Viviamo in un'epoca in cui la digitalizzazione è diventata il centro indiscusso del progresso. Eppure, mentre ci addentriamo più profondamente in questo mondo, emergono sempre più casi in cui la tecnologia, concepita per semplificare, sta paradossalmente generando complessità. Dalla patente che non si visualizza sullo smartphone quando serve, ai touchscreen delle automobili che distraggono il conducente, fino ai servizi bancari offline quando abbiamo più bisogno di loro. In questa puntata analizziamo il paradosso della semplificazione attraverso molteplici settori della vita contemporanea.
Nella sezione delle notizie parliamo di AWS e Google che lanciano servizi di interoperabilità cloud, del richiamo di oltre 6.000 aerei Airbus A320 e infine di come Disney sta utilizzando l'IA per accelerare i tempi di produzione dell'animazione.




Brani
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Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi rifletteremo su un paradosso sempre più evidente nella nostra epoca: la tecnologia digitale, concepita per semplificare la nostra vita, spesso genere invece complessità inaspettate.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina, su Spotify, Apple Podcast, YouTube Music oppure direttamente sul nostro sito.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a tre importanti disservizi, di tre diverse grandi aziende che si occupano di fornire servizi cloud, ossia Amazon AWS, Microsoft Azure e CloudFlare, di cui abbiamo riportato le notizie spiegandone le cause.
E' dunque diventato chiaro come ormai - in un mondo digitale che dipende quasi completamente da questi pochi fornitori - anche queste aziende devono attrezzarsi per fornire dei servizi più resilienti.
E proprio da qui nasce la collaborazione tra Amazon e Google che hanno lanciato rispettivamente AWS Interconnect Multicloud e Google Cross-Cloud Interconnect.
In sostanza questi due servizi utilizzano uno standard aperto e condiviso per creare connessioni private e ad alta velocità tra i cloud di entrambi i provider, promettendo di condividere le risorse.
Questo sistema ha, come si può intuire, enormi benefici: prima di tutto una maggior resilienza dell'infrastruttura cloud, una maggior facilità di spostare i dati da un provider all'altro, ma anche un'ottimizzazione dei costi e dei carichi di lavoro, oltre ad una maggior libertà per le aziende di scegliere servizi cloud da più fornitori diversi.
La collaborazione infine si estenderà anche ad Azure nel corso del 2026, rendendo il mondo del cloud finalmente aperto e interoperabile.
Airbus ha disposto un intervento di emergenza su oltre 6.000 velivoli della famiglia A320 per risolvere una critica legata alla sicurezza di volo.
La problematica è emersa dopo un incidente avvenuto a fine ottobre ad un Airbus A320 della compagnia americana JetBlue, in volo tra Messico e Stati Uniti, che durante la fase di crociera con pilota automatico attivo ha subito un'improvvisa e brusca perdita di quota causando 15 feriti tra i passeggeri.
Le indagini hanno rivelato che gli ELAC, ovvero i sistemi computerizzati fly-by-wire per il controllo delle ali e della coda degli A320, avevano impartito autonomamente il comando di abbassare il muso dell'aereo mobile a causa di un intenso irraggiamento solare che aveva interferito con i sistemi informatici di bordo.
Airbus ha dichiarato che nella maggioranza dei casi sarà sufficiente un aggiornamento software mediante reinstallazione di una versione precedente non affetta dal problema, mentre solo per una porzione della flotta saranno necessarie modifiche hardware con sostituzione dei computer.
Disney sta tracciando il futuro dell'animazione attraverso una collaborazione strategica con la start-up francese Animaj.
L'obiettivo di questa integrazione tecnologica non è sostituire gli animatori, ma velocizzare drasticamente i tempi di produzione, riducendo ad esempio da 5 mesi a sole 5 settimane il lavoro necessario per completare un episodio di pochi minuti grazie a un sistema avanzato che automatizza i movimenti intermedi tra le pose chiave disegnate manualmente dagli artisti.
La tecnologia di Animaj si addestra su database proprietari specifici, come le oltre 300.000 pose, analizzate dalla serie "Pocoyo", permettendo all'intelligenza artificiale di riempire fluidamente vuoti tra un disegno e l'altro, lasciando però sempre all'animatore il controllo finale e la possibilità di correggere ogni dettaglio o imperfezione.
David Meen, vicepresidente dell'innovazione Disney, ha confermato che questa tecnologia sarà presto annunciata ufficialmente per essere integrata nella produzione di Disney Branded Television e Disney Television Studios per rispondere alla frenetica domanda di nuovi contenuti per lo streaming, senza però sacrificare la qualità e la coerenza stilistica.
Viviamo in un'epoca in cui la digitalizzazione è diventata il centro indiscusso del progresso.
La narrazione di oggi, alimentata da strategie nazionali ambiziose e da imponenti investimenti infrastrutturali, ha promosso la smaterializzazione come soluzione universale all'inefficienza del passato.
Eppure, mentre ci addentriamo sempre più profondamente in questo nuovo mondo, emergono sempre più casi in cui la tecnologia, concepita per semplificare, sta paradossalmente generando complessità.
In questa puntata andremo a esplorare questo paradosso attraverso un'analisi che interessa molteplici settori della vita contemporanea, partendo dalla pubblica amministrazione e arrivando fino all'intelligenza artificiale.
L'accelerazione della digitalizzazione nella pubblica amministrazione italiana, finanziata dai fondi del PNRR, ha portato all'introduzione rapida di piattaforme centralizzate come l'App IO e il sistema sanitario digitale regionale.
L'obiettivo è quello di snellire la burocrazia, riducendo i tempi di attesa e liberare il cittadino dal peso dei documenti cartacei.
La realtà, tuttavia, si è rivelata considerevolmente più complessa e, in molti casi, drammaticamente problematica.
Il caso dell'IT-Wallet integrato nell'App IO rappresenta un esempio emblematico di questa discrepanza tra promessa e realtà.
L'idea di portare con sé versioni digitali della patente di guida, dalla tessera sanitaria alla Carta europea della disabilità, appare come una liberazione dal portafoglio fisico.
Tuttavia, è accaduto proprio quest'anno che numerosi cittadini si siano trovati nell'impossibilità di visualizzare i propri documenti cartacei nel wallet a causa di messaggi di errore che segnalavano l'incompatibilità del dispositivo.
In questi casi il cittadino si trova tecnicamente sprovvisto di documenti, esponendosi a sanzioni amministrative e alla necessità di recarsi fisicamente presso gli uffici delle forze dell'ordine.
Una patente plastificata offre invece accessibilità immediata e universale e soprattutto non richiede energia elettrica o altri dispositivi fisici come lo smartphone.
Il documento digitale, infatti, è condizionato alla carica della batteria, dalla connettività Internet per aggiornamenti e verifiche, dal corretto funzionamento del software e dalla compatibilità hardware.
Un altro settore spesso soggetto al problema della tecnologia controproducente è quello dell'automotive.
L'ultimo decennio ha testimoniato una radicale trasformazione dell'abitacolo, con la progressiva sostituzione di pulsanti, manopole e leve fisiche, con interfacce touchscreen sempre più estese e complesse.
Questa transizione, inizialmente promossa da Tesla e successivamente adottata da tutti i costruttori, è stata presentata come un'evoluzione estetica e funzionale.
La realtà suggerisce, tuttavia, che la motivazione primaria sia stata la natura economica.
Sviluppare un'interfaccia software su uno schermo standardizzato è infinitamente meno costoso rispetto alla progettazione, produzione, cablaggio e assemblaggio di centinaia di controlli fisici specifici per ogni modello.
Uno studio condotto da una rivista automobilistica svedese ha fornito la dimostrazione definitiva di come i touchscreen aumentino drammaticamente il carico cognitivo e la distrazione del conducente.
Il test ha confrontato una Volvo V70 del 2005, dotata esclusivamente di controlli fisici, con 11 automobili moderne del 2022.
Ai conducenti è stato chiesto di eseguire 4 operazioni elementari mentre guidavano a 110 km orari: attivare il riscaldamento del sedile, aumentare la temperatura dell'abitacolo di 2°C, avviare lo sbrinatore del parabrezza e accendere la radio sintonizzandola su una stazione specifica.
Con la Volvo del 2005 il conducente impiegava 10 secondi, percorrendo 306 metri in stato di attenzione parziale.
Con automobili moderne equipaggiate di touchscreen complessi, i tempi si dilatavano drammaticamente 20 secondi per una Mercedes, 30 secondi per una BMW, fino a 45 secondi per una AMG Marvel R, durante i quali il veicolo percorreva quasi un chilometro e 400 metri con il conducente cognitivamente impiegato nell'interazione con lo schermo piuttosto che concentrato sulla strada.
L'incremento rispetto al riferimento analogico raggiunge il 349%, un dato che trasforma quella che dovrebbe essere un'operazione banale in un significativo fattore di rischio per la sicurezza stradale.
Un altro emblema di questa transizione è il settore bancario, che può essere considerato come il pioniere della smaterializzazione, poiché è da diversi anni che spinge con determinazione verso la riduzione dell'uso del contante e la chiusura delle filiali fisiche in favore dell'home banking e delle applicazioni mobili.
Sebbene questa trasformazione abbia indubbiamente ridotto i costi operativi per gli istituti finanziari, ha trasferito il rischio infrastrutturale interamente sull'utente, creando una situazione di dipendenza tecnologica senza precedenti storici.
Gli anni 2024 e 2025 sono stati caratterizzati da una sequenza di interruzioni di servizio, che hanno colpito i maggiori istituti bancari italiani e europei, inclusi Intesa San Paolo, Unicredit e il circuito di pagamenti Mastercard.
Durante i giorni di disservizio migliaia di utenti si sono trovati nell'impossibilità materiale di effettuare pagamenti per beni di prima necessità, quali spesa alimentare, carburante o biglietti di trasporto, poiché le applicazioni non funzionavano e le carte di pagamento venivano sistematicamente rifiutate dai terminali POS.
Con le filiali fisiche ormai rarefatte e accessibili spesso solo previo appuntamento e i call center saturi dalle richieste di assistenza, l'utente si è trovato completamente isolato, privo di qualsiasi canale alternativo, per risolvere urgenze finanziarie.
Ma passiamo ora ad un luogo che ci risulta più familiare: la nostra casa.
La promessa di un ambiente domatizzato era quella di semplificare e ottimizzare tutte le azioni che compiamo all'interno della nostra casa, come regolare autonomamente l'illuminazione, la temperatura e la gestione della sicurezza. La realtà, però, è che, senza connessione ad internet, questa bolla perfettamente integrata all'interno delle mura della nostra casa
smette di funzionare. L'architettura prevalente nella domotica di consumo si basa infatti su infrastrutture cloud e quando un utente preme un pulsante nell'applicazione o impartisce un comando vocale per accendere una luce, il segnale non viene trasmesso direttamente al dispositivo presente nella stessa stanza, ma intraprende
un viaggio verso server remoti, viene elaborato e successivamente ritorna al dispositivo finale.
Questa dipendenza da infrastrutture esterne introduce molteplici punti di fallimento potenziale.
Il confronto con la tecnologia tradizionale è impietoso: un semplice interruttore meccanico, tecnologia sviluppata nel XIX secolo, vanta un'affidabilità prossima al 100%, una latenza operativa pari a zero e non richiede alcuna dipendenza esterna. Sostituirlo con un sistema che necessita alimentazione elettrica, connessione Wi-Fi locale, connettività Internet, server
cloud attivo, interfacce di programmazione funzionanti e applicazioni smartphone aggiornate, rappresenta una regressione mascherata da progresso tecnologico.
La comunità di utenti più appassionati ha scelto di optare per soluzioni orientate al controllo locale, come Home Assistant o Homebridge o protocolli quali ZigBee e Matter, che permettono il funzionamento dei dispositivi anche in assenza di connettività Internet.
Tuttavia, queste soluzioni richiedono conoscenze informatiche non alla portata di tutti.
Non possiamo chiudere questa riflessione senza affrontare il vero elefante nella stanza: l'intelligenza artificiale. Qualche anno fa, con l'arrivo di ChatGPT, ci è stata presentata come l'assistente definitivo, quella presenza invisibile e instancabile pronta a sgravarci delle incombenze più noiose, dalla scrittura di una mail alla gestione
dell'agenda. E indubbiamente, in molti casi, lo fa.
Tuttavia è proprio qui che si annida l'ultimo e forse più insidioso paradosso della semplificazione tecnologica. Pensiamo ad esempio a quanto stia diventando complesso interagire con i servizi di assistenza clienti. Prima parlavamo con persone, poi premevamo tasti. Oggi invece ci confrontiamo con chatbot evoluti che, pur simulando un'empatia
umana, spesso ci confondono anche più di una serie di risposte preimpostate.
La frustrazione di non essere capiti da una macchina, che non coglie la sfumatura di un problema urgente o di un caso limite, è un esempio lampante di come la tecnologia possa aggiungere invece che togliere "attrito" alla nostra quotidianità.
C'è poi un aspetto ancora più sottile, la delega del pensiero critico. Affidarsi ciecamente a un algoritmo per scegliere che film guardare, che strada percorrere o in scenari più inquietanti chi assumere in un'azienda, ci libera sì dalla fatica della scelta, ma ci spoglia anche dalla nostra autonomia. La vita diventa apparentemente più semplice
perché qualcun altro decide per noi, ma diventa infinitamente più complicata nel momento in cui proviamo a capire il perché di quella decisione. Siamo di fronte a sistemi "black box", scatole nere imperscrutabili. Se un algoritmo nega un mutuo o scarta un curriculom, spesso non siamo in grado di ottenere una motivazione trasparente e umana.
Tirando le somme di questo viaggio attraverso le contraddizioni del progresso, emerge una verità inequivocabile: la tecnologia smette di essere un alleato e diventa un ostacolo quando ignora i principi base dell'utilità. Abbiamo visto come la digitalizzazione, se intesa come una sostituzione totale del mondo fisico, mostri dei limiti strutturali preoccupanti.
Il digitale non è intrinsecamente superiore all'analogico, è diverso e come tale va gestito. Per uscire da questo vicolo cieco non serve fermare l'innovazione, ma indirizzarla verso un sistema ibrido. Per ogni servizio essenziale, che si tratti della nostra identità, dei pagamenti o della sicurezza della nostra casa, deve esistere un'alternativa fisica
sempre funzionante. Parlare con una persona in carne ed ossa, usare il contante o compilare un modulo cartaceo non deve diventare un lusso costoso o un percorso ad ostacoli, ma restare una garanzia di affidabilità. Il futuro, perciò, non deve diventare un'utopia digitale dove il mondo fisico scompare. Al contrario, la vera innovazione risiede
nella saggezza di sapere quando uno schermo touch è lo strumento migliore e quando invece nulla può eguagliare l'affidabilità, la velocità e la sicurezza di un semplice e solido pulsante fisico.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia, io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
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