
Abbiamo dedicato diverse puntate per parlare e approfondire il tema dei dati che ognuno di noi produce, sia su Internet, ma anche nelle azioni quotidiane. Nell’ultimo periodo sta prendendo sempre più piede un nuovo modo di usare queste enormi quantità di dati, cioè l’Internet of Behavior, che racchiude in sé una vasta gamma di tecnologie e ambiti che collaborano tra loro, dall’Internet of Things, all’analisi dei dati e all'intelligenza artificiale, alla psicologia. Nella puntata di oggi cercheremo di capire qual è lo scopo di questa tecnologia.
Nella sezione delle notizie parliamo dell’esclusione della Russia dal laboratorio del CERN, dell’evento Apple in cui è stato presentato il nuovo Mac Studio e infine del compimento della prima fase dello Switch Off TV in Italia.




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Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi parleremo di Internet of Behavior, cioè cercheremo di capire come i dati che produciamo possono predire i nostri comportamenti e se questo può essere un vantaggio o anche uno svantaggio.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast oppure direttamente sul nostro sito.
Sulla scia delle pesanti sanzioni che numerosi stati hanno introdotto contro la Russia, il CERN di Ginevra ha deciso di sospendere a quest'ultima lo status di osservatore.
In particolare, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, che ha portato alla vittoria di tre premi Nobel in questo campo, è composto da 23 nazioni europee, mentre nazioni come Giappone, Stati Uniti e Russia, che hanno portato numerosi contributi alla ricerca scientifica, hanno appunto lo status di osservatori e possono quindi lavorare nel laboratorio ma senza potere decisionale.
La proposta di sospendere la Russia come osservatore viene da 40 ricercatori ucraini ed è stata accolta da tutte le 23 nazioni che compongono il consiglio.
Tuttavia, dalla sua fondazione, il CERN ha sempre voluto distinguersi come ponte tra Oriente e Occidente, anche durante la Guerra Fredda, per creare un centro di pace tra le nazioni sotto la bandiera della scienza.
Per questo motivo, università e istituzioni russe possono ancora contare sulla collaborazione col CERN, così come molti dei mille ricercatori russi, che da decenni hanno contribuito alle più grandi scoperte dell'ultimo secolo.
Questa settimana si è tenuto il primo evento Apple dell'anno, l'evento ha avuto come focus principale il SoC M1, che ora sarà il cuore anche dei tablet di fascia media, gli iPad Air, probabilmente in vista di un futuro aggiornamento software che permetterà di utilizzare le app professionali per Mac anche su questi dispositivi.
Ma la vera novità è stato il MacStudio, sempre basato su chip M1, nello specifico M1 Max, già presentato negli scorsi mesi, e la novità dell'evento, M1 Ultra, nato dall'unione di 2 M1 Max e che rende possibile una potenza e una versatilità mai viste prima in un PC di queste dimensioni.
Per dare un'idea, la versione più potente di MacStudio può riprodurre 18 stream di video ProRes a 8K.
MacStudio batte tutti i record anche per quanto riguarda la memoria grafica su un sistema desktop, con memoria unificata fino a 64 GB su sistemi con chip M1 Max e fino a 128 GB su quelli con M1 Ultra.
La scheda grafica per Workstation più potente disponibile oggi offre soltanto 48 GB di memoria per video.
Perciò, avere a disposizione così tanta memoria è una vera rivoluzione per i flussi di lavoro professionali.
MacStudio parte da 2.349 euro per la versione M1 Max e 4.649 euro per la versione M1 Ultra, con la possibilità di arrivare a una configurazione completa a circa 8.000 euro.
Si tratta di prezzi altissimi se si confrontano con i dispositivi per i normali consumatori, ma questo PC è pensato per ambienti altamente professionali e il rapporto prestazioni-prezzo di questo dispositivo è molto superiore a quello dell'attuale Mac Pro venduto dalla stessa Apple.
Ad ottobre 2021 era avvenuta la prima dismissione della codifica MPEG2, correlativo a passaggio a DVB-T MPEG4 di solamente 15 canali televisivi.
Con lo scorso 8 marzo, invece, è stata completata questa prima transizione al nuovo formato multimediale, la quale ha riguardato i principali canali RAI, ovvero RAI 1 e RAI 2, e tutti i restanti delle altre emittenti televisive, tra cui La 7, i canali di Discovery e quelli di Sky Italia.
Come molti avranno notato, questa prima fase dello Switch-Off TV, che si concluderà solamente nel 2023, ha richiesto una risintonizzazione del nostro televisore, attraverso la quale tutti i canali HD che vengono trasmessi in MPEG4 sono stati riposizionati tra i numeri 1 e 9, e dal numero 20 in poi del telecomando.
Il passaggio avvenuto l'8 marzo, infine, è stato uno dei più importanti in merito alla transizione verso la nuova TV digitale, in quanto ha di fatto tagliato fuori tutti quei televisori che supportano solamente la visione di programmi non HD, anche se alcuni di essi rimarranno comunque visibili per un certo periodo nelle numerazioni al di sopra del 500.
Dal 2019, da quando abbiamo iniziato questo podcast, ci siamo soffermati e abbiamo approfondito più volte il tema dei dati che ognuno di noi produce, sia su internet ma anche nelle azioni quotidiane, dati che poi vengono utilizzati dalle aziende in diversi modi, anche se il fine principale è quello chiaramente commerciale.
Nell'ultimo periodo, però, sta prendendo sempre più piede un nuovo modo di utilizzare le enormi quantità di dati che ogni giorno ognuno di noi produce, e a cui, tra l'altro, avevamo accennato nella puntata "Cosa spettarsi dal 2021".
Quello di cui stiamo parlando è l'Internet of Behavior, che racchiude in sé una vasta gamma di tecnologie e ambiti, dall'Internet of Things, all'analisi dei dati e all'intelligenza artificiale, alla psicologia.
Lo scopo? Tracciare il comportamento degli utenti e di ognuno di noi attraverso i dati che produciamo, ed usare queste informazioni, ad esempio per creare esperienze utente personalizzate, o modificare il comportamento degli stessi utenti o della popolazione, e così via.
E la lista si allungherà negli anni, man mano che si troveranno nuovi modi per usare questi dati, man mano che gli stessi dati che produciamo ogni secondo aumenteranno col tempo.
Per fare un esempio, nel 2021, l'anno scorso, nel mondo c'erano poco più di 23 miliardi di dispositivi connessi tra telefone, computer, stampanti, tv, ma anche tutti quei dispositivi che vanno a costituire l'Internet delle cose, le smart home o le smart city.
E proprio questi ultimi rappresentavano la metà dei dispositivi totali connessi a Internet, dove ognuno di essi si occupa di fornire servizi, ma soprattutto di raccogliere e elaborare le informazioni che lo circondano.
Nel 2025, la stima è che, dai 23 miliardi del 2021, i dispositivi connessi saliranno a 34 miliardi e saranno in prevalenza dispositivi Internet of Things.
E come dicevamo, la IoT è fondamentale per la crescita dell'Internet of Behavior.
Ma in sostanza, che cos'è l'Internet of Behavior? Ma soprattutto, che impatto sta avendo e avrà nelle nostre vite quotidiane? In sostanza, Internet of Behavior, come accennato poco fa, è una combinazione di diverse tecnologie.
Prima e fra tutti, appunto, l'Internet of Things, che si occupa di raccogliere i dati o, come vengono chiamati i big data, processarli, analizzarli e capire, ma soprattutto prevedere, il comportamento dell'utente.
Dati che poi possono essere raccolti da diverse fonti, anche molto diverse tra loro, come la cronologia delle ricerche, il modo in cui utilizziamo il computer o lo smartphone, le nostre abitudini, spostamenti e così via.
In questo senso, le app che installiamo ogni giorno sui nostri dispositivi, o i dispositivi stessi che usiamo e indossiamo come smartwatch o smartband, sono fonti pressoché inesauribili e costanti di informazioni su cosa facciamo, dove andiamo, qual è il nostro stato di salute e molto molto altro.
E chiaramente questo è il prezzo da pagare per avere servizi gratuiti e fatti su misura per noi.
E parlando meramente dell'aspetto commerciale, è proprio questa la parola chiave che rende l'Internet of Behavior diverso dai modelli di business precedenti.
Al momento infatti grandi e piccole aziende cercano di capire cosa piace la maggior parte dei clienti per poter, ad esempio, creare prodotti più vendibili o che in generale vengano apprezzati di più.
In questo caso però si effettuano principalmente delle stime, tramite test a campione, analisi prettamente euristiche o giudizi raccolti da un ristretto gruppo di clienti.
Grazie all'Internet of Behavior invece, l'azienda può con certezza conoscere il comportamento e le preferenze potenzialmente di ogni singolo cliente, e creare quindi un'esperienza personalizzata per ognuno di loro e migliorare così i servizi offerti.
I dati che continuamente produciamo e continuamente vengono raccolti quindi non vengono per così dire sprecati, ma anzi si trasformano in benefici per l'azienda, che può vendere prodotti migliori e più apprezzati, e per i clienti, che si trovano costantemente soddisfatti.
Il retro della medaglia però è che le aziende non solo possono prevedere il comportamento dei clienti e adattarsi di conseguenza, ma andando nella direzione completamente opposta, possono attuare delle campagne di marketing volte a modificare proprio il comportamento, le esigenze e le preferenze degli utenti, e quindi influenzando le loro scelte.
Un esempio di Internet of Behavior applicato proprio nel mondo del marketing lo possiamo trovare, ad esempio, nelle pubblicità fornite da Google o Facebook.
Questi due colossi del web possono infatti contare su numerosi dati raccolti dagli utenti e possono quindi capire le loro preferenze e mostrare pubblicità mirate e scelte proprio in base agli interessi di ognuno di noi.
In generale, quindi anche facendo riferimento alla puntata di qualche settimana fa dedicata al design, l'Internet of Behavior può essere sfruttato, e in futuro sarà fondamentale, per creare esperienze e interfacce personalizzate per ogni utente.
Questo ovviamente è il principale ambito in cui l'Internet of Behavior viene applicato al momento, ma in futuro questa tecnologia verrà sfruttata sempre di più anche per altri scopi, non solo commerciali.
Vediamo qualche esempio.
L'azienda americana BMC ha realizzato un'app per smartphone che permette di tracciare la propria dieta, la qualità e le abitudini del sonno, il livello di glucosio nel sangue o il battito cardiaco, dati che se ben gestiti, come in questo caso, possono essere di grande supporto per aiutare l'utente a migliorare il suo stile di vita, ad esempio fornendo dei consigli sui comportamenti da adottare per migliorare la propria salute e vivere meglio.
Altri esempi, sempre rimanendo nell'ambito della salute o della sicurezza, sono le app per monitorare il distanziamento sociale usate durante la pandemia e che hanno modificato le abitudini di milioni di persone.
Allo stesso modo, poi in futuro si potranno utilizzare i nostri dati per adattare le cure mediche ad ogni paziente e fare quindi un passo in più verso quella che è la medicina personalizzata o di precisione.
Per quanto riguarda invece il settore dei trasporti, automobilistici in particolare, Uber utilizza i sensori IoT e i dati sui guidatori e sui passeggeri per fornire ai clienti esperienze migliori e studiate per ogni utente.
Allo stesso modo, Ford sta facendo uso dell'Internet of Behavior per sviluppare auto a guida autonoma che cambiano lo stile di guida, ad esempio in base alle città, dopo aver analizzato i comportamenti e le abitudini delle altre auto, dei cittadini, dei ciclisti e così via.
Sempre rimanendo in tema di automobili, l'Internet of Behavior può risultare di grande aiuto nel settore assicurativo, appunto per monitorare i guidatori e identificare ad esempio a chi attribuire la colpa di un incidente o ancora per prevenire guide sotto effetto di stupefacenti o in stato di ebrezza, proteggendo così sia i guidatori sia gli altri cittadini.
Un altro campo in cui l'Internet of Behavior può fare la differenza, poi, riguarda l'amministrazione di un paese.
Conoscere i comportamenti e le abitudini dei cittadini può infatti migliorare la qualità dei servizi pubblici, prevenire il crimine e migliorare quindi in generale l'intero sistema paese.
Arrivati a questo punto della puntata, dopo tutti questi esempi su come l'Internet of Behavior può essere applicato a diversi aspetti della nostra quotidianità, è legittimo chiedersi quanto questa tecnologia sia giusta a livello etico e quanto soprattutto limita o interviene nella libertà di ognuno di noi.
Quando si parla di dati personali e sensibili, infatti, c'è sempre una certa preoccupazione da parte sia delle istituzioni sia degli utenti.
E se come in questo caso si tratta di tracciare e addirittura modificare il comportamento e le abitudini dei cittadini, questa situazione può portare subito alla mente scenari distopici, come quelli raccontati da George Orwell in 1984.
Fortunatamente le principali istituzioni tra cui l'Unione Europea hanno molto a cuore la privacy dei cittadini.
Come abbiamo ribadito diverse volte, esistono leggi e normative come il GDPR che regolano proprio i diritti e il comportamento che qualsiasi azienda deve seguire quando tratta dati sensibili.
Per fare qualche esempio, ogni utente ha il diritto di richiedere la cancellazione dei propri dati o sapere esattamente quale informazione su di noi un'azienda ha in possesso.
Rimane quindi una nostra esclusiva scelta, appunto decidere se affidare e regalare certe informazioni per ottenere più servizi oppure tenere nascoste queste informazioni in cambio di maggiore sicurezza.
Per concludere, dunque, l'Internet of Behavior è uno strumento tanto potente quanto pericoloso.
Da una parte, come abbiamo visto, i dati che ogni secondo produciamo e vengono raccolti da app, smartphone o dispositivi IoT possono fare la differenza e possono essere sfruttati non solo a fini commerciali, ma anche per migliorare la sicurezza e la salute dei cittadini, attraverso servizi e soluzioni personalizzate e su misura per ogni utente.
Dall'altra parte, queste informazioni sono in mano ad aziende che devono essere consapevoli dell'importanza dei dati che raccolgono e devono quindi fare tutto ciò che è necessario per proteggerli, soprattutto in un periodo in cui i cybercrimini e gli attacchi hacker sono sempre più all'ordine del giorno, il rischio che certe informazioni sempre più sensibili diventino di dominio pubblico è sempre più elevato.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia.
Io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
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