
L'idea che lo smartphone ci ascolti di nascosto è diventata una sorta di leggenda metropolitana digitale. Tutti, almeno una volta, abbiamo avuto la sensazione di parlare di qualcosa e poi vederla spuntare in una pubblicità sui social pochi minuti dopo. Ma da dove nasce questa convinzione così diffusa? E cosa c'è di vero? In questa puntata facciamo un po' di chiarezza per capire come funziona davvero la personalizzazione pubblicitaria, quali meccanismi cognitivi, tra cui l’apofenia, ci portano a credere che ci sia un "grande orecchio" sempre in ascolto e quali sono invece le tecnologie e i dati reali su cui si basano gli algoritmi. Per farlo, abbiamo invitato Lorenzo Viscanti, ingegnere e fondatore di Mapendo, azienda che si occupa di pubblicità contestuale per app, non usando i dati personali dell'utente.
Nella sezione delle notizie parliamo della prima legge nazionale sull'IA approvata alla Camera dei deputati e del rapporto MobilitAria 2025 che rivela la preoccupante situazione dello smog nel nostro paese e le possibili soluzioni, anche tecnologiche.



Brani
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Gli algoritmi confrontano i nostri dati impliciti ed espliciti, le nostre azioni implicite ed esplicite con quelle di milioni, miliardi di altre persone e possono fare delle associazioni che non hanno alcun senso logico se sono viste da noi, ma poi nel confronto col comportamento di centinaia di milioni di altre persone invece hanno un senso logico.
Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi parleremo della convinzione diffusa che lo smartphone ci ascolti di nascosto per proporci pubblicità personalizzata, cercando di capire cosa c'è di vero dietro a questa affermazione.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina, su Spotify, Apple Podcast, YouTube Music oppure direttamente sul nostro sito.
Il Dipartimento per la Trasformazione Digitale ha negli ultimi anni lavorato per realizzare un disegno di legge volto a normare l'utilizzo dell'intelligenza artificiale in Italia, in linea con il recente AI Act europeo.
Il DDL è stato approvato lo scorso 20 marzo in Senato ed è stato ora approvato alla Camera con alcune modifiche.
Ciò significa che il DDL passerà ora nuovamente al Senato per una, teoricamente, ultima approvazione, prima della promulgazione e poi la successiva entrata in vigore.
Una modifica apportata dalla Camera, ad esempio, è stata l'eliminazione dell'articolo che prevedeva l'ubicazione in Italia dei server, considerata troppo limitante.
Rimane comunque obbligatoria l'ubicazione dei server in Europa, come stabilito dal GDPR.
Verrebbe poi introdotto il reato di illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con l'IA, chiaramente se effettuati ai danni di altri.
Nel DDL viene citato anche il diritto d'autore, che verrebbe garantito anche per le opere realizzate con l'IA che derivano da lavoro intellettuale umano.
Per il tema della sanità, invece, è consentito l'utilizzo di sistemi IA a supporto dei medici o del personale sanitario, ma con la decisione finale che spetta sempre a questi ultimi.
Per quanto riguarda il lavoro il Ministero degli Interni istituirà un osservatorio per definire strategie di utilizzo della tecnologia nell'ambito lavorativo, tuttavia non viene fatto riferimento sull'impatto che l'intelligenza artificiale avrà sui posti di lavoro.
Infine, nel DDL si affida la responsabilità di controllo dei sistemi IA all'Agenzia per l'Italia Digitale e all'Agenzia per la cybersicurezza nazionale.
I temi sono decisamente molti, segno che l'IA ha veramente toccato ogni ambito della quotidianità e con questo DDL l'Italia si appresta ad essere il primo paese europeo a dotarsi di una legge nazionale in materia, cercando di proteggere i dati dei cittadini e la sicurezza nazionale.
Il Rapporto MobilitAria 2025 ha rivelato una situazione critica per la mobilità italiana.
L'Italia infatti detiene il primato negativo europeo per il tasso di motorizzazione e deccessi prematuri da inquinamento atmosferico, con quasi 50.000 morti annui per PM2.5.
Nel 2024 in particolare si è registrato un preoccupante ritorno all'uso massiccio dell'automobile, con densità veicolare 2,5-4 volte superiore ai livelli sostenibili nelle grandi città.
Non sono mancati però segnali positivi: Bologna, grazie all'introduzione della "Città 30", ha visto una riduzione del 35% del biossido di azoto.
Sulla scia di questo esempio, il blocco dei diesel Euro 5, previsto per il 1 ottobre 2025 in diverse regioni del nord Italia, per i comuni con più di 30.000 abitanti, è un nodo cruciale.
Per mitigare però l'impatto di questa pesante misura, che colpirà moltissimi italiani, sarà disponibile la soluzione tecnologica Move-In, monitoraggio dei veicoli inquinanti.
Installando una scatola nera GPS si otterrà una deroga al blocco fisso, in cambio di un tetto massimo di chilometri percorribili all'anno.
Tra le altre proposte si vuole spingere per l'adozione di una strategia nazionale per ridurre l'uso dell'auto privata, anche se questo ovviamente richiede il potenziamento del settore del trasporto pubblico e in condivisione attraverso investimenti per reti tranviarie e metropolitane.
L'idea che lo smartphone ci ascolti di nascosto è diventata una sorta di leggenda metropolitana digitale.
Tutti almeno una volta abbiamo avuto la sensazione di parlare di qualcosa e poi vederla spuntare in una pubblicità sui social pochi minuti dopo.
Ma da dove nasce questa convinzione così diffusa e cosa c'è di vero? Oggi vogliamo fare un po' di chiarezza e capire come funziona davvero la personalizzazione pubblicitaria, quali meccanismi cognitivi ci portano a credere che ci sia un "grande orecchio" sempre in ascolto e quali sono invece le tecnologie e i dati reali su cui si basano gli algoritmi.
E per farlo ci facciamo aiutare da Lorenzo Viscanti, ingegnere e fondatore di Mapendo, azienda che si occupa di pubblicità contestuale per app non usando i dati personali dell'utente.
Benvenuto, Lorenzo.
Grazie a voi, ciao a tutti.
Quindi partiamo dalla domanda principale: perché così tante persone sono convinte che lo smartphone le ascolti?
Allora, la risposta più semplice è perché lo smartphone... gli algoritmi, i software che stanno dietro alla pubblicità sullo smartphone, sono bravi a capire quello che ci interessa.
Quindi bravi a capire quello che ci interessa vuol dire che non ci ascoltano perché non ne hanno bisogno.
Questa potrebbe essere la risposta in una frase.
Lo smartphone, ovvero i social network che noi usiamo di più, per quanto ne sappiamo fino ad ora e per quanto è sensato ragionare, per quanto è sensato pensare, non ci ascoltano in nessun modo.
Quindi possiamo stare tranquilli che il microfono non ci ascolta? No, nemmeno questo.
Poi ci possono essere dei casi, invece, in cui bisogna stare allerta per questa cosa, ma in realtà il fenomeno di cui tutti, io compreso, ci allarmiamo è che certe volte facciamo un discorso e poi guarda caso troviamo un articolo pubblicitario collegato... un annuncio pubblicitario collegato a quello che abbiamo detto.
È perché il microfono ci sta ascoltando che succede questo? Se parliamo dei principali social network non è così, semplicemente l'algoritmo è in grado di analizzare il nostro comportamento, che cosa vuol dire analizzare il nostro comportamento? Ci sono delle azioni esplicite, no? Il like, il mi piace che tu metti a una foto o il commento che tu fai è un'azione esplicita perché tu fai qualcosa.
Oppure una ricerca su Google può essere un qualcosa di esplicito.
Esatto, esatto, esatto.
Una ricerca su Google è ovviamente un sito che hai visitato, anche in seguito di una ricerca, è ovviamente qualcosa di esplicito.
Ci sono dei dati impliciti che giocano un ruolo importante, ti faccio un esempio, uno dei più importanti potrebbe essere questo: se tu, mentre stai scrollando... la mattina, sei in bagno come tutti, ti porti lo smartphone e cominci a scrollare su Instagram, rallenti qualche decimo di secondo sopra una foto
ed ecco che un algoritmo, l'esempio che faccio io, che sembra sempre un po' strano, potrebbe essere questo: io ho visto una foto di una partita di calcio di ieri, poi guardo una foto della Fontana di Trevi e l'algoritmo confronta queste due cose, che non hanno nulla a che vedere, partita di calcio e Fontana di Trevi non c'entrano una mazza una con l'altra,
confrontandolo con queste due tipologie di foto, col comportamento di migliaia di utenti, avendo semplicemente rallentato nello scroll, l'algoritmo sa che sono interessato ai sex toys.
Tu dici, ma sono tre cose che non c'entrano a nulla tra di loro.
Non è un problema, perché gli algoritmi confrontano i nostri dati impliciti ed espliciti, le nostre azioni implicite ed esplicite con quelle di milioni, miliardi di altre persone e possono fare delle associazioni che non hanno alcun senso logico se sono viste da noi, nel confronto col comportamento di centinaia di milioni di altre persone invece hanno un senso logico.
C'è proprio un nome che riguarda le scienze cognitive che descrive questo tipo di fenomeni ed è l'apofenia.
Che cosa vuol dire apofenia? È apofenia quando noi ad esempio guardiamo una nuvola e riconosciamo una faccia, è ovvio che nella nuvola non c'è una faccia ma al nostro cervello piace associare qualcosa che conosciamo, un volto o la forma di un oggetto che conosciamo a qualcosa che vediamo e che non conosciamo,
quindi questo tipo di associazioni.
Però è apofenia anche altro.
Che ne so, il calciatore che per tutta una stagione usa sempre lo stesso tipo di calzini perché dice quando porto questi vinco.
Ovviamente non c'è alcun legame, non è una cosa che sia dimostrabile, però al nostro cervello piace pensare che se tu hai vinto è perché hai portato proprio quel tipo di calzini in quella partita.
Quindi, applicata la pubblicità online, l'apofenia che cosa fa succedere? "Cavolo, ho visto questa pubblicità proprio perché tre sere fa a cena con gli amici ho parlato di questa cosa".
È vero che è così? No, non c'entra una mazza.
Tu hai visto quella pubblicità perché gli algoritmi hanno associato una serie di informazioni implicite, esplicite alla tua navigazione e hanno capito quella cosa.
Poi è ancora di più perché pensiamo che ne so io ho parlato con la mia fidanzata il prossimo weekend andiamo a sciare e mi vedo una foto di una maschera... una pubblicità di una maschera da sci dici: "cavolo mi ha ascoltato il microfono", potresti pensare questo in realtà magari lui lo ha capito da una cosa che non
c'entra niente ma magari la tua ragazza che è a casa tua ha collegato la stessa WiFi ha cercato una tuta da sci e quindi il collegamento in realtà è quello.
Ci sono mille collegamenti tecnologici che hanno senso, algoritmici, che riguardano proprio la tecnologia che hanno senso, ma al nostro cervello piace pensare che invece sia la cosa più semplice, la cosa più semplice per il meccanismo cognitivo del nostro cervello. Hanno ascoltato il microfono del cellulare.
È più facile forse da comprendere come concetto rispetto a pensare appunto la complessità di questi algoritmi che ci sono e che mettono in correlazione appunto dei dati o delle informazioni che sono completamente apparentemente distaccate l'una dall'altra e poi come dicevi di questo bias magari sono esposto al giorno a centinaia di pubblicità e faccio caso però solo
a quella specifica pubblicità che mi colpisce perché proprio ne ho parlato poco tempo prima.
Esatto, l'utente medio vede un centinaio di annunci sui social network al giorno.
Uno, che è la cosa di cui effettivamente hai parlato, è quello che noti, gli altri 99, potremmo dire, l'algoritmo si è sbagliato.
Si è sbagliato fino a un certo punto, cioè l'algoritmo dice che tu hai una buona probabilità di andare a fare la settimana bianca però magari l'algoritmo poi sbaglia.
Quindi alcuni a cui lo fa vedere non ci vanno, altri ci vanno, però diciamo tu...
quell'unico annuncio che effettivamente corrisponde a quello che vuoi fare ti attiva una serie di pensieri.
Però fammi dire una cosa, cioè magari per il nostro cervello è anche più rassicurante questo, no? Perché tu dici, mi ha ascoltato e mi fa vedere articoli per andare a sciare...
Basta non parlarne.
È una cosa semplice, basta non parlarne.
Se invece entri nell'ottica di, cavolo, analizza anche le azioni che io non penso di fare, come rallentare leggermente mentre faccio lo scroll, magari non me ne accorgo neanche.
Lui analizza quelle cose e sa tutto di me, sa quasi tutto di me, lì entri e dici è veramente un qualcosa di fantascientifico quasi, no? E allora se fosse davvero così, dice, c'è un tema di privacy esplosivo, gli algoritmi sanno tutto di noi, non devono nemmeno ascoltarci perché tanto conoscono già tutto,
quasi l'uomo... potremmo dire l'uomo non ha più libertà perché un algoritmo, un ChatGPT che uscirà tra un anno, la versione che uscirà tra un anno o due anni, mi potrà dire dimmi che cosa succederà nella mia vita il mese prossimo, dimmi che cosa succederà nella mia vita da dieci anni, dimmi quando morirò e come morirò.
Potrebbe sapere tutto l'algoritmo, quindi è più rassicurante pensare che il microfono si ascolti.
Ma quindi non esiste nessun caso dichiarato o comunque noto di smartphone, di dispositivi che ascoltano gli utenti, non se n'è mai trovato nessuno?
Un annetto fa se n'hai trovato uno, nella primavera del 2024, Cox Media Group, che era una società che faceva targeting pubblicitario, quindi ottimizzazione della pubblicità, effettivamente sfruttando alcuni piccoli giochi su smartphone hanno registrato l'audio, cioè degli analisti indipendenti hanno trovato che questi giochi che erano stati infettati dal "virus",
fammelo chiamare virus, di Cox Media Group effettivamente stavano ascoltando l'audio e poi lo stavano trascrivendo, quindi questo è un caso conosciuto.
Google e Apple hanno cancellato le app che contenevano questo, chiamiamolo virus come ho detto prima, però era abbastanza limitato, nel senso che nel mondo stiamo parlando di qualche centinaio di migliaia di smartphone che ascoltavano. E comunque la cosa importante quindi... il caso c'è, non è stato fatto dai grandi social network questa cosa.
Questo ci rende un pochino più sicuri.
Esistono altri casi, magari un po' più precedenti nel tempo, che non riguardano il microfono, ma sono altrettanto pericolosi.
Cioè esistono casi di applicazioni che copiavano il contenuto dei messaggi del telefono, messaggi SMS, copiavano il contenuto della rubrica, copiavano il registro delle chiamate. Perché lo facevano? Era una sorta di raccolta dati, un po' di marketing, un po' di spionaggio, e questi sono casi che sono successi varie volte negli ultimi dieci anni,
ora i sistemi operativi sono un po' migliori, quindi dal punto di vista della sicurezza sono stati migliorati, quindi è un pochino più difficile, ma sono casi che succedono.
Poi c'è tutto un altro versante, quello dello spionaggio e dell'utilizzo del cellulare per spionaggio e sicurezza. Fino ad ora abbiamo parlato di marketing e quando io dico che non ci sono problemi, non ci sono gravi problemi, potete stare piuttosto tranquilli, mi riferisco al marketing.
Poi invece ci sono casi in cui lo smartphone, il microfono o addirittura la telecamera vengono utilizzati, ma anche la telecamera del computer, attenzione, viene utilizzata all'interno... e il microfono del computer, all'interno di tentativi di spionaggio fatti magari da agenzie statali usando dei software, dei virus super avanzati, questo assolutamente sì però è il tema spionaggio, sicurezza,
monitoraggio delle persone al fine di sicurezza, assolutamente sì. Qual è però il discrimine? Fammi dire una cosa, io non sono il Presidente degli Stati Uniti, in questo momento potremmo dire per fortuna perché è un personaggio un po' particolare, però in realtà quello a cui mi riferivo è questo...
Costa tanto fare queste attività.
Costa tanto quindi venirmi a spiare per finalità di spionaggio, non di marketing, è una cosa che costa tanto, vale la pena spendere anche solo 50.000 euro per spiare quello che io dico? Probabilmente per quanto riguarda me non ne vale la pena, per quanto riguarda altre persone ne vale la pena.
Ho detto 50.000 euro per dare un ordine di grandezza, cioè stiamo parlando di decine di migliaia di euro o centinaia di migliaia di euro, quindi è sempre: "il gioco vale la candela?", secondo me dal punto di vista dello spionaggio il 99,9% della popolazione può dormire sonni tranquilli.
E un altro tema interessante a cui pensavo mentre rispondevi a quest'ultima domanda è quello degli assistenti vocali, gli assistenti virtuali-vocali che forse hanno aiutato un po' con la loro diffusione a dare concretezza a questo bias dato che io li posso invocare con la mia voce, c'è Google, Apple, Amazon che ha il proprio assistente e che di fatto
danno un po' l'idea che essendo sempre invocabili stiano sempre all'ascolto, però in questo caso è una cosa diversa, giusto?
È una cosa un po' diversa, ed è una scelta. Io ad esempio uso assistenti vocali in casa, come praticamente tutti, non mi sono fatto problemi anche ad averne più di uno, diciamo, in ogni stanza.
È un tema secondo me abbastanza delicato cioè tu hai un dispositivo hardware il cui microfono ha una specie di interruttore automatico che reagisce a un hardware che si attiva, attiva il microfono, diciamo, ascolta solo quando tu lo chiami, tu dici: "Alexa", tanto possiamo dire questa cosa, c'è un microfono con un hardware che quando tu pronunci quella parola
attiva il resto del microfono e attiva l'analisi della frase successiva per poi capire e rispondere a quello che tu dici e anche trasmetterlo in remoto per analizzare quello che tu hai detto.
Sono abbastanza sicuri? Sono abbastanza sicuri perché è un hardware semplice e poi ci sono fior fiore di analisti che acquistano ogni tipo di questi dispositivi e cercano di "hackerarli" per analizzarli, non hackerarli per installare qualcosa di malevolo.
Quindi se ci fossero dei bachi estremamente facili da sfruttare sarebbe già stato fatto e sarebbe già noto a tutti quanti.
Però comunque c'hai un dispositivo il cui codice sorgente non è disponibile a tutti, quindi potrebbero esserci dei problemi nel suo codice sorgente, problemi che qualcuno malevolo ha identificato e qualcuno malevolo si è infilato lì per ascoltarci.
Quindi non c'è ombra di dubbio che tu che hai un dispositivo di questo tipo hai in camera un microfono che potrebbe rappresentare dei problemi, ma esattamente, più o meno esattamente allo stesso modo come hai un portatile con una webcam che qualcuno, mentre lo usi, potrebbe attivare.
Quindi un rischio, un piccolo rischio c'è, sta a noi pensare se vale la pena di correre questo rischio, cioè il nostro assistente vocale in casa ci aiuta più di quanto è il rischio di privacy? Oppure potrei dirti una cosa: un'altra cosa che potrebbe succedere è viene violato il sistema dell'assistente vocale che ha le registrazioni audio e qualcuno
ruba miliardi di registrazioni di quello che noi abbiamo detto in camera. Io penso e dico: senti ma se qualcuno entra in possesso dei file audio di tutto quello che io ho detto in camera da letto negli ultimi sei mesi è una roba che qualcuno può usare contro di me? Decidi tu, non saprei cosa dire.
Per me ti direi che un po' se penso a questa cosa qualcuno mi ruba tutti quegli audio dico: "cavolo oddio no, no non deve succedere" poi dopo ci ragiono un po' e dico: no siamo in una fase della tecnologia, degli assistenti vocali, dell'intelligenza artificiale in cui è più importante l'aiuto che mi dà l'assistente vocale rispetto a... devo
Devo fare in modo che non ci sia un microfono nella mia camera da letto o nella mia cucina che ascolti quello che io faccio.
Ti dico, chi se ne frega, va bene anche se posto che è difficile che diventi pubblico, anche se diventasse pubblico ci fosse qualcuno che se li vuole ascoltare tutti, io non muoio, non succede nulla di grave.
Posto che è un caso estremamente remoto, dai, secondo me.
Invece la conversazione in sé cioè il contenuto che... cioè quello che dico io all'assistente vocale viene utilizzato per fini di marketing?
Allora, questo è un tema un po' più spinoso secondo me, allora non viene usato per fine di marketing, questo dicono le policy di privacy dei vari assistenti vocali.
Dico una cosa mia, che però è un pensiero mio, io ad esempio il collegamento tra Whatsapp e Facebook/Meta, come proprietario di Whatsapp, che possa in un qualche modo usare dei dati, non i testi dei messaggi, perché i testi dei messaggi sono esclusi da questo, che però possa usare, che ne so, la rubrica, il numero di volte che io apro l'app, eccetera, eccetera,
per in un qualche modo, in modo anonimizzato, ma non troppo, fare del targeting pubblicitario, è un qualcosa di cui non sarei totalmente sicuro, però anche qui se usasse i miei messaggi per fare target in pubblicitario sarei molto preoccupato, se usa qualche informazione che viene dalla rubrica ti dico, è un qualcosa che posso permettere, non mi danneggia troppo, quindi non mi preoccuperei troppo.
In alcuni casi sì, torno ad esempio di Alexa, se tu ad Alexa dici dimmi il prezzo di biciclette pieghevoli e poi dopo ti ritrovi le pubblicità di biciclette pieghevoli sull'e-commerce che ha prodotto Alexa e poi ti ritrovi la pubblicità delle biciclette pieghevoli, non di lamentare.
Sì, certo. Poi da lì in realtà posso anche direttamente acquistarla molto probabilmente la bici dell'assistente, ecco.
E quindi qual è il ruolo che gioca l'intelligenza artificiale e le scienze cognitive nel personalizzare la pubblicità? Ci fai anche qualche esempio molto pratico di come vengono fatte le correlazioni?
Allora, intanto ti faccio una battuta: tutti gli esempi che io posso farti sono esempi che... è anche questa è un'apofenia, no? Al nostro cervello pensare che la Fontana di Trevi viene associata ai sex toys è una cosa che ci fa ridere, in realtà per un algoritmo...
l'algoritmo non sa che cos'è la Fontana di Trevi e non sa che cosa sono i sex toys.
Sono semplicemente due categorie che sono avvicinate senza dare un senso a quei due prodotti, no? Quindi possono essere correlati o possono non essere correlati, che ne so...
l'albergo in montagna e la maschera da sci sono ovviamente correlati dal punto di vista del ragionamento del nostro cervello fanno parte della stessa attività che è il weekend a sciare.
Per un algoritmo non c'è nulla di correlato, quindi l'algoritmo non associa... associa semplicemente diciamo una cosa che chiama "x2" con una cosa che chiama "y3", poi noi nel nostro cervello diciamo: "a cavolo guarda che dati è riuscito ad associare" e quindi ci diamo un senso.
Però gli algoritmi quello che fanno è molto semplice, sostanzialmente raccolgono quei dati espliciti e impliciti di cui parlavamo poco fa del mio comportamento nel tempo, quindi ovviamente il comportamento recente ha un valore maggiore rispetto a quello che ho fatto un anno fa perché i miei interessi cambiano nel tempo
e mi associano a un numero infinito, un numero estremamente elevato di categorie, quindi io sono quello che è interessato alla settimana bianca, quello che è interessato alla cioccolata fondente, quello che è interessato ad un'automobile SUV e quello che è interessato alla pallacanestro.
Faccio un esempio, no? E a quel punto mi mostrano della pubblicità collegata.
Poi alla loro volta sanno che magari la pallacanestro è interessata al concetto dei sneakers, è collegata al concetto di sneakers, quindi fanno una serie di espansioni di questo tipo.
Invece se lo guardo dal punto di vista delle scienze cognitive, questo secondo me ci fa...
intanto, se noi lo vediamo così, vuol dire che il concetto di privacy non esiste più, no? Il potere dell'analizzare quello che io faccio implicitamente ed esplicitamente, confrontarlo con il comportamento di centinaia di milioni di altre persone può dire tutto di me, quindi ti facevo l'esempio prima, è un po' fantascientifico, però
analizzando il mio comportamento online dagli 0 ai 18 anni, l'algoritmo potrebbe dire - e questo è un esempio fatto apposta per impressionarci un po' - però in realtà è così, l'algoritmo mi può dire con chi mi sposerò, o l'algoritmo può dire i miei orientamenti sessuali, l'algoritmo può dire se nella mia vita mi interesserà andare a vivere in un'altra nazione.
Sono tutte cose che l'algoritmo potrebbe fare, quindi...
allora intanto c'è la cosa fantascientifica, l'algoritmo sa tutto di noi, un po' potremmo tirar fuori degli autori come Philip K. Dick o Asimov che 70 anni fa, 80 anni fa, 100 anni fa parlavano di queste cose e un po' ci hanno preso.
Adesso ne ho citati due perché sono i primi, i più vecchi che parlavano di queste cose e non avevano idea di cosa sarebbe stata l'intelligenza artificiale, però quando loro parlavano di capacità di analizzare il futuro, prevedere quello che l'uomo sarebbe stato il futuro della persona con dei software facevano qualcosa di questo tipo, ma un po' potrei dirti che anche il film "2001: Odissea nello spazio",
quando l'astronauta parla col computer, è un po' un ChatGPT...
parla di qualsiasi argomento è un po' un ChatGPT, ma ovviamente non c'era nulla del genere, ma la letteratura ha in un qualche modo visto quello che poteva, quello che sarebbe arrivato 50-70 anni dopo.
Come hanno fatto? Io non ne ho la più pallida idea come hanno fatto questi autori a capirlo.
Andando fuori dalla parte fantascientifica, ma un po' più quella delle scienze cognitive, secondo me di scienze sociali, questo va quasi all'educazione civica, perché riguarda un po' la libertà delle persone, il concetto è che non esiste più privacy.
Le informazioni che noi diffondiamo in rete, tutte quelle di cui abbiamo parlato, implicite, esplicite, fatte da altre persone, eccetera, eccetera, raccolte nel tempo, dicono tutto di noi.
Quindi c'è qualcosa di te che è protetto e segreto? Secondo me non c'è nulla. Per un algoritmo non c'è nulla di segreto riguardo alla tua vita, anche la cosa per te più segreta che c'è per un algoritmo non è segreta.
E quindi in realtà noi più che preoccuparci del microfono che ci ascolta dovremmo preoccuparci del fatto: ma la mia privacy esiste ancora o non esiste? Qualsiasi attività che io faccio online è in realtà un'attività pubblica non è un'attività privata.
Certo, e alla luce di tutto quello che ci hai detto finora, che rappresenta una fotografia del presente, dello stato attuale, di quello che è appunto il rapporto tra il microfono o comunque l'ascolto di quello che diciamo e la pubblicità che ci viene proposta, essendoci anche dei limiti tecnologici nel fare questo, perché appunto è dispendioso anche in termini di capacità computazionale
elaborare una grande quantità di audio e fare un lavoro di trascrizione di questo audio per capire qual è il contesto di un discorso e quindi proporre eventualmente appunto della pubblicità che si riferisce a quella conversazione, non pensi però che alla luce del miglioramento, anche grazie a pensiamo lì a generative, a tutti quei sistemi di "speech to text",
quindi sistemi che grazie all'intelligenza artificiale riescono a trascrivere una conversazione, un parlato, con una qualità molto più elevata, non pensi che alla luce di questo in futuro potremo vedere un utilizzo ai fini pubblicitari anche di quello che diciamo? Pensando ad esempio ad un costo minore per fare un'attività di questo tipo.
Quindi costando meno magari potrebbe diventare interessante per le aziende, per i social network, utilizzare un approccio di questo tipo oppure già oggi le correlazioni che vengono fatte tra informazioni, dati raccolti in contesti diversi che appunto poi vengono correlati per capire quale pubblicità proporci
è già a un livello così elevato che diciamo lo step, il passaggio dell'ascoltare quello che diciamo e quindi quello che potenzialmente potremmo volere è superato, è superfluo, non serve?
Fin d'ora non l'hanno utilizzato un po' per le norme, diciamo, le leggi che magari non tutti rispettano, ma in un qualche modo hanno un loro valore.
Quindi questo è il tema numero uno.
Poi c'è il tema che io dico di infrastruttura, cioè i server che devono trascrivere tutte queste ore di audio costano troppo per trascrivere ore, ore ed ore.
ChatGPT è super bravo, le funzioni vocali di ChatGPT secondo me sono quelle più interessanti guardando in avanti, che diventeranno più interessanti, però quanto le usi? Pochi minuti al giorno. Non ascolta tutti gli utenti per 24 ore su 24, quindi la quantità di dati è un pochino diversa.
Che cosa sarà di qui a due o tre anni? Chiediamolo a ChatGPT, non a me.
No, scherzo.
Il costo va verso il basso, quindi anche passare ad ascoltare e ad analizzare ventiquattro ore di audio nostro, magari tra due o cinque anni non costerà nulla, mentre ora ha un costo che è un po' rilevante ancora.
Come si fa a quel punto? Io ti dico che non lo sappiamo, le leggi faranno qualcosa, però le leggi arrivano sempre a ritardo, leggi e norme arrivano sempre a ritardo e poi vengono aggirate quindi sono importanti fino a un certo punto.
Secondo me la difesa maggiore è questa, cioè se ChatGPT non è un prodotto fatto per venderti pubblicità, non farà questo perché non è quello che gli interessa economicamente.
Quindi il modello a pagamento di ChatGPT, quindi loro fanno un servizio per venderti un abbonamento su quel servizio è quello che ti garantisce che non questi dati, anche quando sarà possibile, non verranno tutti utilizzati per la profilazione.
Cosa succede se poi, un po' come ha fatto Netflix, mettendo la pubblicità, l'abbonamento a prezzo ribassato con la pubblicità, cosa succede se ChatGPT invece di darci un abbonamento a 20 euro al mese, 22 euro al mese, ci dà un abbonamento, ottieni lo stesso servizio a 3 euro al mese, però ci dai dati per fare la profilazione pubblicitaria a partire dal tuo audio?
E lì ritorniamo un po' nella fantascienza, no? Siamo disposti noi a cedere tutto il nostro spazio privato per pagare meno l'assistente vocale di ChatGPT? Probabilmente io potrei dirti che la maggior parte delle persone dice a me non me ne frega niente, va bene, fai pure.
Ci sono, come in tutte le conversazioni delle cose private nelle mie, ma preferisco risparmiare 15 euro al mese piuttosto che tenere le informazioni private per me.
Quindi diventerà una scelta, fami usare un termine brutto e poi poco da ingegnere, perché sono ingegnere, però ti dico che diventa una scelta etica e morale a quel punto delle persone: qual è il limite della tua privacy? Però ti faccio un esempio, no? Per me, io vedo molto spesso dei ragazzini, secondo me, i ragazzi, età
14-18, ad esempio li vedo che... non so se è mai capitato anche a te di vedere questa cosa si gira moltissimo con la condivisione della posizione sempre attiva con i propri amici. Quando il sabato pomeriggio sei in giro hai la condivisione della posizione attiva e in un qualche modo questo serve ad incrociarti quando vai
in centro della tua città il sabato pomeriggio, no? Se tu lo chiedi ad una persona più grande di età e gli dici: "tu vorresti condividere con tutta la tua cerchia di amici la tua posizione per tutta la giornata del sabato?", ti dice col cavolo, è una cosa mia che io non ho voglia di condividere, invece loro hanno perso questo, non è più privacy condividere la posizione con un gruppo di amici allargato.
Quindi la risposta potrebbe essere questa, cambierà il concetto di ciò che è privato e ciò che non è privato per le persone e sta già cambiando.
Perfetto va bene allora grazie Lorenzo perché è stata un'occasione molto interessante per parlare di un tema che sicuramente prima o poi ci siamo chiesti tutti quindi è stato molto interessante approfondirlo, alla prossima.
Grazie a voi, ciao.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia, io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
Per qualsiasi tipo di domanda o suggerimento scriveteci a redazione@dentrolatecnologia.it seguiteci su Instagram a @dentrolatecnologia dove durante la settimana pubblichiamo notizie e approfondimenti.
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Noi ci sentiamo la settimana prossima.