
Lo scorso 13 e 14 maggio si è svolto a Milano l'AI WEEK, l'evento italiano sull'Intelligenza Artificiale rivolto a imprenditori, manager e startup. Durante l'evento, Luca Martinelli e Matteo Gallo, hanno raccolto diverse prospettive dagli ospiti presenti: hanno intervistato Marco Dalla Libera di Arsenalia sul ruolo dell'Italia nell'innovazione tecnologica, Alec Ross su come essere protagonisti attivi del cambiamento tecnologico, Danilo Poccia di AWS sul rapporto tra IA generativa e linguaggio umano e Maurizio Sanarico di SDG Group sulla vera natura dell'intelligenza nelle IA. Le interviste proseguono con Alessandra Podestà di Pfizer sulle implicazioni dell'IA in medicina, Fabio Betti di Cegeka sull'esperienza utente, Sabrina Ricci dell'ESA sul ruolo dell'IA nel monitoraggio della Terra e nella space economy e infine Filipe Teixeira di altermAInd sull'osservabilità e il rispetto dell'AI Act.
Nella sezione delle notizie parliamo delle novità per Android presentate da Google durante l'Android Show I/O Edition, con l'introduzione di Material 3 Expressive e infine di Superwood, un innovativo legno modificato con resistenza superiore all'acciaio.



Brani
• Ecstasy by Rabbit Theft
• Ride or Die by Andromedik & Pirapus (ft. Indy Skies)
Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Questa settimana abbiamo partecipato all'AI WEEK e oggi ascolteremo diversi punti di vista sull'intelligenza artificiale raccolti dai nostri autori Luca Martinelli e Matteo Gallo durante l'evento.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina, su Spotify, Apple Podcast, YouTube Music, oppure direttamente sul nostro sito.
In preparazione al Google I/O 2025, Google ha organizzato un evento, l'Android Show I/O Edition, dedicato esclusivamente alle novità del suo sistema operativo Android.
La novità più visibile è stata sicuramente l'introduzione di un nuovo linguaggio visivo, un'evoluzione del Material Design chiamato Material 3 Expressive. Il nuovo design, frutto di 46 studi e più di 18.000 utenti coinvolti per la raccolta dei feedback, è caratterizzato, come dice il nome, da un'esperienza utente più personale ed espressiva, in controtendenza
ai design minimal e freddi che caratterizzano al momento gli smartphone. Tra le novità sono stati rinnovati i font, i colori, le animazioni e un'interazione fisica più naturale grazie ai feedback aptici. Sono stati poi ridisegnati componenti come menu di navigazione e pulsanti, ora molto più grandi per guidare più velocemente l'utente nelle azioni.
Tra le altre novità presentate un aggiornamento su Gemini, che ora verrà integrato anche su smartwatch, auto, tv, cuffiette e visori, Find My Device che diventa "Find Hub" per integrare tutti i nuovi dispositivi e tag per il tracciamento e un miglioramento a sicurezza e privacy anche grazie all'IA.
Superwood, un legno modificato sviluppato da un professore dell'Università del Maryland, sta per entrare nel mercato dei materiali da costruzione.
Questo materiale è il frutto di una ricerca iniziata nel 2018 e ora è pronto per la produzione commerciale grazie alla startup InventWood, che ha raccolto 15 milioni di dollari per avviare il primo impianto industriale.
La tecnologia si basa sul rinforzo della cellulosa naturale e sulla rimozione parziale della lignina, seguita da un processo di compressione che ne modifica la struttura molecolare.
Il risultato è un materiale con resistenza alla trazione superiore del 50% rispetto all'acciaio e un rapporto peso-resistenza 10 volte migliore.
Superwood è classificato anche come ignifugo, resistente all'umidità, agli insetti e alle deformazioni.
L'impianto, che sarà operativo dalla seconda metà del 2025, inizialmente produrrà rivestimento per facciate, ma l'obiettivo futuro è stendere l'utilizzo alle componenti portanti degli edifici.
Secondo InventWood, questo materiale potrebbe sostituire fino all'80% dell'acciaio globale, riducendo le emissioni di CO2 di 12 miliardi di tonnellate annue.
Questa settimana e in particolare il 13 e il 14 maggio, si è svolto a Milano l'AI WEEK, evento italiano sull'intelligenza artificiale rivolto a imprenditori, manager e startup.
Durante l'evento, Luca Martinelli e Matteo Gallo, autori del podcast, hanno avuto modo di raccogliere diverse prospettive da alcuni degli ospiti presenti.
Sentiamo quindi cosa ci hanno raccontato.
Come primo ospite della giornata abbiamo intervistato Marco Dalla Libera, di Arsenalia, che ci ha sottolineato il ruolo centrale del nostro paese nel campo dell'innovazione tecnologica e in particolare dell'intelligenza artificiale.
Benissimo, ciao a tutti, sono Marco Dalla Libera, partner di Arsenalia.
Arsenalia è una realtà di consulenza, noi ci occupiamo di portare innovazione all'interno delle aziende, quindi il nostro obiettivo è quello di aiutare quelle che sono le aziende di mercato a raggiungere le loro ambizioni, a risolvere i loro problemi e lo facciamo mettendo insieme capacità di riunire insieme all'interno dello stesso cappello
strategia, comunicazione e soprattutto una forte componente tecnologica che ci permette quindi di andare a portare innovazione e sfruttare quelle che sono le nuove tecnologie per risolvere quelli che sono i problemi.
Una particolarità di Arsenalia è che è un'azienda che è completamente italiana, quindi va un po' in controtendenza a quello che è attualmente il mondo anche della tecnologia, che tipicamente viene dall'America, dalla Cina e invece Arsenalia si pone allo stesso livello di queste multinazionali come capacità anche di innovare.
E quindi, come sta cambiando il ruolo e anche il peso dell'Italia nel mondo nell'evolvere e nel creare innovazione tecnologica, a partire anche dall'intelligenza artificiale o da nuove tecnologie che stanno emergendo?
Ok, sì, buona domanda.
Allora, diciamo che noi comunque siamo adesso una piccola multinazionale a nostro modo, quindi abbiamo uffici in Francia, in Svizzera, in UK, in Austria e stiamo cercando di coprire quello che è il territorio europeo e facciamo comunque progetti a livello globale. Ovviamente molto spesso sono clienti europei che ci chiedono poi progetti su scala
internazionale, ma giustamente è giusto sottolineare che la nostra leadership è italiana. Devo dire che nel nostro caso il Made in Italy è ancora un valore.
Ci viene riconosciuto una capacità... va un po' contestualizzato, quindi noi non siamo l'azienda che magari sviluppa l'innovazione, ma siamo l'anello di congiunzione tra chi crea l'innovazione e chi poi la consuma, perché prendendo per esempio il tema dell'AI, in questo momento è molto difficile per le aziende
riuscire a capire come l'AI può aiutare. Gli use case sono talmente vasti, talmente gli scenari possibili sono tanti, che le aziende stesse ancora non hanno capito e metabolizzato qual è l'impatto. In questo noi abbiamo un grosso vantaggio, abbiamo il fatto del "near shoring", dell'italianità, dell'appartenenza ad un certo tipo di mercato, quindi non siamo degli attori
che da distante intervengono, ma siamo degli attori sul campo che insieme alle aziende risolvono i problemi. E l'Italia in questo momento devo dire che comunque continua a essere una nazione dove anche chi crea magari... tu citavi gli Stati Uniti, Cina, chi crea magari l'innovazione, ci vede come uno dei posti
in cui essere, perché comunque ci sono tantissimi use case, ci sono tantissime aziende interessanti, abbiamo tantissimi settori industriali che continuano a essere un fiore all'occhiello: scontata, moda, lusso, ma anche...
Si anche alta tecnologia come può essere nei semiconduttori o anche la medicina, lo spazio...
Anche tecnologia meccanica fiori l'occhiello nella chimica e in questo quindi anche i grandi produttori di software vedono nell'Italia uno dei paesi dove... siamo molto corteggiati.
Proprio perché siamo sempre uno dei mercati in cui gli use case sono molto interessanti.
Grazie a questo ci permette, nonostante magari non arrivi direttamente dall'Italia dell'innovazione, essere sempre piuttosto all'avanguardia per questo circolo, diciamo, di innovazione.
Esatto, hai citato anche che ci sono parecchi use case, puoi farci degli esempi che tra l'altro avete portato anche durante l'AI WEEK in cui voi siete stati come dicevi l'anello di congiunzione tra l'innovazione e poi il valore aggiunto che è stato portato poi all'impresa, quindi dalla creatività alla cyber sicurezza magari o anche al mondo bancario, al mondo finanziario.
Sì, beh, hai visto, no? Il nostro motto comunque è "Make AI Real", proprio perché siamo già ad un momento di maturazione dove l'AI non è il clickbait, la soluzione che sembra innovativa, che dà l'effetto WOW, ma che porta poco valore all'azienda.
Ci possono e ci sono casi d'uso eccezionali. Possiamo citare nel manufatturiero, prima abbiamo citato il lusso, abbiamo lavorato con un'altra azienda del lusso, della gioielleria, per, per esempio, automatizzare, grazie alla Computer Vision, tutto quello che è la produzione dei pezzi in microfusione e lo sdifettamento dei pezzi.
Abbiamo lavorato con un'azienda del lusso, tessile, per automatizzare anche qui lo sdifettamento dei prodotti tessili in maniera, appunto, proattiva.
Abbiamo lavorato, invece, in quello che sono, per esempio, i temi dell'adoption e quindi dell'utilizzo e della revisione anche delle organizzazioni interne alle aziende per capire bene dove l'AI poteva portare beneficio.
Che ne so, possiamo citare casi come farmaceutica, dove l'introduzione dell'AI, diciamo, da una recente poi misurazione, ha fatto risparmiare 2 o 3 ore di lavoro settimanali a ciascuno dei dipendenti.
Quindi, veramente sono tanti gli aspetti in cui si può creare impatto.
Non ultimo, poi, è anche quello della comunicazione è un po', magari, più vicino anche a quello che dicevamo prima degli effetti clickbait, quindi è stata la prima ad avere un'adoption, però adesso si sta vedendo comunque un diverso tipo di adozione votato all'ottimizzare o all'aumentare il potenziale di certi aspetti
anziché al solo effetto WOW per dire anche io ho fatto qualcosa.
Si, infatti proprio collegandoci a proprio questa cosa che hai detto quindi di non limitarsi all'effetto WOW che molto spesso le aziende lo cercano anche per questione di marketing però un'azienda che ad oggi vorrebbe affacciarsi al mondo dell'intelligenza artificiale però non sa effettivamente da come da
dove cominciare per appunto renderla reale, quindi "Make AI Real" come il motto di Arsenalia, cosa consigli appunto per approcciarsi a questo mondo che tutto sommato è nuovo, è molto recente?
Allora, da esperienza, consiglio numero uno, non aspettarsi di partire con grandi trasformazioni, Big Bang, ma invece cercare di lavorare in maniera più agile, cercare di lavorare per piccoli risultati, approssimazioni, perché non è solo un tema di tecnologia, e questa tecnologia è molto legata ai dati,
quindi un primo prerequisito è che l'azienda sia già un'azienda orientata al dato, all'uso del dato e abbia dei dati che possano poi essere consumati dalle AI, ma c'è anche un tema di adoption e soprattutto, come dicevo prima, è ancora difficile capire tutti i contesti e tutti gli use case che queste tecnologie possono sbloccare.
Una cosa che facciamo molto spesso sono workshop dove, anziché andare a fare dei corsi didattici per dire che cos'è l'AI, lavoriamo insieme ai clienti con tutti gli strumenti di service design per capire bene e cercare di capire da loro "quali sono i vostri reali problemi?", "quali sono le cose, i mal di pancia diciamo, che ancora nel 2025 vi rallentano, vi bloccano, vi danno problemi?"
e con loro cercare di capire quindi quali possono essere le soluzioni e pian pianino si arriva, si riesce a portare quindi anche il nostro interlocutore a capire meglio non tanto lo strumento in sé che magari è complesso, difficile da digerire, ma a un modo di pensare che li avvicina e capire come queste tecnologie possono aiutare.
Successivamente abbiamo intervistato Alec Ross, autore, imprenditore e professore all'Università di Bologna che ci ha spiegato come non essere semplici spettatori del cambiamento tecnologico ma essere una parte integrante.
Sono un professore, sono un autore, sono un venture capitalist e sono un americano con un'anima italiano.
E durante il tuo speech di cos'hai parlato in generale?
Io ho parlato della necessità di abbracciare il futuro e di non avere paura dei cambiamenti tecnologici e della necessità di essere i maestri di queste tecnologie invece di schiavi di queste tecnologie e l'opportunità per paesi come l'Italia di tornare in posizione come protagonista invece di essere colonizzati dagli americani o dai cinesi.
E tu sei anche professore universitario, giusto?
Sì, sono un professore a Bologna Business School.
E quindi anche poi in riferimento a quello di cui ha parlato, quindi dell'essere non solo spettatori del cambiamento, ma proprio parte integrante, in che modo anche l'università può preparare gli studenti ad essere parte integrante del futuro e di questo cambiamento, quindi per non vederlo dall'esterno, ma abbracciarlo e non rimanere indietro di fatto?
Sì, infatti dobbiamo... non deve esserci un muro tra il mondo accademico e il mondo del lavoro.
Infatti Bologna Business School ci tiene molto avere relazioni molto aperte che con lo sviluppo dei nostri studenti c'è un orientamento alla rilevanza e all'importanza del mondo del lavoro.
Per esempio a Bologna Business School abbiamo partnership con aziende come Ferrari, Lamborghini, Ducati, Coesia ed altri e quindi lavoriamo insieme per capire quali sono gli sviluppi tecnologici che stanno diventando sempre più importanti nel mondo del lavoro, nella manifattura e collaboriamo per garantirci che i nostri studenti hanno la formazione di cui si ha bisogno in questo futuro.
E euesto è il ruolo delle università e devo dire che onestamente in Italia sta migliorando sempre. Io ho visto delle belle cose ai politecnici a Torino, Milano, Bari, all'Università di Trento e tante altre istituzioni.
La velocità dell'evoluzione tecnologica, quindi lo vediamo anche con l'intelligenza artificiale che ormai ogni mese quasi c'è una novità che viene rilasciata anche da aziende come OpenAI, Claude, Mistral, questi giganti del settore che giustamente spingono verso l'evoluzione delle proprie tecnologie, vediamo che appunto c'è quasi
una crescita esponenziale nella velocità con cui la tecnologia viene migliorata, quindi questa velocità sta superando le nostre capacità, la capacità umana di adattarsi anche culturalmente a queste novità e in caso cosa possiamo fare appunto per non rimanere indietro?
Non dobbiamo pensare come i luddisti del ventunesimo secolo, ci sono stati cambiamenti più dirompenti dell'intelligenza artificiale nel passato, quando pensiamo per esempio alla meccanizzazione del mondo agricola, questo è stato più importante, quando pensiamo dell'industrializzazione.
Di seguito ci siamo focalizzati sull'ascoltare delle visioni più filosofiche ed etiche sull'intelligenza artificiale.
Prima con Danilo Poccia, di AWS, sul rapporto tra Gen AI e linguaggio umano.
AWS, Amazon Web Services, è la parte di Amazon che fornisce i servizi di cloud computing.
Noi forniamo servizi che possono essere utilizzati da aziende di qualsiasi dimensione, dalla nuova start-up fino alla grande enterprise, per costruire quelle che sono poi le loro idee e i loro prodotti, quindi da siti web, applicazioni e implementare quelli che sono i servizi che vogliono fornire ai loro clienti.
E tu nel tuo speech hai parlato di linguaggio e anche di modelli di IA generativa e in particolare voglio chiederti come il linguaggio umano ha influenzato e ha anche permesso lo sviluppo dell'IA generativa, però anche il viceversa come la Gen AI sta invece influenzando e in futuro influenzerà ancora di più la comunicazione e il linguaggio umano?
Questa è una domanda molto interessante. L'idea della mia presentazione è nata proprio da studiando questi modelli di linguaggio, vedere come il linguaggio è alla base di tutta l'intelligenza artificiale generativa degli ultimi anni.
Ma il linguaggio non ha spinto solo l'innovazione nell'intelligenza artificiale, ha anche spinto l'innovazione nell'evoluzione dell'uomo, perché se andiamo a vedere nella storia dell'umanità, man mano che la dimensione del gruppo con cui interagivamo cresceva, quello che succedeva è che il cervello doveva gestire una comunicazione più complessa e chi riusciva a farlo,
quindi probabilmente con un cervello più grosso e quindi più capace, riusciva a sopravvivere di più e a riprodursi.
E quindi c'è stata questa spinta evolutiva che in pochi milioni di anni ha aumentato la dimensione del cervello di dieci volte.
Oggi quello che vediamo è che l'intelligenza artificiale generativa ci permette di creare comunicazioni in modi molto semplici, quindi se io ho un'idea e voglio comunicarla, posso utilizzare questa interfaccia per trasformare la mia idea in un linguaggio, volendo qualsiasi linguaggio perché può tradurre molto bene, e adattare questa idea per l'audience, quindi per chi voglio destinarlo.
Questa cosa avviene molto bene e quello che succede è che adesso spesso e anche può essere quasi ironico, è che molto spesso poi usiamo anche l'idea generativa per trascrivere quello che abbiamo scritto e riassumerlo, quindi è un discorso un po' paradossale, ma l'idea è che l'intelligenza artificiale ci permette di comunicare in modo più semplice ed efficace
e soprattutto raggiunge audience che prima non erano possibili.
Successivamente, con Maurizio Sanarico di SDG Group, ci siamo chiesti se l'IA è veramente intelligente.
SDG Group è un'azienda che ha una storia abbastanza lunga, oltre 30 anni, nata in Italia, diffusosi poi in varie parti del mondo, Spagna, US, UK, Middle East e si occupa di Data Analytics.
Cosa vuol dire? Dalla cattura del dato, dai sistemi di varia natura, alla sua qualifica, all'organizzazione, fino alle applicazioni di Artificial Intelligence.
Chi sono io? Io sono Maurizio Sanarico, sono il fondatore della Practice Data Science e AI in SDG, 11 anni fa e attualmente la Practice si è trasformata in una Global Practice, vuol dire che abbiamo integrato le strutture dei vari Paesi, siamo circa poco più di 2500 persone, facciamo parte di un gruppo multinazionale più grande che si chiama Alten
e questa iniziativa di globalizzazione mette in comune sistemi di training, hiring, framework, practices e uno stream di innovazione. Io attualmente mi sto dedicando in particolare, tra le varie cose, all'innovazione, dove l'innovazione di cui mi occupo io è quella che ancora non è esistente sul mercato,
esiste nella ricerca ma non ancora nel mercato.
Diciamo, si parla molto dell'intelligenza artificiale, un tema che ormai ricorre molto spesso, però è giusto parlare di intelligenza, definire l'intelligenza? E se no, cosa manca all'intelligenza artificiale per essere veramente intelligente?
Io ho questa filosofia che alcuni condividono e altri no, sono gli entusiasti, gli scettici e i realisti.
Io penso di essere tra i realisti.
Mi occupo di AI da tantissimo tempo...
non lo dico, quando c'erano gli inverni, diciamo, le AI sono di formazione in matematico teorico e io penso che o si cambia la definizione di intelligenza o altrimenti forse bisognerebbe chiamare intelligenza aumentata perché io vedo uno strumento potentissimo, sempre più potente, sempre più pervasivo, ma è sempre uno strumento.
Quando dicono che ChatGPT o Claude o qualsiasi large language model, capiscono, è come dire che il microscopio elettronico vede le cellule, in realtà le vede l'uomo tramite lui.
Quindi se noi abbiamo come riferimento l'intelligenza umana che non sappiamo neanche definire in modo esatto, forse mancano tante cose.
Manca l'essere orientato a una finalità, io voglio fare una cosa, le macchine gli diciamo noi cosa vogliamo che facciano e anche quando c'è un agente autonomo c'è il disegno che abbiamo fatto noi, che lo vincola.
Poi non esiste la consapevolezza, non esiste l'intuito, non esiste il common sense, il senso comune, non esiste la creatività vera.
Quando dicono...
io ieri ho comprato il libro di Alfio Quarteroni, un grande amico e matematico di... stellare e dice forse nella dimostrazione dei teoremi sono più bravi forse di noi.
No, perché si tratta di passaggi difficili ma meccanici, il vero punto è intuirlo e formularlo.
Si manca l'intuizione, la coscienza e la consapevolezza di quello che l'intelligenza artificiale forse è e può fare, che però ha l'uomo ma non ha lo strumento.
Esatto, è perfetto. Io mi sono laureato tanti anni fa alla Normale di Pisa e ho usato già tanti anni fa un motore di calcolo simbolico che mi ha facilitato in alcuni passaggi della dimostrazione di un teorema.
Ma lo potevo fare anch'io, solo che io ci impiegavo più tempo perché l'uomo è più lento.
Ma l'intuizione, la formulazione del teorema l'ho fatta io, non l'ha fatta...
quindi questa è la grande differenza, no? La scintilla non esiste e penso che non possa esistere per natura.
Ora uso una tecnologia un po' difficile.
Esiste un teorema che si chiama "teorema ergodico" che dice che tutti i possibili stati di un sistema sono accessibili.
Noi siamo non ergodici e lo esemplifico con un esempio.
Io posso parlare con te di IA ma saltando di palo in frasca parlo di calcio con lui e con lui parlo di stile fashion, di moda.
E poi mi interrompo e dico scusa ma stavamo dicendo una cosa sulle AI e scusa ma l'Inter cosa ha fatto? Ecco, la macchina e questo non lo potranno mai fare.
Perché non esiste una distribuzione di stati stabili a cui tendere.
Perché l'ergodicità vuol dire che esiste una distribuzione che è quello che fanno i sistemi, cioè vanno a cercare la sequenza più probabile per esempio nel caso dei sistemi generativi.
E questo non si può fare teoricamente.
È un'affermazione forte.
Ben Goertzel, che è l'inventore del termine AGI, lui nel tempo ha modulato le sue convinzioni e rimane convinto che ci sarà un AGI e un ASI, Artificial Super Intelligence.
Io con lui mi sento, gli dico ti stimo, ti ammiro, grande sforzo che state facendo col tuo network SingularityNET, ma non penso che si arriverà alla vera AGI.
Nel pomeriggio, invece, ci siamo dedicati all'approfondimento delle principali implicazioni dell'intelligenza artificiale nei diversi settori.
Per quanto riguarda il settore medico, abbiamo sentito il punto di vista di Alessandra Podestà di Pfizer.
Allora, salve, sono Alessandra Podestà, sono Patient and Customer Solutions Excellence Lead in Pfizer Italia. Guido un team fondamentalmente che si occupa di sviluppare soluzioni innovative per i customer, per i clinici e per i pazienti in tutte le aree terapeutiche di cui Pfizer si occupa.
Pfizer è una realtà biofarmaceutica multinazionale e americana di grandi dimensioni ed è un'azienda impegnata non soltanto nella commercializzazione e nello sviluppo di farmaci innovativi ma anche nel contributo a migliorare il sistema sanitario cercando di creare un sistema salute che sia più efficiente
più sostenibile e sicuramente più centrato sul paziente. In Pfizer abbiamo un'organizzazione innovativa sicuramente perché ci sono dei ruoli e delle strutture organizzative che non si occupano in maniera specifica di farmaci ma che si occupano e sono esperti dei "patient journey" quindi si occupano di raccogliere quali sono i bisogni reali dei pazienti e
operatori sanitari direttamente sul campo.
Questo è molto importante perché ci permette di capire qual è il percorso del paziente e come può essere migliorato questo percorso e ci permette di farlo quindi attraverso delle soluzioni proponendo delle soluzioni innovative che possano rispondere a queste esigenze.
Ok, poco fa abbiamo parlato anche del rapporto tra medico e paziente, in questo senso ci puoi spiegare qual è il ruolo dell'intelligenza artificiale appunto in questo contesto?
Allora, sicuramente l'avvento delle nuove tecnologie come la telemedicina ha portato tantissime novità e quindi quello di cui ci stiamo preoccupando e occupando è di cercare di migliorare quali sono le competenze per adottare queste tecnologie. Competenze di natura sia "hard", proprio come utilizzare la tecnologia,
ma anche "soft" e quindi qui parlo della comunicazione.
Abbiamo proposto dei percorsi formativi, soprattutto alla classe medica, proprio per cercare di migliorare le competenze di comunicazione nel gestire la relazione a distanza medico-paziente perché crediamo che un paziente debba ricevere la più alta qualità di assistenza anche a distanza.
Per fare questo abbiamo fatto dei percorsi formativi sfruttando l'intelligenza artificiale, quindi simulando delle relazioni medico-paziente con pazienti digitali addestrati su specifiche patologie e questo veramente ha permesso di simulare la televisita e quindi di permettere al clinico di esercitarsi in questa relazione.
Con Fabio Betti di Cegeka ci siamo invece spostati sul tema dell'esperienza e dell'interfaccia utente.
Cegeka è un'azienda globale di IT Solutions and Services Provider e attiva negli ambiti Infrastructure, Application e Data.
Io, nello specifico, mi occupo della parte AI e sono AI Strategist.
Durante il tuo speech hai parlato di... tra le altre cose di user experience e della metamorfosi della user experience con l'IA, quindi ti chiedo come stanno cambiando anche le interfacce utente, le interfacce grafiche e in generale l'esperienza utente su siti web, applicazioni, grazie appunto all'intelligenza artificiale?
Sì, io sono molto convinto che di tutta questa rivoluzione tecnologica che noi tutti apprezziamo e siamo qui in fiera anche per condividere le peculiarità e le capacità di questa tecnologia, poi il risultato, quello che poi arriva all'utente finale, è il frontend.
Quindi la sua esperienza d'utente è l'ultimo pezzettino, l'ultimo miglio di questa tecnologia.
E ho provocato un po' col titolo del mio intervento, "Il frontend è morto", perché tutto quello che oggi c'è su internet, sui dispositivi che abbiamo è destinato a morire molto rapidamente, perché la modalità di fruizione in modalità vocale, in modalità chat, è una modalità innovativa a zero frizione, come mi piace di scriverla
e quindi è fluida per definizione e è un paradigma completamente diverso a qualsiasi frontend che è stato sviluppato, che era disponibile fino ad oggi.
E quindi questo cosa vuol dire? Vuol dire che l'esperienza d'utente sarà molto più gratificante, più fluida e questo darà modo di poter crescere e sviluppare nuove modalità come citavo prima, il futuro che vedo in questa modalità innovativa di conversazione con i sistemi informativi è quello in cui i sistemi informativi saranno in grado di riconoscere anche i nostri comportamenti,
le nostre emozioni e agire di conseguenza rispetto ai nostri obiettivi o al loro servizio che devono erogarci.
Quindi diciamo, in generale, in futuro vedremo soluzioni in cui il frontend banalmente sarà una specie di chatbot o una chat vocale o digitale, con input da tastiera per capirci, in cui si ha una chat tra l'utente e, in questo caso, l'intelligenza artificiale e questo potrà anche poi essere d'aiuto, mi viene da pensare anche per il discorso dell'accessibilità
o comunque per garantire agli utenti un'esperienza d'uso più naturale, quindi più anche accessibile e facile da interagirci.
Sì, concordo con quello che dici, il parallelismo più efficace che mi viene da farti come esempio concreto, perché poi gli esempi sanno sempre più evocare immagini nella nostra mente, è gli smartphone di oggi. Oggi lo smartphone è fatto di app, ogni app ha dentro il suo servizio, eroga un servizio, ci dà un servizio con il suo frontend. Ecco, quello che mi
immagino io - e non solo io ormai visto che siamo un po' a pensare a questa nuova corrente di pensiero - immaginiamoci di avere un device, qualsiasi sia, un telefonino, con un sistema operativo a cui arrivano dei flussi di informazioni e la modalità con cui fruiamo è vocale banalmente, quindi non devo neanche guardare il telefonino, gli parlo e ho una risposta
però strutturata, una conversazione gratificante e io semplicemente per poter avere... invece di avere delle app, 100 app, io abilito i flussi di informazioni, di servizi a cui posso fruire tramite la vocale, l'orologio, la macchina, quello che è. Quindi avremo le stesse quantità di servizi che oggi abbiamo solo nel telefonino e li avremo in qualsiasi
angolo, device tecnologico in una modalità però molto più gratificante di oggi.
Per quanto riguarda il ruolo dell'intelligenza artificiale nel settore dello spazio, in particolare nel monitoraggio della Terra e della Space Economy, abbiamo sentito Sabrina Ricci, dell'Agenzia Spaziale Europea.
Salve, buongiorno a tutti. Sì, sono Sabrina Ricci e sono l'AI Ecosystem Coordinator del Φ-lab dell'ESA. Il Φ-lab è un innovation lab dell'Agenzia Spaziale Europea. Io mi occupo proprio del networking, delle collaborazioni, delle partnership all'interno dell'ecosistema dell'intelligenza artificiale per portarli verso il mondo spaziale. L'Agenzia Spaziale
Europea, infatti, è l'ente intergovernativo che racchiude 23 stati membri europei, che si occupa di tutte le attività spaziali, dall'esplorazione, all'osservazione della Terra, dell'universo e così via. In particolar modo noi siamo all'interno del direttorato di osservazione della Terra.
Perfetto, e a questo punto passando al tema a caldo dell'intelligenza artificiale ti chiedo: qual è il ruolo di questa tecnologia nell'osservazione della terra e per quanto riguarda anche il monitoraggio ambientale ovviamente?
Allora, basti pensare che noi abbiamo continuamente, tutti i giorni, tantissimi occhi che ci guardano dall'alto, la famiglia di satelliti, in particolar modo la nostra, quella dell'ESA e della Commissione Europea, che è la missione Copernicus, che comprende una decina di satelliti che orbitano tutti
i giorni sul nostro pianeta e ci mandano giornalmente numerosissimi terabyte di dati, inondandoci di informazioni sullo stato di salute del nostro pianeta, dal livello dei mari, delle acque, l'atmosfera, il clima, i ghiacciai e così via, soprattutto nei periodi in cui e nelle occasioni in cui, purtroppo, avvengono
catastrofi naturali e cose del genere. Come aiuta l'intelligenza artificiale in questo settore? Aiuta, tant'è che adesso è diventato, diciamo, quasi un "must" per gli esperti del settore utilizzarla, aiuta a interpretare questi dati in maniera più veloce, in maniera qualitativamente superiore e anche ad analizzare i dati
satellitari a bordo dei satelliti, quindi cominciando a, diciamo, lavorarli attraverso un'intelligenza artificiale on-board, in maniera tale da mandare a terra informazioni più accurate, in maniera più veloce e magari provare a intervenire per prevenire disastri in tempo e non più arrivando dopo.
Perfetto, e a questo punto, rimanendo sempre nel tema dell'intelligenza artificiale, ti chiedo invece: qual è il ruolo di questa tecnologia all'interno della Space Economy?
Allora diciamo che nella filiera spaziale c'è un fil rouge che collega l'aspetto della ricerca, l'aspetto delle applicazioni e la parte economica perché ovvio che chi deve poi operare anche per mettere diciamo in campo le soluzioni di aiuto alla sostenibilità del nostro pianeta sono anche oltre all'istituzione naturalmente sono anche i soggetti economici quindi le nostre industrie,
le industrie europee, le start up, le PMI e così via e l'utilizzo dell'intelligenza artificiale applicata ai dati satellitari ha fatto sì che molte più imprese si potessero avvicinare a questo settore che inizialmente poteva sembrare un settore di nicchia perché la maggior parte delle aziende non sapeva come processare o fino anche come scaricare dei dati satellitari
adesso attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali quali l'AI - ma non solo anche il quantum e così via - c'è stata una vera e propria democratizzazione dei dati satellitari a beneficio del nostro mondo industriale che dovrebbe poi a cascata diventare a beneficio del nostro pianeta.
Per concludere, ci siamo focalizzati sul tema dell'osservabilità e del rispetto normativo, come l'AI Act, degli agenti AI, ascoltando il punto di vista di Filipe Teixeira, di altermAInd.
altermAInd è un'azienda che è nata 4 mesi fa, ma è un team che lavora insieme da 6 anni.
Noi eravamo la divisione digital di una banca digitale in Italia e con quello che abbiamo fatto negli ultimi due anni nell'ambito dell'ai generativa l'anno scorso abbiamo staccato questa azienda, siamo usciti dalla banca attraverso l'acquisto di investitori privati che hanno comprato l'azienda per vendere quello che
abbiamo maturato in questi due anni di AI e proporla sul mercato come tecnologia.
Noi quello che abbiamo fatto è fare una cosa semplice da dire ma molto complicata da fare: è quella di mettere compliance, regolamentazione, cybersecurity, tutto quello che serve a un'azienda in Europa per utilizzare il massimo dell'innovazione da un punto di vista di tutti i modelli che escono sul mercato nei ultimi
due anni che adesso escono ogni due settimane e metterli insieme per permettere alle aziende di focalizzarsi solo sulla creazione di valore garantendo che il modo come vengono utilizzate questi modelli in Europa sia in linea con quello che viene richiesto da un punto di vista legale e regolamentare.
A proposito di questo, questa AI agentica che avete presentato si chiama Gravity, giusto? Puoi spiegarci un attimo come funziona?
La nostra piattaforma di AI Governance è quello che permette a un'azienda di avere una visibilità a 360 gradi di tutto l'utilizzo di AI che viene fatto all'interno dell'azienda, che sia a livello di costi, a livello di chi accede ai dati, a livello del singolo utilizzatore piuttosto che team di sviluppo, ma avendo una cartografia e visibilità sul
comportamento dei modelli, se sono in linea con quello che viene richiesto dall'AI Act o dal GDPR, fino a la configurazione dei guardrail nell'utilizzo della tecnologia interna dell'azienda e quindi una piattaforma di AI governance a 360 gradi.
Quindi hai citato appunto la Compliance, hai citato anche l'AI Act europeo, immagino ci sia anche poi il tema della privacy che va garantita, insomma anche per gli utenti, quali sono state le principali difficoltà appunto nel garantire che la vostra piattaforma, Gravity, fosse appunto in linea con la normativa in materia di AI Act
e quindi fosse anche magari osservabile, monitorabile a 360 gradi?
Allora, questo l'abbiamo maturato in esperienza, essendo stata la prima banca "cloud native" in Italia, una delle prime in Europa, quindi nell'utilizzo pervasivo del cloud c'erano già le grandi basi per quello che sarebbe stato l'AI Act, quindi garantire che i dati che sono messi a disposizione dei clienti non escono mai dall'Unione Europea
e avere un'osservabilità sul traffico dei dati.
Quindi, quando è arrivato l'AI Act, avere avuto questa esperienza, sapere quali sono le principali dinamiche per avere questa tecnologia in Europa, che vuol dire che qualsiasi modello deve avere due output: quello che vede l'utente, ma dopo il secondo output quello che permette di andare dalla A alla Z
e capire per quale motivi e quale ragioni il modello ha dato questa risposta al cliente, Quindi l'osservabilità a 360 gradi di qualsiasi cosa che succede all'interno della piattaforma è quello che permette dopo di essere in linea con l'AI Act, la privacy piuttosto che con quello che viene richiesto da un punto di vista legale e regolamentare.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia. Io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio. Per qualsiasi tipo di domanda o suggerimento scriveteci a redazione@dentrolatecnologia.it, seguiteci su Instagram a @dentrolatecnologia
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Noi ci sentiamo la settimana prossima.