
Gli algoritmi, anche se spesso non ce ne accorgiamo, influenzano costantemente la nostra vita. Quando facciamo una ricerca sul web, quando scegliamo un film da guardare o quando facciamo ricerche e ci informiamo. Vista la loro rilevanza, al fianco dell’intelligenza artificiale, è quindi importante cercare di capire il loro significato e il loro funzionamento. Per introdurre questa nuova serie di puntate, dedicate a capire cosa ci aspetta dal futuro della tecnologia e come possiamo prepararci ad affrontare questa transizione, abbiamo invitato Massimo Chiriatti, University Programs Leader per IBM Italia e autore di “#Humanless: L'algoritmo egoista”.
Nella sezione delle notizie invece parleremo di Unified Cell, un nuovo formato di cella per batterie di Volkswagen Group e del ruolo della blockchain nel mondo dell’arte del domani.



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Io non mi aspetto che la macchina diventi come noi, ma al contrario, se parliamo nel prossimo periodo, mi aspetto che ci aiuti perché noi esternalizziamo continuamente attività alle macchine.
Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi cercheremo di capire cos'è un'intelligenza artificiale e se effettivamente riuscirà mai a diventare intelligente come un essere umano.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast oppure direttamente sul nostro sito.
Lo scorso lunedì 15 marzo il gruppo Volkswagen ha tenuto in live streaming, per la prima volta nella sua storia, una conferenza dedicata esclusivamente alla mobilità elettrica, nella quale sono emersi importanti in novità riguardanti le future strategie di mercato della casa automobilistica, da qui ai prossimi 10 anni.
La notizia che ha suscitato più interesse è sicuramente la nuova Unified Cell, ovvero un nuovo formato di cella per batterie, che a partire dal 2023, Volkswagen andrà a montare su tutte le vetture elettriche.
Inoltre, secondo le previsioni della casa automobilistica tedesca, questo formato arriverà ad essere utilizzato entro il 2030 nell'80% dei veicoli prodotti.
Hanno tra l'altro in cui verranno conclusi in Europa ben 6 gigafactory che verranno impiegate per la produzione di batterie elettriche e che andranno a soddisfare una richiesta energetica complessiva di quasi 240 GWh.
Ultima, ma non per importanza, è la novità che riguarda la futura rete di ricarica proprietaria.
Un altro obiettivo di Volkswagen è infatti quello di consolidare entro i prossimi tre anni un'infrastruttura per la ricarica veloce che sarà composta da 18.000 stazioni sparse in tutta Europa e che porterà, per quanto concerne l'Italia, ad una partnership con Enel X per la costruzione delle colonnine nel nostro Paese.
Forse non si è mai parlato così tanto di blockchain come in questo periodo, e questo grazie alla società Injective Protocol, che ha acquistato all'asta per 95.000 dollari il quadro Morons dell'artista Bansky, opera che è stata poi bruciata in diretta su YouTube e rivenduta per più di 380.000 dollari in versione digitale grazie ai Non-Fungible Tokens o NFT.
Semplificando, questa tecnologia basata appunto su blockchain garantisce all'acquirente tramite un gettone o token e senza passare per un'autorità centrale verificata la proprietà della coppia digitale acquistata.
L'originalità del gesto di Injective Protocol ha sicuramente puntato questa tecnologia sotto i riflettori, ma ovviamente non è sicuramente l'apripista.
Il primo tweet di Jack Dorsey, fondatore di Twitter, ad esempio è stato venduto per 2.5 milioni di dollari, mentre Elon Musk ha realizzato una canzone techno da 1.1 milioni di dollari, ma che poi non ha venduto.
Una tecnologia nuovissima, quindi, che permettendo di fatto a chiunque di vendere o comprare arte digitale, porterà sicuramente a una rivoluzione del mondo delle aste e della digital art.
Durante la nostra giornata utilizziamo costantemente lo smartphone e il computer per lavorare e intrattenerci, guardare video in streaming, utilizzare i social network, informarci e fare ricerche.
Ciò che accomuna tutte queste attività è la presenza di un algoritmo, che fra le altre cose si occupa di scegliere per noi i migliori risultati.
Ma cos'è un algoritmo e perché il suo ruolo è importantissimo nella nostra quotidianità? Per rispondere a queste domande è con noi Massimo Chiriatti, University Programs Leader per IBM Italia.
Benvenuto Massimo.
Buongiorno, grazie per l'invito.
Il ruolo degli algoritmi nella nostra società è sempre più rilevante.
Cerchiamo quindi di capire che cos'è un algoritmo quando lo intendiamo nella sua definizione più classica.
Sì, cerchiamo anche di semplificare un po i messaggi perché l'argomento è davvero affascinante, chiaramente ha delle complicazioni, però proviamo a spiegare che l'algoritmo è una sequenza finita di operazioni.
Queste operazioni, queste istruzioni vengono eseguite da un elaboratore, da un computer che parte da alcuni input, quindi alcuni dati che noi gli mettiamo, e segue un calcolo per soddisfare un certo obiettivo.
Per cui questa sequenza di istruzioni possiamo definirla come algoritmo.
Ce ne sono anche tante altre definizioni, però proviamo a partire da questa.
Serie di istruzioni che un computer elabora.
Ok, però in realtà oggi più che di algoritmi, sentiamo spesso parlare a volte anche in modo abusandone, diciamo così, di intelligenza artificiale.
Quindi che cos'è l'intelligenza artificiale e com'è collegata la sua definizione a quella generale di algoritmo?
Bella domanda, molto aperta, interessante, diciamo che l'intelligenza artificiale può essere definita una disciplina che serve a sviluppare delle macchine, dei computer che sono capaci di eseguire compiti complessi che in genere richiedono l'intelligenza umana.
Quindi noi cosa facciamo? Stiamo da ormai decenni cercando di costruire dei sistemi per fare in modo che possano loro sviluppare delle capacità di soluzione a problemi complessi.
Ovviamente questo è un percorso molto lungo.
Parliamo di intelligenza artificiale in varie declinazioni, debole, forte, generale.
Quando parliamo di debole parliamo soltanto di macchine attuali che riescono a eseguire un compito specifico in un dominio ben determinato.
Per esempio posso creare una macchina che risolva un problema di giocoli, di scacchi, faccio un esempio, no? Pian piano, pian piano stiamo dando alle macchine della capacità, tra virgolette, di "apprendimento", cioè iniziano a leggere la realtà, a leggere i dati di questa realtà e estrarre delle regole.
Quindi l'algoritmo fa questo.
Poi pian piano noi abbiamo questo famoso modello.
Pensate a una macchina a guida autonoma.
La macchina a guida autonoma oggi cosa fa? Va per la strada, legge la realtà, i semaforo, le strisce, le persone e così via.
Inizia a formarsi un'idea della realtà, un'idea per modo di dire loro guardano solo bit and byte, sono pixel.
Però iniziano a comprendere questa realtà.
Da questa realtà estraggono delle regole, quindi sanno che si devono fermare, alziamo il foro rosso e così via.
Quindi oggi possiamo parlare di macchine più o meno, in tra virgolette, "intelligenti", perché l'intelligenza poi è un'altra storia.
Però oggi lo possiamo fare perché abbiamo grandi dati, grandi capacità di calcoli e questi algoritmi che ci aiutano a fare questa elaborazione.
Prima non potevamo farlo perché dovevamo dire alla macchina, per ogni metro quadrato che doveva fare su ogni strada, quali sono le regole che doveva eseguire.
Comprendi che dire a qualcosa, eseguire queste regole vuol dire che devi già conoscere le regole, devi conoscere tutta la realtà e è difficilissimo dire tutte le regole che deve trovarsi la macchina.
Poi la macchina si trova in qualche posto dove tu non hai messo la regola e ci sono dei problemi.
Oggi partiamo dal modello contrario, cioè la macchina osserva la realtà, osserva noi in realtà e poi pian piano estrae delle regole.
Se quella regola è una regola che è efficace, allora la promuoviamo a regola che può andare avanti, altrimenti dobbiamo fare delle correzioni.
Quindi tutto questo mondo per dirvi che l'apprendimento automatico, che si sente molto parlare, è questa capacità di sfruttare i dati, le esperienze che abbiamo messo sul campo e quindi questi dati vengono usati per creare queste famose nuove conoscenze, nuove regole e poi le macchine applicano con velocità, precisione, non si stancano mai e a costo più basso.
Certo, mentre rispondevi a questa domanda hai parlato di intelligenza definendola però come un'altra cosa, qualcosa di diverso.
Che cosa intendevi dire?
Allora noi diciamo che le macchine sono intelligenti, no? In realtà dobbiamo un po capire che l'intelligenza umana è anche empatia, è anche comprensione del contesto.
Io e te possiamo parlarci, possiamo capirci, io posso intuire quello che tu hai in testa, posso capire il contesto.
La macchina ha una competenza specifica, cioè sa giocare a scacchi, sa guidare, ma non ha una comprensione del contesto.
La macchina fa calcoli, non è che pensa, la macchina non ha una coscienza e senza avere una coscienza come fa a essere così intelligente, no? Per risolvere problemi complessi, per risolvere problemi di vari domini.
Oggi le macchine hanno competenza su un dominio, per esempio c'è una macchina che è capace di risolvere dei problemi di predizione, per esempio riesce a capire quanto il tuo magazzino del tuo ufficio potrebbe avere, diciamo così, un sistema ottimizzato nel predire la domanda dei clienti, va bene? Quindi riesce a fare dei calcoli.
Però quel computer, quella macchina che è così "intelligente", tra virgolette, per fare quel tipo di lavoro, non è capace di fare un altro lavoro un po diverso, perché non ha i dati, non ha le regole, e quindi è molto settoriale, la nostra intelligenza non è soltanto per parlare adesso con te, ma per fare anche altre cose.
E la macchina non è intelligente.
Certo.
E ricollegandomi a quest'ultimo aspetto che hai sollevato, l'intelligenza artificiale, queste macchine che hai descritto, possono essere adoperate in qualsiasi ambito o ci sono dei casi in cui gli algoritmi classici più semplici e lineari possono funzionare meglio?
Bella domanda, sono d'accordo subito nel dirti che ci sono le macchine classiche, il nostro PC che abbiamo davanti, che funzionano benissimo per fare certi tipi di calcoli e quindi funzionano e funzioneranno ancora.
Poi accanto a questi sistemi attuali stiamo creando ormai dei sistemi di intelligenza artificiale che noi chiamiamo aumentata, perché aumentano le nostre capacità e ancora avanti vi do un po di prospettiva, c'è tutta questa famiglia di computer quantistico che sono già a disposizione nei laboratori, sono già a disposizione per l'accesso IBM ne ha dato l'accesso gratuito a tutti, perché poi con quel sistema che si affianca non sostituisce gli attuali sistemi possiamo arrivare a livelli di elaborazione incomparabile in termini di potenza, in termini di ottimizzazione rispetto agli attuali, quindi abbiamo varie famiglie di architetture che risolvono problemi diversi.
Sì molto interessante il tema dei computer quantistici, fra l'altro abbiamo avuto occasione nella scorsa stagione di affrontarlo in una puntata, invece collegandomi a qualcosa che hai detto verso l'inizio, ovvero che ad oggi esistono delle intelligenze artificiali che sono ristrette ad un determinato dominio, penso ad esempio appunto hai detto una partita a scacchi oppure la guida di un veicolo autonomo, ma quello che mi chiedo è l'obiettivo futuro, la prospettiva per il futuro, è puntare a un'intelligenza artificiale in grado di fare tutto o mantenere comunque questa settorialità?
Qui ovviamente ognuno ha le sue visioni, io personalmente, quindi parlo a titolo personale, penso che l'aumento delle capacità elaborative delle macchine non porti alla sostituzione dell'uomo.
L'uomo significa l'essere umano, insomma, ovviamente.
Perché non è soltanto la potenza delle macchine che ci possiamo aspettare, sai, il raddoppio, la legge di Moore...
Noi abbiamo qualcos'altro, no? Quelle sono macchine che lavorano sul silicio, noi sul carbonio abbiamo sviluppato anche, come dicevo, la coscienza.
E noi osserviamo la realtà in modo assolutamente diverso dalla macchina.
Quindi io non mi aspetto che la macchina diventi come noi.
Ma, al contrario, se parliamo del prossimo periodo, mi aspetto che ci aiuti, perché noi esternalizziamo continuamente attività alle macchine.
Questo è un grandissimo beneficio, perché voi pensate, abbiamo esternalizzato le nostre capacità matematiche alla calcolatrice, e grazie a questo aspetto abbiamo fatto calcoli più complessi, che ci è servito a fare molto altro.
Abbiamo esternalizzato alle ruote la capacità delle nostre gambe di arrivare a posto di distanti, no? Ecco, il computer oggi, il computer anche se vogliamo, "intelligente" tra virgolette, sempre, ci sta consentendo di scaricare alle macchine dei lavori che sono lavori ripetitivi, che sono lavori magari noiosi, lavori pericolosi.
E questo è un grandissimo beneficio, perché più scarichiamo alle macchine i nostri lavori di questa natura, e più noi possiamo dedicarci ad altro.
La storia del nostro progresso è data proprio da quanto noi siamo capaci di fare altro, e per astrazione, che le macchine non hanno la capacità di astrarre concetti, intelligenze, regole, dai dati, perché le macchine oggi fanno correlazioni, correlano dei dati, ma non hanno la capacità di realizzare quello che noi facciamo quotidianamente, cioè causa ed effetto, ma fanno ottime correlazioni tra un'unica quantità di dati che per noi ormai è irraggiungibile.
Approfondendo appunto il tema del lavoro, abbiamo visto come il computer sia stato fondamentale, come tante rivoluzioni, per allontanare l'uomo da certi ambiti lavorativi.
Lo vediamo anche recentemente, ne abbiamo parlato qualche tempo fa in una notizia di Spot, il robot di Boston Dynamics, che è un robot con le sembianze appunto di un cane a quattro zampe, che dovrebbe teoricamente sostituire l'uomo in tutti quei contesti pericolosi, penso ad esempio ad una miniera, ma l'intelligenza artificiale invece come cambierà il mondo del lavoro e come dobbiamo prepararci per questa transizione, visto che abbiamo capito ormai che questo passaggio è inevitabile.
Come cambierà? È una domanda enorme, perché comprendi aspetti tecnici, come ti dicevo, nel senso che come evolverà la tecnologia e sappiamo che evolverà molto velocemente, chiaramente creerà un po di perplessità, nel senso che come noi dovremmo cambiare per fare in modo da sfruttarla meglio, significa che dobbiamo anche noi capire culturalmente come cambiare quando cambia la tecnologia.
E quando noi abbiamo questo un po di ritardo, perché non siamo così veloci a duplicare le nostre capacità ogni 18 mesi, chiaramente questo crea delle differenze, delle disuguaglianze, chi può farlo, chi ha il potere, chi ha l'accesso.
Poi ci sono gli effetti economici, nel senso che vedremo il grandissimo beneficio quando inseriremo la predizione nelle nostre attività.
E quindi se pensiamo di nuovo alla macchina che a guida autonoma è tutta un'attività di predizione, predice il suo comportamento, predice il passante, deve frenare e sterzare in funzione dei voli che accade.
Ecco, le macchine oggi stanno a fare questo.
Stanno a incominciare a predire quello che potrà avvenire quando prendiamo dei dataset di imprese che hanno per esempio un problema come dicevo di business, predire la domanda e abbiamo tantissimi casi di automazione.
Qual è qui il punto? È che per darti una risposta io proverei a dirti che il problema è politico.
Cioè non partitico, ma politico nel senso che sarà la nostra volontà comune, globale, per decidere qual è lo sviluppo dell'EI, EI come intelligenza artificiale.
Perché avremo bisogno di sperimentare molto, abbiamo bisogno di capire gli errori e abbiamo bisogno soprattutto di mitigare i bias.
Cioè questi pregiudizi che sono contenuti nei dati.
Noi quando facciamo qualsiasi operazione, qualsiasi movimento e qualsiasi scelta, introduciamo dei bias, dei pregiudizi.
Questi pregiudizi li scriviamo da qualche parte, anche quando noi operiamo in rete.
Le macchine leggono questi dati e amplificano questi pregiudizi.
E quindi abbiamo quel fenomeno chiamato della black box, nel senso che lavorando sui dati, spesso a noi non aperti.
La macchina fa un certo calcolo di elaborazione, in alcuni casi come il deep learning, sono veramente calcoli che neanche il programmatore conosce il risultato, o meglio come elabora, e avremo un risultato.
Ecco, noi dobbiamo fare in modo da distinguere tre concetti fondamentali.
La macchina fa la predizione, prende una decisione, se questo è un gatto o questo è un cane, sapete quando fa analisi di dati, no? delle fotografie, però c'è un concetto più importante di tutti, che è il giudizio umano.
Non dobbiamo prendere il risultato della macchina come un risultato per verità, ma sarà il nostro giudizio a decidere se quella macchina ha operato correttamente, con aspetti etici, in un altro mondo.
Quindi è un problema politico, globale, di capire come utilizzarle, come prendere il risultato, e come poi creare quell'obiettivo che vogliamo, cioè di un portato, diciamo dell'uomo, dell'essere umano, come un livello superiore di poter fare nuovi lavori, trovare nuove soluzioni con le macchine.
Quindi è un problema complesso, ma meglio averle queste possibilità di scegliere, piuttosto che non averle, quindi io sono ottimista.
E quindi la macchina non potrà mai raggiungere un livello di intelligenza paragonabile, anzi forse è proprio il caso di dirlo uguale a quello che ha un essere umano, quindi anche con questo aspetto di emotività.
Ecco qua, allora guarda, il mai io non riesco a dirlo, perché chi poteva prevedere, faccio sempre un esempio, un alieno che toccava la terra e avrebbe visto tanto tempo fa un brodo primordiale, avremmo visto un po dei batteri semplici, e mica poteva prevedere che oggi fossimo qui, noi, a parlare da quei batteri di milioni di anni fa.
Magari lui avrebbe detto, mai succederà questo, e in realtà ci siamo un po evoluti.
Quindi come facciamo adesso a dire che non sarà mai così? Ecco, siccome io vorrei lasciare quella figura della macchina Terminator a Hollywood, e voglio mantenermi invece nei prossimi anni, nei prossimi decenni, posso dire che non prevedo personalmente che la macchina abbia quella forma di coscienza che possa nascere da questo carbonio, questo, si dice, insomma, di questo chip, di questi computer.
Però non si può neanche escludere.
Però chi promuove la coscienza, l'uploading del cervello, dovrebbe anche dimostrarlo.
Io penso che avremo sempre livelli superiori nei prossimi anni di capacità computazionale, di apprendimento automatico, sperando, come ti dicevo, di portare anche e vedere anche relazioni causa-effetto, e poi vediamo più in là.
Però è molto più in là, ecco.
Sì, e magari a quel punto potremo fare, come dicevi, l'uploading, caricare noi stessi su una macchina e diventare da un certo punto di vista immortali.
Eh, io non lo dico, nel senso che c'è una corrente di pensiero "Transumanesimo" che lo pensano, però non ritengo...
Non credo che sia il caso di parlarne adesso.
Possiamo fare fantascienza, per carità va bellissimo, però siamo lontani da questo, perché noi dovremmo prima studiare il cervello.
Noi non sappiamo molto del cervello, sappiamo molto poco.
Quindi il tempo che lo studiamo, il tempo che andiamo con gli strumenti che non abbiamo in termini di risoluzione, cioè noi non abbiamo la capacità di andare a vedere il singolo neurone, come sta lavorando, come si connette con gli altri, cosa scambia con gli altri.
Il singolo neurone come punto di vista ottico-elettronico, non abbiamo questa capacità di vederlo.
E poi quando lo vediamo cambia continuamente, ha migliaia di connessioni, sistemi biochimici, il singolo.
Pensate a tutti i neuroni, a tutte le sinapsi, quando tu hai questa comprensione totale, puoi iniziare a copiarla e puoi poter fare altre operazioni.
È evidente che arrivare a quel punto ci metteremo tanto tempo.
In chiusura, per ricollegarci anche al titolo del libro che è scritto Humanless, l'algoritmo egoista, ci spieghi appunto perché hai deciso di utilizzare la parola egoista per descrivere un algoritmo.
Grazie alla citazione, mi sono riferito a un famoso libro che parlava del gene egoista.
Un famoso biologo si chiedeva, tempo fa, ma qual è l'unità di replicazione? Come fa? Come facciamo a replicarci? Perché è il nostro corpo, è la nostra società che si replica o è il nostro gene? Questo biologo diceva che è il nostro gene che si replica.
Noi siamo solo dei veicoli che serve al gene per replicarsi.
Allora, sulla base di questo testo, che poi ha fatto un grande scalpore nella scienza, io ho pensato che fosse l'algoritmo che oggi viaggia tra un computer e l'altro collegato in rete che cerca di replicarsi.
È egoista perché per l'appunto l'algoritmo oggi non ha una comprensione delle tue necessità, delle mie necessità o dell'ambiente.
Esegue il suo compito, replicarsi, trovare la soluzione al suo problema, comunicare con gli altri.
Questo cosa comporta? Comporta sul fatto che non guarda gli aspetti umani.
Se consuma energia, non consuma energia, se danneggia l'ambiente, non danneggia l'ambiente, per l'algoritmo non è importante, non rientra nei suoi parametri e rientra nei parametri degli esseri umani.
Per questo propongo in quel libro che noi dobbiamo lavorare insieme alle macchine, noi in opposizione, e soprattutto dobbiamo fare in modo da, lavorando insieme, da creare il nuovo e con la tecnologia eliminare i problemi precedenti.
Per esempio, pensiamo a tutto l'aspetto della sostenibilità ambientale, la CO2 che abbiamo creato, i vaccini, sapete, che sono grazie alle macchine, alle nuove macchine, che abbiamo eliminato o stiamo cercando di eliminare un problema sanitario, o almeno ridurre.
E senza queste macchine avremmo un problema sanitario economico più grande.
Sono ottimista, io mi dichiaro.
Sì, e anche in questo caso è l'ennesima prova di quanto il ruolo della tecnologia sia stato fondamentale per provare, per lo meno, ad uscire da questa situazione.
Va bene, Massimo, grazie per questo intervento.
Come dicevo nell'ultima domanda, hai scritto un libro, "Humanless. L'algoritmo egoista", in cui ti sei messo nei panni dell'algoritmo e hai provato a parlare a noi, esseri umani, cercando di spiegarci tanti aspetti del mondo, degli algoritmi, dell'intelligenza artificiale, come preferisci chiamarla tu, intelligenza aumentata.
Grazie Massimo, a presto.
È stato un piacere, grazie per l'invito.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia.
Io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
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Noi ci sentiamo la settimana prossima.