
Al giorno d'oggi qualsiasi sito web è una web app. Quando si parla di web app tecnicamente si intende un qualsiasi software che utilizza la tecnologia web per funzionare. In questi casi possiamo utilizzare, in un browser come Chrome, Safari o Firefox, un'app completa per scrivere documenti, presentazioni, fogli e così via. Cose che fino a qualche anno fa si potevano fare solamente installando sul proprio PC un software. Oggi invece, è possibile utilizzare Word direttamente online, seppure leggermente limitato, senza dover installare alcuna app. Essendo un argomento molto vasto, in questa puntata ci concentriamo solo su una specifica categoria di applicazioni web, ossia le PWA, acronimo che sta per Progressive Web Apps.
Nella sezione delle notizie parliamo di un progetto realizzato da tre giovani ricercatori che hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per decifrare un delicato papiro di Ercolano, di come è andato il terzo lancio di Starship e infine di un test condotto da IronLev per utilizzare la levitazione magnetica su binari esistenti.




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Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi parleremo delle applicazioni web progressive, meglio conosciute come Web App, e proveremo a capire se un giorno sostituiranno mai le app native installate sui nostri dispositivi.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast oppure direttamente sul nostro sito.
Nei musei di tutto il mondo sono conservati i papiri e pergamene ad oggi indecifrabili perché particolarmente rovinati o troppo delicati per essere srotolati.
Tuttavia questo è uno di quei casi in cui l'intelligenza artificiale dimostra - ancora una volta - la sua flessibilità nel raggiungere obiettivi fino a poco tempo fa impensabili.
Brent Seales e Nat Friedman infatti hanno organizzato la Vesuvius Challenge, con un premio di un milione di euro per chi avesse decifrato almeno l'80% di quattro passaggi di 140 caratteri di un papiro carbonizzato durante l'eruzione del Vesuvio che ha distrutto Pompei ed Ercolano.
Papiro che nel 2015 è stato scansionato usando la tecnologia Raggi X e srotolato virtualmente per scoprirne il contenuto senza danneggiarlo.
Grazie all'intelligenza artificiale dunque tre ricercatori sono riusciti a distinguere l'inchiostro dal papiro e decifrare circa il 5% di un rotolo.
Questa notizia dunque rappresenta un grande passo per riuscire a conoscere sempre di più la nostra storia e letteratura antica di cui purtroppo gran parte dei reperti è andato perduto o risulta ancora indicifrabile.
Giovedì 14 marzo SpaceX ha lanciato per la terza volta in poco più di un anno il sistema di volo spaziale Starship, riuscendo a raggiungere per la prima volta lo spazio con la navicella madre.
Come lo scorso tentativo dopo la separazione del sistema di lancio, il secondo stadio ha proseguito il suo cammino verso lo spazio, arrivando dopo 30 minuti circa al punto stabilito per il rientro.
A questo punto Starship ha iniziato ad attraversare l'atmosfera per arrivare a schiantarsi in un punto sicuro dell'oceano indiano.
Tuttavia è stato perso il controllo della navicella che infine è esplosa poco prima di raggiungere la superficie dell'acqua.
Ma nonostante questo viaggio sia terminato con un'esplosione a cui non abbiamo assistito, la missione si può definire un vero e proprio successo.
Forse più dei precedenti due, perché per la prima volta in assoluto il secondo stadio di Starship è riuscito a raggiungere lo spazio e proseguire oltre, raggiungendo velocità orbitali.
Durante la fase di rientro inoltre SpaceX ha potuto raccogliere tutta una serie di dati fondamentali che verranno utilizzati per migliorare e correggere ogni fase del lancio, sino appunto al rientro in atmosfera.
IronLev, startup italiana nata dalla collaborazione tra Ales Tech e Girotto Brevetti, ha presentato una tecnologia innovativa di levitazione magnetica per il trasporto su binari preesistenti.
Diversamente dalle celebre soluzioni MagLev in Giappone e Cina, questa tecnologia non richiede un'infrastruttura dedicata e sfrutta la permeabilità magnetica per consentire il movimento senza attrito.
Il recente test sulla tratta Adria-Mestre ha dimostrato l'efficacia di questo approccio, con un prototipo da una tonnellata che ha viaggiato a 70 km orari su 2 km di binario.
Questa soluzione non solo elimina la necessità di modificare l'infrastruttura esistente, ma promette anche notevoli vantaggi in termini di costi, efficienza e sostenibilità.
Il fondatore di IronLev, Adriano Girotto, ha annunciato piani ambiziosi per il futuro, incluso lo sviluppo di veicoli più pesanti e veloci.
Inoltre, l'azienda sta esplorando applicazioni pratiche della tecnologia in vari settori industriali.
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha elogiato l'innovazione di IronLev, sottolineando il ruolo cruciale della Regione nel promuovere tecnologia all'avanguardia con un occhio attento all'ecologia e alla sostenibilità.
Lo scorso 6 marzo è ufficialmente entrato in vigore il Digital Markets Act, la normativa europea che ha l'obiettivo di porre un freno alla posizione dominante che grandi aziende come Google, Apple, Meta, Microsoft e Amazon hanno nel mondo del web dei servizi digitali.
E nel corso di questi mesi abbiamo seguito le diverse notizie che hanno portato allo sviluppo di questa normativa e di come le varie aziende si sono adattate.
In particolare con un comunicato stampa Apple aveva annunciato di voler eliminare su iOS il supporto alle Web App per i cittadini europei.
Con il DMA, infatti, Apple è costretta a permettere l'utilizzo di browser o per meglio dire dei motori di rendering diversi da Safari, come Chrome o Firefox.
Di conseguenza, le Web App installate tramite questi browser non potrebbero essere controllate da Apple, rappresentando a detta dell'azienda un possibile problema di sicurezza.
La decisione, tuttavia, è stata ritrattata qualche giorno dopo, reintroducendo la possibilità di installare su iOS le Web App, ma solo se queste vengono eseguite tramite Safari o sul suo motore di rendering WebKit.
Ma cosa sono queste Web App di cui si è tanto parlato in seguito a questa vicenda? Possono rappresentare veramente un pericolo per la sicurezza dei dispositivi? Nel corso di questa puntata cercheremo di rispondere proprio a queste domande, vedendo cosa sono le Web App, come sono cambiate dalla loro invenzione ad oggi, in cosa queste si differenziano dalle normali applicazioni che troviamo installate sui nostri dispositivi, valutandone sia i pregi che i difetti.
Innanzitutto, bisogna chiarire di cosa andremo a parlare nello specifico.
Quando si parla di Web App, dette anche Web Application o in italiano applicazioni web, infatti tecnicamente si intende un qualsiasi software che utilizza la tecnologia web per funzionare.
Di fatto, al giorno d'oggi qualsiasi sito web è una Web App.
Pensiamo ad esempio ai social network, ai convertitori di documenti online, ai siti di streaming.
Ma probabilmente il paragone viene ancora più semplice se pensiamo a siti come Google Drive o OneDrive.
In questi casi, infatti, possiamo utilizzare in un browser come Chrome, Safari o Firefox un'app completa per scrivere documenti, presentazioni, fogli e così via.
Cose che fino a qualche anno fa si potevano fare solamente installando sul proprio PC, ad esempio la suite di Office o LibreOffice.
Addirittura oggi è possibile utilizzare Word direttamente online - seppure leggermente limitato - senza dover installare alcuna app.
E come vedremo poi, questo è uno dei più grandi vantaggi di questa tecnologia.
Come possiamo immaginare, quindi, l'argomento è veramente molto vasto e per questo ci concentreremo solo su una specifica categoria di applicazioni web, ossia le PWA, acronimo che sta per Progressive Web Apps, in italiano app web progressive.
La definizione e il nome PWA nasce ufficialmente nel 2015, ma in realtà un concetto molto simile alle Web App moderne nasce ben prima, nel 2007.
In occasione del lancio del primo iPhone, infatti, fu proprio Steve Jobs a presentare l'idea di utilizzare per quello smartphone delle applicazioni eseguibili direttamente dal browser.
In questo modo, vista la crescente popolarità del web di quegli anni, gli sviluppatori avrebbero potuto sviluppare velocemente, con un linguaggio familiare, delle applicazioni perfettamente funzionanti per il nuovo dispositivo appena presentato.
La presenza dell'app store sugli iPhone ovviamente ci fa capire subito che questa idea, così semplice e apparentemente così efficace, fu in realtà un totale fallimento.
Il motivo? La tecnologia web nel 2007 era ancora troppa acerba per garantire un'esperienza d'uso paragonabile a quella delle app native, come quelle che troviamo e che installiamo, appunto, dai vari store.
Molte funzionalità erano assenti e non esisteva una vera e propria interazione con il dispositivo, come l'accesso ai sensori, ai file, alla fotocamera e così via.
E questo, come vediamo oggi, ha favorito la diffusione delle applicazioni “normali” native, a discapito delle Web App.
Negli ultimi anni, tuttavia, questa differenza si è assottigliata sempre di più e sono state presentate diverse nuove tecnologie web, tra cui nuove versioni di JavaScript, l'avvento di HTML5, CSS3 e WebAssembly, fondamentali per lo sviluppo di siti web sempre più complessi e completi, sia per quanto riguarda le funzionalità vere e proprie, sia graficamente.
Arriviamo dunque al 2015, quando, come abbiamo detto poco fa, sono state ufficialmente definite le app web progressive, termine cognato da Frances Berriman e dallo sviluppatore di Google Chrome Alex Russell.
Le PWA, dunque, sono sostanzialmente dei siti web che però presentano alcune particolarità.
Innanzitutto, ciò che rende una PWA diversa da una normale Web App è la presenza di due componenti essenziali, ossia un WebManifest e un Service Worker.
Il WebManifest è un particolare file presente sul sito che fornisce delle informazioni sull'app, affinché sia installabile sui dispositivi.
Tra queste troviamo ovviamente il nome dell'app, l'icona dei diversi formati, la descrizione, il colore principale delle schermate di caricamento, la visualizzazione orizzontale o verticale, o se aprirla a schermo intero direttamente nel browser.
Si possono inoltre definire anche ulteriori comportamenti come le azioni rapide, a cui possiamo accedere tenendo premuto sull'icona dell'app sullo smartphone.
Nel caso di un'app social, ad esempio, possiamo avere un collegamento rapido alla creazione di un nuovo post.
Il secondo componente fondamentale per le PWA è invece il Service Worker, ossia un pezzo di codice che fa da interfaccia tra il dispositivo e la Web App, e che rende di fatto l'app installabile.
Tramite questo codice si può accedere a una serie di varie funzionalità che solitamente sarebbero una prerogativa delle applicazioni native.
Una di queste è la possibilità di eseguire le PWA anche offline, o di accedere alla memoria interna del dispositivo.
Il Service Worker può infatti accedere a un sistema di cache in cui può facilmente salvare le pagine web consultate e renderle così disponibili anche in assenza di una connessione Internet.
Un'altra funzionalità a cui possono accedere le PWA, fondamentale anch'essa per la loro diffusione, è quella di poter ricevere e mostrare notifiche push e quindi ricevere messaggi o comunicazioni anche se l'app è stata chiusa.
Vi è poi l'accesso ai diversi sensori del telefono, come posizione, giroscopio, accelerometro, fotocamera, ma anche l'integrazione con i controlli multimediali dello smartphone, che permettono ad esempio di mettere in pausa o cambiare la canzone o il video riprodotto dalla PWA direttamente da una notifica o del centro di controllo.
Insomma, alla luce di questi fatti possiamo notare come ormai, per lo meno a livello di funzionalità e di integrazione con il dispositivo, le Web App siano facilmente paragonabili alle App native che installiamo dagli store, ed è proprio per questo motivo che aziende come Google o Microsoft stanno spingendo molto affinché il loro sviluppo venga ulteriormente portato avanti e sempre più sviluppatori e compagnie sviluppino la propria PWA.
Google ad esempio ha basato i suoi Chromebook proprio su questo concetto, per cui ormai le App possono tranquillamente essere sostituite dalle loro controparti Web, e grazie alle PWA possono essere installate e utilizzate anche offline.
Facciamo quindi un piccolo riepilogo dei benefici che queste Web App possono avere e perché per certi versi sono preferibili rispetto alle applicazioni tradizionali.
Innanzitutto, come abbiamo visto, a livello di funzionalità sono pressoché sovrapponibili entrambe le soluzioni.
Per tante aziende, soprattutto quelle più piccole, o sviluppatori, tuttavia dover gestire lo sviluppo di un'applicazione dedicata per Android e/o iOS è decisamente dispendioso in termini sia economici che di tempo.
Con le PWA al contrario si svilupperebbe solamente il sito Web, come Web App appunto, utilizzando e mantenendo quindi lo stesso codice per tutti i dispositivi e tutti i sistemi operativi, a patto che questi abbiano browser installato.
E proprio per il fatto che possono essere utilizzate ovunque e installate ovunque, queste Web App prendono il nome di progressive.
Se sviluppate bene, le PWA sono quindi responsive, ossia che si adattano perfettamente per offrire una diversa visualizzazione su desktop o schermi grandi e sugli smartphone, sempre più utilizzati per navigare sul Web.
Un altro punto di forza delle PWA è la possibilità di essere installate tramite il browser, che però, di fatto, crea un collegamento della pagina Web nell'elenco delle applicazioni.
In questo modo, oltre ad avere un'installazione istantanea che non richiede alcun tipo di download, l'app occuperà pochissima memoria e può essere disinstallata altrettanto facilmente, senza perdere i dati che, chiaramente, saranno in cloud.
Inoltre, queste Web App vengono installate direttamente dal sito Web, senza dover passare dallo store degli smartphone come l'App Store o il Play Store, riducendo a zero i costi per la pubblicazione delle app.
Per lo stesso motivo, le PWA possono facilmente essere condivise, in quanto basta inviare il link al sito Web.
E infine, come diretta conseguenza dell'essere online, le Web App non hanno bisogno di aggiornamenti, in quanto sono sempre allineate con le ultime modifiche pubblicate.
Ma allora, perché le Web App stentano ancora a decollare? La motivazione principale sta prima di tutto nell'abitudine.
Ormai, infatti, siamo abituati che quando abbiamo bisogno di un'app, soprattutto per quanto riguarda lo smartphone, per prima cosa cerchiamo sullo store, dove, con buona probabilità, troveremo ciò che soddisfa la particolare esigenza del momento.
Tuttavia, se ci pensiamo, molte applicazioni vengono scaricate e utilizzate temporaneamente, un paio di volte al massimo, per poi dimenticarcene lasciandole sul dispositivo a occupare spazio e a rappresentare anche un potenziale problema di sicurezza.
In questo caso, verrebbe molto più comodo utilizzare un servizio simile fornito via Web.
L'altra motivazione riguarda invece le prestazioni.
Negli anni, i motori di rendering dei browser e dei dispositivi, sempre più potenti, hanno ridotto drasticamente la differenza di prestazioni tra un'app nativa e una Web App, tanto che spesso l'esperienza d'uso sotto questo punto di vista è paragonabile.
Pensiamo ad esempio anche applicazioni complesse come Photoshop o addirittura dei giochi.
Grazie alle nuove possibilità del Web hanno la loro controparte online.
Tuttavia, e questo si nota soprattutto sugli smartphone, la differenza di prestazioni spesso si nota ancora, e quindi se l'utente ne ha la possibilità, preferisce di gran lunga installare l'app e godere delle performance migliori possibili.
Infine, le app native continuano a godere di una migliore e più profonda integrazione con i dispositivi, e quindi alcune funzionalità possono ancora essere disponibili su una PWA.
Veniamo poi al tema della sicurezza.
Le Web App sono meno sicure delle app native? La risposta è: dipende.
Le applicazioni installate tramite App Store o Play Store vengono solitamente controllate da Apple e Google, che prima di pubblicarle verificano che non ci siano malware o possibili violazioni in tema di privacy, cosa che per le PWA non avviene, in quanto questi siti non sono direttamente controllabili.
Tuttavia, l'accesso ai dati, ai sensori o alla memoria interna dello smartphone nel caso delle PWA, possono avvenire solo previo il consenso dell'utente, e il fatto di non essere così integrate nel sistema, come lo possono essere le app native, è di per sé un livello di sicurezza ulteriore.
Inoltre, le PWA sono installabili solo se il sito web fa uso del protocollo HTTPS, che quindi garantisce l'assoluta sicurezza delle comunicazioni tra l'app e il server.
Per lo stesso motivo, l'unico modo per installare una Web App è andando sul suo sito.
Questo significa che, se nel caso delle app native c'è il rischio di installare una versione sbagliata o modificata dell'app, rappresentando un rischio per la sicurezza, nel caso delle Web App questo rischio non esiste, in quanto abbiamo la certezza della fonte da cui stiamo installando la PWA.
Le Progressive Web Apps, dunque, rappresentano sicuramente una grande potenzialità nel mondo delle app e del web.
Le nuove funzionalità che vengono continuamente aggiunte e la sempre minor differenza di prestazioni, tra queste e le app tradizionali, stanno ormai rendendo le PWA delle validissime alternative alle app native.
Ciò significa che queste ultime prima o poi spariranno? Probabilmente per il momento ancora no, ma in moltissimi casi installare un'applicazione web piuttosto che un'app nativa potrebbe essere la strada più facile, veloce e talvolta anche più sicura. Con dei benefici enormi sia da parte degli utenti, ma anche soprattutto da parte di aziende e sviluppatori che potranno gestire un solo software che potrà essere utilizzato su qualsiasi dispositivo senza preoccupazioni.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia.
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