L’istruzione nella società ricopre un ruolo di assoluta rilevanza nella formazione delle competenze professionali ma anche nell’acquisizione di conoscenze utili all’arricchimento della propria cultura. L’obiettivo prioritario dell’educazione è proprio quello di portare giovani e adulti a comprendere come funziona il mondo in tutte le sue componenti, partendo da quelle sociali ed economiche e arrivando sino a quelle tecnico-scientifiche. Conoscenze che non rimangono immutate nel corso dei decenni, ma vengono costantemente aggiornate di pari passo con il progresso della civiltà. Che ruolo possono avere le nuove tecnologie in questo percorso? È quello che cerchiamo di capire in questa puntata.
Nella sezione delle notizie parliamo di come si potrebbero usare i dati del web per combattere l’evasione fiscale, dell’entrata in funzione della piattaforma Piracy Shield e infine del Garante della Privacy che ha sanzionato il Comune di Trento per l’uso dell’IA in una sperimentazione di videosorveglianza.
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• All or Nothing by Aiobahn & Guy Arthur (feat. SGNLS)
Salve a tutti, siete all'ascolto di INSiDER - Dentro la Tecnologia, un podcast di Digital People e io sono il vostro host, Davide Fasoli.
Oggi parleremo del ruolo della tecnologia all'interno delle nostre scuole, ed è il perché sia importante iniziare ad adottare approcci educativi più digitali.
Prima di passare alle notizie che più ci hanno colpito questa settimana, vi ricordo che potete seguirci su Instagram a @dentrolatecnologia, iscrivervi alla newsletter e ascoltare un nuovo episodio ogni sabato mattina su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast oppure direttamente sul nostro sito.
Maurizio Leo, viceministro dell'Economia e delle Finanze, ha avanzato durante l'audizione in Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Anagrafe Tributaria, l'idea di utilizzare la tecnica del data scraping per combattere l'evasione fiscale.
Quello dell'evasione infatti è un problema enorme che grava pesantemente sulle casse dello Stato.
L'idea di Leo, dell'Agenzia delle Entrate e di Sogei, dunque, è quella di non utilizzare più solamente i dati forniti da cittadini e imprese, ma di incrociare le informazioni dichiarate con quelle ricavate dal web, e in particolare dai social.
Per fare un esempio si può incrociare il tenore di vita che emerge dagli scatti di un profilo Instagram con le dichiarazioni dei redditi e approfondire in seguito le analisi nel caso ci fossero dei sospetti, tecnica ad esempio che può essere sfruttata anche nell'ambito della prevenzione dei crimini, di cui avevamo parlato in una puntata.
Tuttavia questa idea sarà di difficile se non impossibile attuazione per diversi motivi.
In primis il data scraping, ossia la raccolta di dati dal web, è una pratica che i social stanno sempre più contrastando e che potrebbe violare in alcuni casi la privacy dei cittadini.
Pensiamo ad esempio al caso di qualche anno fa di Cambridge Analytica, dove il data scraping è stato utilizzato per controllare le elezioni in USA.
Sarà da vedere dunque se l'idea dell'Agenzia delle Entrate sarà effettivamente realizzabile, sia da un punto di vista tecnico che da un punto di vista legale.
Questa settimana è stata finalmente attivata la piattaforma antipirateria che avrà il compito di bloccare le trasmissioni illegali delle partite sportive, con particolare riferimento a quelle della Serie A di calcio italiana.
Piracy Shield è stata pensata per arrivare a bloccare entro 30 minuti le stream illegali utilizzando sia il dominio ma anche il protocollo IPv4, che un giorno potrebbe essere sostituito dall'IPv6.
Ma come funzionerà Piracy Shield? I provider che detengono i diritti per la trasmissione degli eventi sportivi come Sky o DAZN per il calcio potranno caricare sulla piattaforma gli indirizzi IP o i domini dei siti pirata che stanno trasmettendo un contenuto senza autorizzazione, con tanto di prove forensi in grado di certificare la violazione.
Chi effettua la richiesta avrà solo pochi minuti a disposizione per correggere eventuali errori, dopodiché Piracy Shield andrà a generare un ticket che includerà la segnalazione tra la lista di tutti i siti incriminati.
Da questa lista potranno infine attingere gli operatori di telecomunicazione e di rete che avranno fino a 30 minuti per arrivare ad oscurare il sito, operando sia manualmente ma anche in maniera automatica.
Il garante della privacy ha comminato una multa di 50.000 euro al comune di Trento per violazioni nel trattamento dei dati in due progetti di ricerca scientifica.
Finanziati con fondi europei per sviluppare soluzioni per la sicurezza urbana, entrambi i progetti hanno utilizzato telecamere e microfoni in modo non conforme alla normativa sulla protezione dei dati.
Il progetto Marvel ha coinvolto l'acquisizione di filmati e audio dalle telecamere di video sorveglianza nel territorio comunale, analizzati automaticamente tramite l'intelligenza artificiale per individuare eventi di rischio per la sicurezza pubblica.
Nel progetto Protector, oltre ai filmati di video sorveglianza, sono stati raccolti e analizzati messaggi d'odio sui social media al fine di identificare minacce per i luoghi di culto, sempre attraverso la tecnica di data scraping di cui parlavamo poco fa.
Il garante ha rivelato diverse violazioni, evidenziando la mancanza di un quadro giuridico idoneo a giustificare i trattamenti di dati personali, inclusi quelli relativi a reati categorie particolari.
Le tecniche di anonimizzazione sono risultate insufficienti, aumentando il rischio di reidentificazione degli interessati.
La mancanza di trasparenza è stato un altro punto critico, con il comune che non ha fornito informazioni complete sui trattamenti nei documenti informativi e inoltre non è stata effettuata una valutazione di impatto prima di iniziare il trattamento.
L'istruzione nella società contemporanea e passata ha da sempre ricoperto un ruolo di assoluta rilevanza nella formazione delle competenze professionali delle persone, indirizzando queste ultime non solo al mondo del lavoro, ma anche all'acquisizione di conoscenze fondamentali utili all'arricchimento della propria cultura personale.
In altri termini, l'obiettivo prioritario della formazione e dell'educazione è proprio quello di portare i giovani, ma anche gli adulti, a comprendere come funziona il mondo in tutte le sue componenti, partendo da quelle sociali ed economiche e arrivando sino a quelle tecnico-scientifiche.
Conoscenze che, come ben sappiamo, non rimangono immutate nel corso dei decenni, ma vengono costantemente aggiornate e migliorate di pari passo con il progresso della civiltà.
Un esempio di questo tipo si è verificato giusto qualche anno fa, con la pandemia da Covid-19, che nel giro di qualche mese ha stravolto, seppur temporaneamente, le modalità di erogazione e fruizione delle lezioni scolastiche, sia dei più piccoli che degli studenti universitari.
La didattica a distanza, pur con tutte le difficoltà e i limiti del caso, ha ricoperto una veste cruciale soprattutto nel primo anno di pandemia, poiché è riuscita a garantire la continuità formativa a molti studenti in tutto il mondo.
Da quel periodo particolarmente difficile, però, ci siamo resi conto che la didattica online non è certamente la via percorribile per il prossimo futuro.
Tuttavia, tutte le implicazioni di carattere tecnologico, che ne sono derivate, possono essere integrate con le modalità di apprendimento tradizionali, per potenziare l'acquisizione delle informazioni e conoscere al tempo stesso come funziona la tecnologia, sia nel suo lato più produttivo che in quello più oscuro.
I rischi associati al web sono ormai ben noti, specialmente quelli legati alle fakenews, alle truffe, alle violazioni della privacy, alla dipendenza dai social o dal cyberbullismo.
Tutte problematiche che, se fino a dieci o vent'anni fa erano meno radicate, o legate soprattutto a fasce di età superiori, oggi non si può dire lo stesso, perché tra le diverse categorie rientrano anche quelle più giovani, nonché quelle più esposte ai pericoli relativi ad un utilizzo scorretto di internet.
L'ambito scolastico rappresenta perciò il contesto ideale per integrare percorsi di educazione digitale nei programmi di studio.
Oltre infatti ad acquisire competenze tecniche nell'uso degli strumenti digitali, gli studenti potrebbero apprendere ad esempio come riconoscere siti web o fonti di informazioni affidabili, gestire responsabilmente la propria presenza online e identificare e segnalare contenuti illegali o pericolosi sul web.
Un'altra problematica legata all'utilizzo di internet e in particolar modo dei social è la perdita del contatto con la realtà e del mondo fisico, con persone che tendono a costruirsi una vita o una reputazione online paradossalmente più solida rispetto a quella reale.
I social hanno infatti il potere di farci illudere di avere più amici di quanti ne abbiamo nella realtà, ma l'altra faccia della medaglia rivela che questo aspetto aumenta sensibilmente il numero di rischi, tra cui l'esposizione a fenomeni di violenza psicologica come il cyberbullismo, che generano nelle vittime conseguenze talvolta persino più gravi delle forme classiche di bullismo, circoscritte all'ambito scolastico.
L'educazione digitale perciò si inserisce perfettamente in questo contesto, assumendo un ruolo di doppia rilevanza legato da una parte all'apprendimento della funzionalità delle tecnologie correnti, e dall'altro alla vera e propria educazione al corretto utilizzo delle vaste risorse presenti su internet.
Tra i vantaggi legati all'utilizzo della tecnologia nella didattica, viene innanzitutto l'accessibilità globale alle informazioni, che di fatto permette di superare le barriere geografiche e socio-economiche, consentendo agli studenti di accedere a contenuti educativi di alta qualità, indipendentemente dalla loro posizione o situazione economica.
Il Covid, come introdotto poco fa, ha spalancato le porte a questo tipo di didattica, sdoganando piattaforme di e-learning e corsi online, consentendo un apprendimento più personalizzato e compatibile con le proprie tempistiche ed esigenze.
Nel corso della nostra carriera scolastica c'è stato insegnato che le forme migliori di studio, soprattutto nei primi anni, non sono quelle basate sull'uso esclusivo dei libri, bensì quelle che promuovono la partecipazione e il coinvolgimento diretto delle materie scolastiche.
In una classe tradizionale questo aspetto viene spesso trascurato e poco valorizzato, eppure se si incentivasse l'adozione di strumenti tecnologici come visori per la realtà virtuale, quiz interattivi o simulazioni varie, gli studenti potrebbero esplorare concetti complessi in modo pratico e coinvolgente.
La didattica digitale favorirebbe inoltre la collaborazione tra studenti e insegnanti in diverse parti del mondo, definendo così una dimensione globale dell'apprendimento, in grado di arricchire le prospettive degli studenti per prepararli ad affrontare sfide globali e sviluppare al tempo stesso importanti abilità sociali e di comunicazione.
Da anni il Ministero dell'Istruzione cerca di promuover progetti per l'introduzione delle tecnologie in classe e la loro integrazione con le risorse tradizionali, come le lavagne interattive multimediali, le cosiddette LIM.
Eppure, vuoi per la scarsa praticità di utilizzo e della poca dimestichezza dei professori verso questi strumenti, si è preferito tornare alle vecchie e pur sempre affidabili lavagne a gessetto.
Oggi, con tecnologie più mature e meno sperimentali rispetto a quelle di 5-10 anni fa, si sta puntando all'integrazione nelle aule delle Digital Board, l'equivalente delle LIM ma in versione 2.0.
Si tratta sempre di lavagne digitali, con la possibilità di scrivere al loro interno.
Tuttavia, questa funzionalità è stata notevolmente migliorata e potenziata con la possibilità di integrare anche la voce e i diversi linguaggi multimediali.
Le potenzialità di questi strumenti permettono agli insegnanti di sovrapporre diverse modalità di insegnamento, tra cui la possibilità di evidenziare con la penna elementi presenti all'interno di un documento o sull'immagine di un'opera d'arte, mentre la compatibilità resa possibile grazie alla diffusione delle app garantisce il "mirroring" verso i singoli dispositivi degli studenti, i quali possono opportunamente interagire fornendo ulteriori spunti per discussioni o nuovi punti di vista.
Ad ogni modo, avere a disposizione la tecnologia non sempre basta per saperla anche utilizzare al meglio, poiché se le potenzialità degli strumenti digitali sono pressoché infinite, dall'altra parte la tecnologia può rappresentare il primo elemento di distrazione, portandola a diventare controproducente per l'apprendimento finale.
Perciò, se il sistema scolastico è quantomeno sulla giusta strada - con l'adozione delle nuove tecnologie nelle aule - in parallelo si dovrebbero aggiornare anche le modalità di insegnamento tradizionali, cercando di adottare nuovi approcci che sappiano integrare e sfruttare il pieno potenziale degli strumenti digitali.
Tra quelli che si stanno affermando maggiormente troviamo l'approccio alla gamification dell'apprendimento, che consiste essenzialmente nell'uso di elementi tipici del gioco, del videogioco e del game design in contesti non propriamente ludici, come appunto la scuola.
Questo metodo di apprendimento innovativo e singolare, naturalmente non poteva essere applicato in tutte le sue potenzialità fino a 10-20 anni fa.
Oggi, invece, con le applicazioni e la riduzione del "digital divide" è possibile adottare tecniche e metodologie per coinvolgere maggiormente gli studenti e facilitare l'apprendimento in classe.
Tra le soluzioni che un giorno si spera arrivino in tutte le scuole, vi è sicuramente l'integrazione con i sistemi digitali tradizionali dei visori per la realtà virtuale e aumentata, di cui abbiamo ampiamente parlato nella puntata "Realtà aumentata e virtuale: l’innovazione che stenta a decollare".
Benché si tratti di dispositivi apparentemente incentrati all'isolamento delle persone dal mondo reale, l'utilizzo dei sistemi VR e AR in classe non si baserebbe esclusivamente su sessioni one-to-one, bensì sulla possibilità di collegare il visore al display interattivo dell'aula e proiettare quello che si vede sullo schermo, così da facilitare il coinvolgimento e la partecipazione degli altri studenti.
L'utilizzo della realtà virtuale nella scuola italiana, però, è un fenomeno ancora marginale rispetto alle altre nazioni europee ed extra-europee, e le ragioni di questo ritardo sono imputabili sia all'aspetto economico, per l'elevato costo delle attrezzature, sia a quello di mentalità, poiché nelle aule delle scuole italiane ancora si privilegiano forme di pensiero sequenziale e strutturato tipico di un mondo incentrato sul libro.
Invece, la scuola non può e non deve ignorare i linguaggi che gli studenti utilizzano nella loro vita quotidiana, come i contesti virtuali e ludici in cui trascorrono il loro tempo, poiché la dimensione immersiva che il videogioco o la realtà virtuale comportano coinvolge prevalentemente la sfera emotiva di chi la fruisce, determinando forme di apprendimento attivo e fortemente motivanti.
In conclusione, l'era digitale presenta opportunità senza precedenti, ma come accennato inizialmente anche rischi concreti se non affrontati con la dovuta consapevolezza.
Garantire perciò un'educazione digitale completa e trasversale sarà la chiava per costruire un futuro in cui la tecnologia sarà un mezzo al servizio del benessere individuale e sociale.
La collaborazione tra scuole, famiglie e istituzioni dovrà essere il fondamento sul quale iniziare a promuovere questa missione, perché solo comprendendo appieno il potenziale, ma anche i pericoli del mondo digitale, potremo davvero creare un mondo ancora più informato e consapevole.
E così si conclude questa puntata di INSiDER - Dentro la Tecnologia.
Io ringrazio come sempre la redazione e in special modo Matteo Gallo e Luca Martinelli che ogni sabato mattina ci permettono di pubblicare un nuovo episodio.
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Noi ci sentiamo la settimana prossima.