe o a cui è stato amputato un arto.
Utilizzando degli elettrodi connessi al cervello umano, alcuni ricercatori sono riusciti a creare esoscheletri o protesi in grado di muoversi secondo la volontà della persona che la indossava.
Ma non è finita qui.
Le BCI, infatti, non sono sempre solo a senso unico, ma possono anche inviare degli stimoli elettrici o feedback al cervello.
Ed ecco quindi che è stato realizzato un prototipo ancora molto acerbo di protesi che non solo può essere mosso con il pensiero, ma utilizzando i sensori presenti sul dispositivo riesce a restituire la sensazione del tatto, grazie a cui ad esempio si può regolare la forza con cui stringere un oggetto.
Altri esempi di come gli studi sul cervello umano hanno permesso di cambiare la vita di alcune persone, riguarda invece la possibilità, con uno speciale caschetto, di controllare un computer o un tablet con la mente, restituendo la possibilità di interagire in maniera sempre più naturale con le altre persone a soggetti con malattie degenerative come quella di Stephen Hawking, costrette in sedia a rotelle praticamente incapaci di effettuare qualsiasi movimento.
Queste, dunque, sono le vere potenzialità che possono offrire le interfacce neurali nel campo medico, e comprendendo sempre di più come funziona e come utilizza le informazioni nel nostro cervello, in futuro potremo veramente ridare una speranza a milioni di persone di poter diventare sempre più autonomi, o tornare a condurre una vita quanto più normale possibile.
Dall'altro lato, quello più tra virgolette commerciale, invece, il progetto più ambizioso è probabilmente quello dell'azienda Neuralink.
Dopo aver ricevuto l'autorizzazione della FDA, l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici, l'azienda ha qualche settimana fa impiantato per la prima volta il suo dispositivo nella calotta cranica di un paziente, volontario e umano.
E i risultati, che già sembravano promettenti nei test condotti sugli animali, stanno venendo confermati.
La BCI di Neuralink, infatti, riesce a registrare correttamente i segnali celebrali e i pattern di attivazione dei neuroni all'interno del cervello.
Il dispositivo sarà poi connesso tramite Bluetooth allo smartphone o a un tablet o a un PC, che riceverà i comandi direttamente col pensiero.
L'obiettivo iniziale di Neuralink, infatti, è proprio quello medico, ossia restituire ai pazienti, con danni neurologici, la possibilità di interagire con i dispositivi elettronici.
Nulla vieta, però, che in futuro, con una conoscenza maggiore del nostro cervello, si aprano una serie di possibilità, tra cui quella di poter interagire direttamente con altre persone o estendere le capacità cognitive umane.
Ovviamente, come abbiamo accennato poco fa, tutto questo porta ad implicazioni etiche e sociali immense.
Questa tecnologia, che è ancora agli esordi, ha la potenzialità di cambiare radicalmente il rapporto tra l'uomo e la macchina.
E per questo dobbiamo ringraziare le tecnologie come il neuroimaging, che ci permettono ogni giorno di comprendere sempre meglio come funziona il nostro cervello e risolverne uno alla volta i più grandi misteri.
È fondamentale, dunque, che lo sviluppo delle interfacce neurali avvenga con moltissima cautela e in modo del tutto responsabile, riflettendo attentamente sui benefici, ma soprattutto sui pericoli di queste innovazioni.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia.
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