
Ormai siamo dipendenti da Internet o, per meglio dire, dai servizi che sono stati creati e diffusi proprio grazie ad esso. Tramite i servizi online abbiamo la possibilità di portare sempre con noi tantissime immagini, foto e documenti grazie al Cloud. Questo luogo, apparentemente così intangibile, è formato da oggetti materiali, i server, e che come tali possono smettere di funzionare improvvisamente. Cosa succederebbe quindi, se alcuni o molti di questi server smettessero di funzionare, o si scollegassero dal resto dell’Internet? Oggi cercheremo di capire quali sono le soluzioni per accedere ai nostri dati anche senza bisogno di una connessione.
Nella sezione delle notizie invece parleremo di Facebook, che ha deciso di non utilizzare più tecnologie di riconoscimento facciale, di una retina artificiale impiantata in Italia e infine della possibile apertura dei Supercharger di Tesla per tutti i veicoli elettrici.




Brani
• Ecstasy by Rabbit Theft
• Omen by Cartoon x Time To Talk (Ft. Asena)
Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi cercheremo di capire che cos'è un NAS e se può essere una valida alternativa a custodire i nostri dati in cloud.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a chiocciola dentro la tecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast oppure direttamente sul nostro sito.
Dopo l'annuncio del cambio di nome in meta, Facebook ha recentemente comunicato che dalle prossime settimane smetterà di utilizzare il riconoscimento facciale all'interno del social network.
Questa tecnologia, che consente di identificare i volti nelle foto o nei video suggerendo chi taggare, è stata introdotta nella piattaforma ancora nel 2010, tuttavia in seguito a diverse accuse legate alla gestione della disinformazione e ai furti di dati che ne hanno compromesso la reputazione, l'azienda di Mark Zuckerberg ha deciso di eliminare il riconoscimento facciale e l'enorme archivio costituito da oltre un miliardo di dati biometrici raccolti in quasi undici anni.
Già in passato, il riconoscimento facciale di Facebook aveva suscitato alcune perplessità, poiché in diverse aree del mondo la tecnologia si è riattivata automaticamente, senza autorizzazione da parte dell'utente.
Così, dopo essere stata costretta a pagare 150 milioni di dollari in risarcimenti, Facebook ha annunciato giovedì scorso lo spegnimento del riconoscimento biometrico, una mossa che si è rivelata vantaggiosa sia per l'utente che per la società, vista l'importanza piuttosto ridotta della tecnologia nel business complessivo di Facebook.
Il Policlinico Gemelli è stata impiantata per la prima volta in Italia una retina artificiale ad un sessantenne non vedente per causa di una malattia.
L'impianto è frutto di oltre dieci anni di ricerca della startup israeliana Nano Retina, che è riuscita a realizzare un dispositivo piccolo come la mina di una matita in grado di essere installato in solo due ore.
La retina artificiale, in pratica, va a sostituire i fotorecettori posti sotto la retina del paziente, inviando poi le informazioni al cervelletto tramite i nervi ottici.
Questo gioiello di bioingegneria, però, è ancora ben lontano dalle aspettative comuni.
Infatti il paziente non recupererà mai totalmente la vista, ma riuscirà perlomeno a percepire luci e ombre, in modo poco definito.
Per un paziente non vedente, però, già questo può essere considerato un vero e proprio miracolo.
L'impianto, infine, non è per tutti, in quanto è necessaria una meticolosa selezione sia fisica sia psicologica, per garantire che il paziente sia preparato al lungo percorso di riabilitazione e alla lenta configurazione del dispositivo attraverso un'app, per trovare i parametri migliori adatti al paziente e per permetterli di riottenere almeno in parte la vista.
Dal primo novembre è cominciata una fase di test limitata a 10 stazioni Tesla dei Paesi Bassi e qualche punto di ricarica che consente anche ai possessori di automobili elettriche e non Tesla di ricaricare il proprio veicolo.
l'idea iniziale di Elon Musk, fondatore dell'azienda, è sempre stata la volontà di diffondere la mobilità elettrica in tutto il mondo, facendo sì che sia più facile e conveniente usare un'auto a zero emissioni piuttosto che un'auto alimentata da un motore termico al di là del fatto che si tratti di un veicolo Tesla o meno.
Quella di oggi è una notizia molto interessante, perché se i test dovessero risultare positivi permetterebbero all'azienda di ampliare ancora di più la propria rete di punti di ricarica e inoltre moltissimi utenti potranno usufruire di una ricarica rapida sempre più capillare.
Per quanto riguarda il costo sia di utilizzo, sia per l'occupazione non necessaria dello stallo, i proprietari di Tesla non vedranno alcuna modifica al costo applicato, mentre i nuovi utenti avranno tariffe maggiorate di 33 centesimi per kilowattora, quindi fra i 57 e i 62 centesimi totali, salvo la sottoscrizione di un abbonamento mensile al costo di 13 euro con cui sarebbero equiparati ai proprietari di Tesla.
Ormai abbiamo detto più e più volte, internet è stata decisamente l'invenzione più rivoluzionaria degli ultimi decenni, che ha permesso di modificare radicalmente le abitudini e lo stile di vita di miliardi di persone in tutto il mondo, ha accelerato la ricerca scientifica, portato nel giro di pochi anni a numerose scoperte in diversi ambiti, reso possibile la comunicazione a migliaia di chilometri di distanza, è diventata una fonte inesauribile di informazioni e dati a disposizione sia delle persone ma anche delle macchine intese come computer e molto molto altro.
Se dobbiamo parlare di internet però bisogna anche fare luce sui suoi lati oscuri, sull'altra faccia della medaglia, la disinformazione sempre più dilagante, una sempre minore privacy, la diffusione di virus informatici con conseguenti problemi di sicurezza, il rischio che i nostri dati diventino di dominio pubblico, e anche qui purtroppo molto altro.
La verità però è che ormai siamo diventati dipendenti da internet, o per meglio dire dei servizi che sono stati creati e diffusi proprio grazie a internet.
Servizi di ricerca, enciclopedie online, servizi di archiviazione per conservare foto o documenti, siti di notizie, ma anche la possibilità di collaborare sugli stessi documenti a distanza e in tempo reale.
Servizi di videochiamate, la possibilità di fare il proprio lavoro, spesso direttamente da casa, e negli ultimi anni ce ne siamo resi conto molto bene.
E non è finita.
Sempre tramite i servizi online abbiamo la possibilità di svagarci e passare il tempo libero, ad esempio sui social network, restando in contatto con gli amici o vedere film, video o serie tv in streaming o in diretta.
In sostanza, la nostra vita è nelle mani di poche grandi aziende che forniscono, tramite internet, i loro ormai indispensabili servizi.
Quello che è stato appena descritto in pratica è ciò che viene definito cloud, nuvola.
E se a noi sembra che tutto ciò che facciamo online resti sullo smartphone, o vada a finire in qualche posto che ignoriamo, la realtà è ben diversa.
Il cloud, infatti, è in verità formato da milioni di computer, i server, sparsi in tutto il mondo che appunto si occupano di servirci e di rispondere a tutte le nostre richieste.
Il cloud è dunque formato da oggetti materiali tangibili e che come tali si possono rompere, danneggiare o smettere di funzionare improvvisamente.
E così come i chilometri e chilometri di cavi che collegano tra loro tutti questi computer.
E cosa succederebbe quindi se per un errore, per un guasto o per qualsiasi altro motivo alcuni o molti di questi server smettessero di funzionare o si scollegassero dal resto dell'internet? Beh, la risposta la sappiamo benissimo.
Siti web irraggiungibili, app non funzionanti, servizi inutilizzabili per ore e ore.
Situazioni in cui ci imbattiamo abbastanza di frequente.
Ancora di più se questi servizi sono offerti dalle grandi aziende di internet, che devono gestire miliardi di utenti contemporaneamente.
Esattamente come è capitato a Facebook qualche settimana fa, che ha lasciato tutti i suoi utenti senza Instagram, Facebook o WhatsApp, causando non pochi problemi, soprattutto a chi questi servizi sono diventati indispensabili o comunque molto utili per lavorare.
Viene dunque da chiedersi a senso fare ancora affidamento sui servizi cloud? Proviamo quindi a vedere quali alternative potrebbero esserci ai servizi offerti da Google, Facebook, Microsoft, Amazon, Netflix e dagli altri giganti web, e vedere se effettivamente vivere fuori dal cloud possa ancora avere senso.
Per avere un proprio cloud personale o privato è sicuramente fondamentale avere un computer.
Questo computer dovrà essere costantemente acceso, o per lo meno acceso nel momento in cui dovesse servirci, poi sicuramente connesso alla rete internet e ovviamente dovrà aver installate le varie applicazioni che ci forniscono i vari servizi di cui abbiamo bisogno.
Avere un computer sempre acceso e connesso però può risultare scomodo, ingombrante e anche abbastanza dispendioso in termini energetici, e proprio per questo motivo possono essere acquistati dei dispositivi pensati proprio per questi scopi.
Si passa dai mini computer come i sempre più famosi, almeno tra i più appassionati Raspberry Pi, che però richiedono qualche conoscenza in più di informatica e di programmazione fino ad arrivare ai NAS, acronimo di Network Attached Storage.
Questi NAS dunque sono dei veri e propri computer, che però hanno un'interfaccia a cui possiamo accedere da qualsiasi browser come Chrome, Safari o Firefox, e da cui possiamo gestire tutte le impostazioni, installare e configurare le varie applicazioni e soprattutto gestire tutti i file che andremo a salvare sul NAS.
Il tutto quindi, semplificando di gran lunga, l'approccio più brutale di programmare da zero tutto il necessario.
Lo spazio a disposizione poi ovviamente dipenderà da noi e da quanti e da quali hard disk compreremo, e un NAS è quindi la soluzione forse più completa per creare il proprio cloud casalingo.
Prima di tutto, infatti, avremo uno spazio personale privato dove poter caricare tutti i nostri file, documenti, foto, video, film e tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
E grazie al fatto che questo computer è connesso a internet, i file saranno accessibili da qualsiasi parte del mondo, proprio come i servizi di Google Drive o OneDrive, con tanto di possibilità di effettuare modifiche in tempo reale e collaborative.
Potremo poi organizzare le fotografie e i video in album, sempre accessibili da ovunque.
Poi ovviamente ogni NAS avrà programmi e interfacce diverse, a seconda del produttore, ma le funzioni sono più o meno le stesse.
Se invece vogliamo usare un computer o un mini computer e configurarlo da zero, uno dei programmi più completi per questo scopo è OwnCloud, che appunto offre tutte le funzioni principali e la possibilità di aggiungerle nuove con estensioni e plugin.
Su NAS è poi possibile ospitare ad esempio un proprio sito web senza dover fare affidamento a siti esterni di hosting, e quindi poterne avere un controllo maggiore ed eseguire anche programmi e servizi personalizzati, per chi è in grado di programmare o magari realizzare un proprio blog con applicazioni come WordPress.
E ancora, per chi ha dei dispositivi smart, esiste un'app chiamata Home Assistant in grado di raccogliere e gestire tutti questi dispositivi, con la possibilità di impostare scene, automazioni, programmazioni e rendere la casa più intelligente.
Una delle app più interessanti, poi, è Plex Media Server.
In breve, questa applicazione permette di organizzare la libreria di film o serie tv presenti sul NAS, sul computer, con un'interfaccia paragonabile a quella dei principali siti di streaming come Netflix.
Plex si occuperà quindi di aggiungere le cover, sistemare i titoli, aggiungere informazioni come la trama, la descrizione, gli attori, la casa di produzione e molto altro.
Si può inoltre riprendere la visione di un contenuto da dove era stato interrotto o navigare tra gli episodi di una serie tv.
Per alcuni contenuti è anche possibile scaricare in automatico i sottotitoli o vedere il trailer.
E ancora, è possibile organizzare film in collezioni o in playlist.
Ma non solo.
Grazie a Plex, tutti questi contenuti, presenti fisicamente sul NAS, sul computer, proprio come i file e i documenti di un cloud, saranno accessibili da qualsiasi altro dispositivo, che possono essere condivisi con altri utenti Plex.
Su un NAS, poi, è anche possibile installare servizi come Pie Home, in grado di bloccare per tutti i computer, smartphone connessi al wifi di casa, pubblicità, siti di tracciamento o siti malevoli.
C'è da dire, infine, che un NAS, in base a come lo configuriamo, può anche creare dei backup per evitare la perdita di file.
Finora abbiamo parlato di soluzioni più casalinghe o comunque adatte ai privati.
Tuttavia, anche un'azienda può avere interesse nell'avere, in questo caso un server vero e proprio, dove gestire in maniera riservata informazioni sui dipendenti, organizzare il lavoro, tenere i dati aziendali o ospitare il proprio sito web.
Ora che abbiamo visto effettivamente cosa significa avere un proprio server personale, sia esso un NAS, un mini computer o un computer vero e proprio, possiamo finalmente tornare a rispondere alla domanda iniziale.
Ovvero, ha veramente senso una soluzione di questo tipo? Per certi aspetti molto probabilmente sì, e sicuramente dipende molto dalle esigenze di ognuno di noi.
I principali servizi online, come Google Drive o OneDrive per l'archiviazione, saranno sempre più completi, più diffusi e di conseguenza molto più facili da utilizzare.
Un cloud personale, poi, dipende esclusivamente da un solo dispositivo, e la velocità è legata fortemente alla connessione di casa.
Dunque, in alcune situazioni, può risultare controproducente e sicuramente più facilmente soggetto a malfunzionamenti.
Più di quanto potrebbe accadere con i principali protagonisti del web.
Un NAS, poi, non costa sicuramente poco.
Ma rispetto ai servizi online, può garantire uno spazio di archiviazione molto più elevato.
Per quanto riguarda un server aziendale, se ciò che serve è principalmente un sito web, è decisamente meglio affidarsi a siti di hosting online, che garantiscono a costi anche abbastanza contenuti una soluzione più performante e più aggiornata.
Un server casalingo, però, può sicuramente tornare utile nel momento in cui dobbiamo condividere dei file tra più dispositivi connessi alla stessa rete, in quanto garantiscono una velocità nettamente maggiore ed è possibile accedere ai file anche se esistono malfunzionamenti alla rete internet.
Possono sempre tornare utili, poi, le varie applicazioni come Home Assistant, Pie Hole e Plex, di cui abbiamo parlato poco fa.
I servizi online, comunque, non verranno sicuramente mai abbandonati.
Anzi, verranno ogni giorno utilizzati da sempre più utenti e di conseguenza non spariranno nemmeno i problemi e i disservizi.
Una valida alternativa che coniughi i pregi sia di un server casalingo sia del cloud per fortuna esiste e si chiama Edge Computing, di cui avevamo già parlato in una scorsa puntata.
Tirando le somme, avere un proprio server in casa non è poi un'idea sbagliata e, se configurato bene, può in realtà col tempo risultare per alcuni aspetti anche indispensabile.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia.
Io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
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Noi ci sentiamo la settimana prossima.